Cecco Angiolieri

Luogo: Via Cecco Angiolieri – Siena

Contrada: Contrada Priora della Civetta

Settore di riferimento: Storia

Data/periodo: Nato circa nel 1260, morto nel 1311 circa

Descrizione: Che Cecco Angiolieri dovesse passare alla storia come il poeta dissoluto, il turista attento potrebbe già intuirlo dalla fama di cui godeva il nonno nel 1234, quando il suo babbo Angioliero mise su casa in Siena. Infatti, sulla facciata del suo palazzo addossato all’antica Porta di S. Cristoforo sulle mura del 1100, ancora si legge: questa casa fece edificare Angelerio Solafica quando era cambiavalute esattore sotto il papa Gregorio IX. Ebbene sì, Solafica era il nomignolo del nonno, e veniva proprio da quello a cui state pensando: quella sola cosa lui aveva per il capo da mattina a sera e soprattutto viceversa. Babbo Angioliero però non se ne vergognava davvero, tanto che lo scolpì sulla pietra. E infatti anche di lui… qualcosa si pettegola, qua e là nella storia… E pensare che era campsor del papa! Ma, si sa, pecunia non olet, neppure al naso dei Vicari di Cristo, con tutto il rispetto.

E allora, se buon sangue non mente …tre cose solamente mi so ‘n grado… ciò è la donna, la taverna e ‘l dado. Ma siccome le quali posso non ben men fornire, perché i’ ho sì poco di quel ch’i’ vorrei e spesso mi par d’esser com’è l’uccel quand’è vivo pelato, accade che spesso sia un poco incazzato, sicché s’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo, e però, pensando ai colpevoli della sua sempre troppa miseria …s’i’ fosse morte, andarei da mio padre… ma lui morì vecchissimo …similemente farìa da mi’ madre, monna Lisa dei Salimbeni, i noti banchieri, ma che era evidentemente stringata quanto Angioliero. In più, secondo Cecco, aveva una sua speciale malavoglienza, se incontrandolo per strada gli grida: va’, che sie fenduto! (tagliato, affettato) (1).

Poche cose si sanno di Cecco e tutte abbastanza salaci. Nacque attorno al 1260 in quella casa sulla via oggi a lui intestata, nel 1281 fu soldato all’assedio di Torri, ma rimediò svariate multe per essere risultato introvabile. L’anno dopo fioccano ammende perché i custodes de nocte lo beccano nottambulo, nel 1288 va in guerra contro Arezzo, nel 1291 invece la scampa bella e, pur coinvolto in una vicenda dove ci scappò il morto, non fu condannato. A un certo punto riesce a patteggiare la provesione di sei mesi che dal padre donata gli era (incredibile, ma è proprio la paghetta!) e parte per la Marca d’Ancona, ma non ci arriva mai, perché il suo compagno Piccolomini lo deruba, perde tutto al gioco, lo fa passare per ladro e si fa “restituire” anche il cavallo e i vestiti che invece erano di Cecco. Cosicché lui a piedi, povero et in camiscia, dovette andare a’ suoi parenti a Corsignano, co‘ quali si stette tanto che da capo dal padre fu sovvenuto. Questo narra il Boccaccio in una sua novella (2). Si sa infine che dev’essere morto nel 1312, perché nel febbraio i suoi numerosi figli rinunciano all’eredità, visto che c’erano più debiti che beni lasciati… In realtà, c’è chi pensa che lui sia morto nel 1311, perché per scovare tutti i suoi debiti, un mesetto o due paiono davvero pochi. E infatti, nel marzo 1313 ne saltano fuori altri e i figli sono comunque condannati a pagarli.

La sua immagine è quasi tutti affidata ai suoi sonetti. Emerge un uomo squattrinato, assetato di tutti i piaceri, di lavorare non se ne parla, il suo mondo pare la taverna e il postribolo. Quando ormai è uomo fatto si lamenta ancora ferocemente dei genitori, traspare ovunque rabbia, tristezza, desideri insoddisfatti, ansie e pene amorose per Becchina, tutto condito da irresistibili frizzi e lazzi e molte immagini di bellissima poesia. Ma, in verità, in quei versi non si sa mai se si scherza o se si fa sul serio. Cecco è infatti l’indiscusso caposcuola dei “poeti giocosi”, ormai respinti certi romanticismi che ne avevano fatto un “poeta maledetto”, un’infelice, la cui maschera burlesca avrebbe nascosto un tormento esistenziale, sempre in bilico tra la coscienza del male e la sua maligna attrazione. Mentre restano invece vaghe ipotesi su una sua doppia personalità. Nascosto sotto svariati pseudonimi, avrebbe scritto poesia soffusa di dolcezza e incanto. Per non dire di chi afferma, così per ridere, essere lui il vero autore del De vulgari eloquentia, invece che Dante (3).

Celebre la sua diatriba appunto con l’Alighier di cui purtroppo ci rimane molto poco, ma che ben si capisce accesa. Anche se l’offesa a suon di poesie all’epoca era un vezzo, loro due devono aver trasceso, se, per esempio, di quel begolardo scambiatosi con Dante, si fatica ancora a trovare sicuri significati (4). Il perché è evidente: doveva essere proprio un’indicibile offesa! In proposto, del tutto sottovalutato, a nostro modesto avviso, il suo spettacoloso contributo alla nascente lingua nuova: l’italiano. Qui davvero è precursore anche di Dante. Comunque, a leggere le sue pazzesche schermaglie con la dispettosa Becchina, viene proprio da pensare quanto potesse scompisciarsi dal ridere a sapere del giovinetto Dante che sveniva alla vista di Beatrice (5). E i suoi sonetti sono infatti tutto uno scimmiottare grottesco del dolce stil novo fiorentino.

L’anima di Cecco trasuda ancora copiosa e fertile, qui, sull’infida soglia senese del terzo millennio, se da queste lastre dove lui fu bambino e uomo bizzarro e geniale, sgorgano ancora veri e propri piccoli capolavori nel genere in cui rimane per sempre maestro: il sonetto. Leggere per credere…

Hanc domum cepit hedificare Angelerius Solafiche quando erat campsor domini pp: Gregorii VIIII in a.d. MCCXXXIIII

Note: (1) Cavalli G. (a cura di), Cecco Angiolieri. Rime, Milano, Rizzoli Editore,1975. Citazioni dai sonetti nell’ordine: LXXXVII, LXXXII, LXVII, LXXXVI, LXXXV. Da questa opera, salvo diversa indicazione, sono tratte le note biografiche.

(2) Decameron, IX, 4.

(3) Stanghellini M., Le rime di Guido GuinizzelliI, Siena, Accademia dei Rozzi, 2007.

(4) Cavalli G., (a cura di), Cecco Angiolieri. Rime, Milano, Rizzoli Editore,1975, sonetto CII; Barbera M., L’epiteto “begolardo” e i rapporti fra Cecco e Dante, Siena, Contrada Priora della Civetta, Editrice Il Leccio srl, 2013.

(5) Dante – Vita Nova – XIV.

Autore scheda: Contrada Priora della Civetta, Carlo Agricoli

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