Le fonti medievali di San Gimignano

Luogo: San Gimignano

Comune: San Gimignano

Data/periodo: Le fonti pubbliche di San Gimignano furono edificate a partire dai primi decenni del Duecento. Di molte si conservano ancora parte delle vasche e delle strutture, sebbene perlopiù alterate e abbandonate

Descrizione: In una città non particolarmente ricca d’acqua, le scorte idriche erano una necessità. La parte settentrionale dell’abitato di San Gimignano poteva beneficiare del bacino presente sotto Montestaffoli, che alimentava numerosi pozzi privati, ricavati ai livelli inferiori di molte delle abitazioni dell’attuale via San Matteo. In altri casi, si scavarono cisterne per recuperare l’acqua piovana, compresa quella monumentale costruita nel Duecento al centro della piazza che, in seguito, si sarebbe chiamata Piazza della Cisterna.

Costante fu anche la cura del Comune nel reperimento di sorgenti che potessero alimentare fonti pubbliche, edificate a partire dai primi decenni del Duecento in vari luoghi esterni all’insediamento, in zone poste a quota più bassa rispetto al centro del castello. Le uniche che ancor oggi conservano resti della struttura medievale sono quelle ubicate a oriente della città, all’esterno dell’omonima porta della seconda e più ampia cinta muraria, risalente alla prima metà del XIII secolo. Si tratta del complesso delle fonti di Docciola, menzionate fin dal 1232 e puntualmente localizzate in una rubrica degli statuti del 1314.

Il prospetto del nucleo principale delle fonti, accostato al fianco più ripido del colle, è spartito da dieci arcate di varia foggia comunicanti con le vasche interne, ma già la prima osservazione rivela un insieme risultante da numerose azioni costruttive, dilatate in lungo lasso di tempo. Le prime attività dovettero susseguirsi rapidamente e risalgono forse ai primi decenni del Duecento i due archi in pietra costituenti la porzione destra del fronte, dotati di intradosso a tutto sesto e estradosso a sesto acuto e poggianti, al centro, su un pilastro circolare anch’esso realizzato in materiale lapideo. Può invece esser con probabilità riferito alla seconda metà del secolo l’ampliamento della fonte, corrispondente alla realizzazione della porzione centrale del prospetto, ricostruito in epoca recente. Va messa in relazione con questo cantiere la ridefinizione dell’interno della struttura, con vasche in mattoni coperte da volte a botte dello stesso materiale, tra loro spartite da leggeri setti murari immersi, sui quali si impostano, appena sopra il pelo dell’acqua, bifore sostenute da esili colonne circolari in laterizio, sormontate da capitelli che, nella parte scultorea culminante nelle grandi foglie angolari, rivelano un bagaglio culturale assai diverso da quello proprio delle maestranze più diffusamente circolanti nell’area.

Lo spazio occupato dalle fonti era racchiuso, a est, da un alto muro in conci sommariamente squadrati di pietra che contribuiva a proteggere le vasche, esterne al perimetro difensivo della città.

La fonte assolveva a molteplici funzioni; gli uomini bevevano e attingevano l’acqua direttamente alla sorgente, mentre le bestie alle vasche secondarie, che si riempivano per deflusso. Erano inoltre presenti dei lavatoi, in un primo momento corrispondenti a delle semplici pile. Le pareti interne erano rivestite da un sottile strato di intonaco, le vasche invece da una malta impermeabile a coccio pesto.

L’ultimo ampliamento del complesso, corrispondente alle quattro arcate della parte sinistra e prolungato fino al muro difensivo, si deve allo sviluppo dell’arte della lana e all’introduzione di quella dei cuoiai, che utilizzarono questa porzione come “guazzatoio”. Risale infine al 1852 la ricostituzione in mattoni della porzione centrale del fronte, con le quattro arcate a tutto sesto.

Oltre al nucleo maggiore esiste, immediatamente al di sotto della scarpata che delimita lo spiazzo antistante le fonti, una vasca più nascosta. Anch’essa è coperta da una volta a botte e ha il fronte in mattoni spartito da un pilastro circolare che sostiene due archi a tutto sesto con decorazioni scolpite. All’interno, questa vasca era rivestita da intonaci dipinti con motivi circolari e uccelli d’acqua, oggi celati sotto le incrostazioni calcaree. Si tratta di un complesso che potrebbe risalire alla prima metà del Duecento.

Sulla parete di fondo, che ha sostituito quella originale più arretrata, nel 2005 è stata installata l’opera in piastrelle di maiolica di Luisa Rabbia, intitolata Il riposo del tempo, realizzata nel contesto di un’esposizione curata da Achille Bonito Oliva.

Di altre fonti si conservano ancora parte delle vasche e delle strutture, sebbene per lo più alterate e abbandonate. Fra queste vanno citate quella di Bagnaia, quella della Doccia, sulla strada per Casale, e quella del Guazzatoio, in direzione di San Donato e di Volterra. Sono invece scomparse del tutto quella di Pietra Tonda, fuori Porta San Giovanni, quella del Pozzuolo e quella di Abonda.

Bibliografia:

Mennucci A., San Gimignano, fonti pubbliche, in Medioevo a Volterra. L’architettura nell’antica diocesi tra Duecento e Trecento, Pisa, Pacini Editore, 2003, pp. 120-122

Pecori L., Storia di San Gimignano, Firenze, Tipografia Galileiana, 1853, p. 379

Note: Recenti ricerche hanno rivelato che l’intonaco parietale presenta una serie di disegni, appena incisi sulla superficie e, di fatto, invisibili se non a un’osservazione ravvicinata. Sul muro di fondo delle vasche centrali sono state riconosciute una figura umana con in mano un’ascia, forse schematica raffigurazione del maestro costruttore, oltre ad alcuni uccelli acquatici.

Autore scheda: Antonello Mennucci

 

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