La lavorazione del maiale
Luogo: Chianti
Comune: Gaiole in Chianti, Castellina in Chianti, Radda in Chianti, Castelnuovo Berardenga
Descrizione: Messo all’ingrasso per diversi mesi, il maiale veniva ucciso di solito nel periodo natalizio e l’evento coinvolgeva spesso non solo l’intera famiglia, ma anche parenti e amici. In passato, l’animale veniva sgozzato con un coltello o trafitto al cuore con un punteruolo. Oggi si usa un colpo d’arma da fuoco alla testa. Delido Donnini, che ha fatto l’allevatore di maiali per molti anni, racconta:
Si ammazza il suino con la pistola. Prima anticamente si ammazzava scannandolo… Si prendeva il suino, veniva uno che lo sapeva ammazzare e gli metteva un ferro nel naso (si chiamava il “grifale”) per portarlo fuori dalla stalla, e il maiale veniva come un agnello, perché aveva questo ferro, questo grifale. Si tirava fuori, e lì s’era fatto un banco… ci s’accordava in quattro o cinque persone, si chiappava il maiale e si buttava sopra e gli si montava addosso per tenerlo. E questo che era venuto ad ammazzarlo lo scannava con una baionetta… era una morte tremenda… Però, chi lo sapeva ammazzare, prima gli infilava questa baionetta, questa coltella insomma, poi quando il maiale aveva dato il sangue abbastanza (che ne ha sei o sette litri), allora gli toccava il cuore e il maiale rimaneva fulminato. Però c’andava uno che lo sapesse fare, ma allora c’erano queste persone.
Poi si passò alla rivoltella… Allora non importava mettergli il grifale al naso, perché si pigliava il maiale, gli si metteva una funicina a un piede di dietro, con due chicchi di fave, granturco, roba naturale, si portava fuori e mentre mangiava quello andava lì: tah! e cascava in terra…
Anticamente… per levargli il pelo di dosso si adoprava delle “manine” di paglia e s’abbruciacchiava tutto: veniva un po’ scuro… poi per pulirlo, si procurava diversi mattoni da impiantito, con l’acqua, e si drusciava e gli si portava via quel nero… S’attaccava, gli si prendeva gli interiori: fegato, budella, tutto… eppoi si portava in una stanza. Mentre invece ora… si scalda l’acqua, un paio di quintali d’acqua, quando il maiale è morto si mette su un banco e con quell’acqua calda si bagna e un paio [di persone] con delle coltelle lo drusciano e il maiale viene bello pulito, bianco… è un fatto anche più igienico… Poi la stessa procedura: s’attacca… Io c’avevo dei palanchini… gli s’intacca il nervo di dietro, gli s’infila una sbarra di ferro, quando il maiale è morto, si mette al palanchino e si può pulire anche lì… Si portava alla bascola per pesarlo eppoi si portava in casa di quello, di quell’altro… Oppuremente, se lo volevano lavorare a casa mia, io c’avevo le stanze e gli mantenevo pure la roba fino a che non era da consumarsi.
Bibliografia:
AA.VV., Cultura contadina in Toscana. La casa e gli animali, Vol. II, Firenze, Bonechi, 1970
Bianco C., Apergi F., La ricca cena. Famiglia mezzadrile e pratiche alimentari a Vicchio di Mugello, Firenze, Centro Editoriale Toscano, 1991
Clemente P., Fresta M., Metodi di conservazione delle carni di maiale in Toscana. Primo sondaggio, in BRADS. Bollettino del Repertorio dell’Atlante Demologico Sardo, 9, pp. 34-38, 1979-1980
Video:
Intervista a Nada Secciani raccolta da Valentina Lusini e Pietro Meloni a Villa a Sesta, Castelnuovo Berardenga, il 31 marzo 2012
Intervista a Delido Donnini raccolta da Valentina Lusini e Pietro Meloni a Gaiole in Chianti il 7 aprile 2013
Autore scheda: Pietro Meloni
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