La tradizione “Sega la Vecchia” a San Rocco – Sovicille
Luogo: San Rocco a Pilli
Comune: Sovicille
Data/periodo: 1400/1950. La tradizione del Sega la vecchia vuole la sua origine nel medioevo, dove una vecchia che aveva trasgredito al divieto del mangiar carne nel periodo di digiuno quaresimale, venne condannata ad esser segata viva. Il Sega La Vecchia è una rappresentazione di mezza quaresima, diffusa in modo particolare in Emilia Romagna, Toscana e Umbria. Si trattava, inizialmente, di una rappresentazione legata al mondo contadino e che vedeva un gruppo di attori improvvisati andare in giro per i poderi a chiedere offerte, solitamente uova e farina, come auspicio di una fortunata e abbondante annata. Gli attori portavano in giro per il paese la “vecchia”, ossia un albero di Quercia che veniva abbattuto da due segantini, rappresentando così la fine della penuria e delle difficoltà dell’inverno e annunciando, attraverso la sua rinascita tra danze e canti, l’arrivo della primavera
Descrizione: Forma di teatro popolare in rima concatenata in ottava, il Sega la Vecchia era assai diffuso nelle regioni dell’Italia centrale. Consisteva in una rappresentazione di mezza quaresima, un canto di questua che i contadini portavano in giro, di casa in casa, il cui significato si inseriva nella solidarietà tra vicini, annunciando la fine delle difficoltà invernali e l’arrivo della primavera. L’inverno, infatti, è simbolicamente rappresentato dalla vecchia, un albero, che viene segato. Molti associano il Sega la vecchia ai roghi di fine carnevale – in molti casi, infatti, lo si ritrova proprio a ridosso di questa festività, a evidenziarne una importante relazione.
La struttura del Sega la vecchia è molto simile al bruscello, con la differenza che si tratta, però, di uno spettacolo itinerante, portato di casa in casa a chiedere in offerta uova e farina. Come per il bruscello ci si maschera e, allo stesso modo, sono soltanto gli uomini a interpretarlo. Nelle campagne senesi era una rappresentazione teatrale assai diffusa, e ne troviamo tracce un po’ ovunque. A San Rocco a Pilli, nel Comune di Sovicille, è stato documentato da Giovan Battista Corsi, agli inizi del Novecento, che ne ha riportato un copione nella rivista di Giuseppe Pitrè, Archivio per lo studio delle tradizioni popolari. Più di recente, Sandra Becucci ha riportato il brano del Corsi integralmente, evidenziando come la struttura narrativa del Sega la vecchia ripercorresse le medesime tematiche nelle differenti campagne senesi. Così era, infatti, il Sega la vecchia dei primi del Novecento a San Rocco a Pilli:
“Prima che gli esecutori entrino in una casa, la tromba fa uno squillo, e subito dopo, manovrando un lungo sciabolone si fa avanti Frustino che canta:
Eccoci giunti dentro a questo ingresso.
Padrone di casa, io gli chiedo permesso:
se il permesso ci dà e se è contento
della Vecchia cantare dell’argomento.
Entrano allora tutti, e con un filo di voce parla la Vecchia:
Siamo arrivati alla mezza Quaresima.
Questa Vecchia la voglion segare,
e prima di segarla, voglio fare il testamento.
Però prima di chiamare il notaro, la gente che circonda la Vecchia, crede più opportuno farla visitare da un medico, e ne va in cerca subito il Segretario, che si raccomanda:
Signor Dottore, io lo vengo a chiamare,
che ci ha da curare una forte malattia.
Da questo scorciatoio qui si passa,
facciamo presto che la malattia trapassa.
Dottore:
Io che sono dottor di medicina
so’ per guarir qualunque malattia.
Ma il dottor, osservata attentamente l’ammalata, non ci si sente di pigliar da solo tanta responsabilità, in un caso disperato a quel modo; e chiede un consulto con un professore. S’incarica, al solito, d’andarlo a chiamare il Segretario:
Signor Professore, lo vengo avvisare
che ci ha da fare una consulteria!
Da questo scorciatoio qui passiamo,
facciamo presto e non più tardiamo
Professore:
Io che so’ professore, pronto arrivato
so’ a far consulto a qualunque sia malato.
Fa una visita scrupolosa alla Vecchia e assicura poi che ha poco più da vivere, e che chiamino il notaro.
Udita questa sentenza, rivolto alla Vecchia così dice il Frustino:
Vecchia tu sei e sempre non camperai,
fai testamento, che presto morirai,
e l’hai una figlia sola e non li voi lasciare,
fati testamento e lascia a chi ti pare.
E via subito pel notaro il Segretario:
Signor Notaro, lo vengo a chiamare,
che chi ha da farlo un nuovo testamento.
La prenda penna e carta, e faccia presto,
l’avrà buon paga, che resterà contento.
Notaro:
Io che sono il notaro, o Galantini,
per farli i testamenti abituato,
a tutti faccio spende’ pochi quattrini,
vado per tutto, dove so’ chiamato.
Tutti alla Vecchia:
Pronti, nonna, il notaro l’è arrivato.
Servo:
Penna e carta pronti (eseguisce).
La Vecchia:
Al dottore gli lascio la spezieria e le medicine,
guarisca le ragazzine più belline.
Al professore gli lascio l’astuccio e il temperino,
quando fa l’operazioni, le faccia più per benino.
A queste ragazze più belline
gli lascio il pettine e la spera,
che si liscino mattino e sera.
A queste donne che stanno nel canto
gli lascio la rocca e ‘l fuso e ‘un mi par tanto.
La Vecchia muore e dice il Notaro:
E io che so’ notaro e v’ho assegnato,
puntualmente, quel che v’ha lasciato,
un di voi altri resterà contento.
la Vecchia è morta, questo è il testamento.
Colombo:
Povero me! So’ vecchio e lo vedete.
Oh, che disgrazia a me mi segue!
Mi darò pace che sempre non si campa
morta l’è questa, io ne piglio un’altra.
La Figlia:
La mamma è morta e il babbo è rimbambito
morti so’ loro, io prenderò marito.
Chiecco:
Eccoli qua i miei tre segantini
di bravi lavoratori e meglio squadratori.
Loro in tasca non han punti quattrini,
perché so’ nati un po’ troppo sciattoni.
Quando li mando a lavorare in villa
li sciattan tutti e non pensan alla famiglia.
Fa’ presto, maestro Andrea a squadrà la Vecchia:
mentre la squadri, ti farò la minestra.
Chiecco, insieme a Maestro Andrea, sfila (misura con un filo per lungo e per largo), la Vecchia per farle la cassa.
Maestro Andrea:
Quando l’accetta l’avrò ben affilata
meno d’un ora la Vecchia l’ho squadrata.
Per squadrà la Vecchia io so’ pronto.
mentre la squadro, lei mi faccia ‘l conto.
Maestro Andrea squadra la Vecchia e poi:
La Vecchia l’ho squadrata e voglio i miei quattrini,
ora tocca a voi altri segantini.
Segantini:
Noi siamo tre, non s’ha famiglia
si va provvisti, si porta una bottiglia.
I. Caro compagno la botte è piccina:
facciamo a regola, se no si va in rovina
II. caro compagno, se si vòl ben segare,
ci abbiamo a dare il segone a limare
III. Sor caporale della propria teglia,
Maestro Finocchio ci starebbe a veglia.
I. Sor caporale, deh, non gli dia retta!
Maestro Girolamo ci starebbe a retta.
II. E se ci sto a retta non te n’ha a importare
accanto alle ragazze un ci sai stare.
III. Ti sei provato con tante e tante e tante
e t’hanno cansonato e ‘un ci hai fatto niente.
Chiecco:
Risorgi, o Vecchia, ci abbiamo d’andà via,
se no ti perderai la compagnia.
Professore:
Pe risorge’ la Vecchia ci vol questa bottiglia.
La Vecchia guarirà e Colombo l’ha a piglia’.
Il professore dà da bere alla Vecchia da una piccolissima boccettina, e quella risorge:
Chiecco:
Avanti, miei compagni, avanti, avanti,
si ringrazia il padrone e tutti quanti”.
Bibliografia:
Becucci S., Il territorio di Sovicille nelle credenze e negli aneddoti riportati da G. Battista Corsi e da Ciro Marzocchi nella seconda metà dell’Ottocento, in Sovicille. Spazio, tempo, umanità, a cura di M. Ascheri, V. Serino, Ticci, Siena, 2007, pp. 133-143
Corsi G.B., La mezza Quaresima in Siena e nel senese, in Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, Vol. XX, 1901, pp. 145-155
Autore Scheda: Pietro Meloni