Le tecniche dell’artigianato etrusco a Poggio Civitate – Murlo

Luogo: Murlo

Comune: Murlo 

Data/periodo: Fra il VII e il VI secolo a.C.  (Periodo etrusco, età orientalizzante: 735 – 580 a.C.; Periodo etrusco, età arcaica: 580 – 480 a.C.)

Descrizione: I manufatti dell’artigianato artistico etrusco sono, in primo luogo, documenti fondamentali per la comprensione delle dinamiche di sincretismo culturale e acquisizione del patrimonio di miti e leggende elleniche. Quando, attorno al 650 a. C., il pittore greco Aristonothos dipinge a Cerveteri un cratere con la scena di una battaglia navale fra Greci ed Etruschi e l’episodio dell’accecamento di Polifemo, è evidente che i processi di acquisizione e appropriazione del patrimonio mitico greco sono già in atto.

Nel corso del VII secolo a. C. dunque, il mito risulta già accolto in Etruria, anche se per il momento solo gli artigiani greci sono in grado di tradurne la complessità; nelle produzioni locali, invece, prevale un bestiario orientalizzante in cui l’uso talvolta disordinato di mostri greci come sfingi, chimere e gorgoni tradisce una non chiara e non piena conoscenza del mito. A tal proposito le produzioni artigianali in terracotta provenienti dalle fasi di VII e VI secolo a.C. di Poggio Civitate si rivelano come una chiara testimonianza di tale tendenza: i monumentali acroteri fittili che ornavano i tetti degli edifici rimandano infatti ad una scelta di soggetti cari alla mitologia greca (sfingi, grifoni, gorgoni) rielaborandone e decontestualizzandone tuttavia loriginario contenuto mitico. Soltanto alla fine del VII secolo a. C., in sincronia con lo sviluppo urbano e la monumentalizzazione dei culti collettivi, il mito greco appare come fenomeno consolidato, diventando sempre più carico di significati e allusioni, acquisendo valenze legate ai valori e ai contesti aristocratici, cerimoniali e politici. Alla fine del VI secolo a. C., il mito ha ormai un ruolo centrale come forma narrativa unificante di messaggi religiosi e politici: gli eroi greci sono ormai diventati il perfetto modello del comportamento, delle aspirazioni e dei valori dei princeps etruschi.

Una delle classi artigianali più celebri della civiltà etrusca, e ben documentate a Poggio Civitate, è senzaltro il bucchero, definito dagli studiosi come la ceramica nazionale dell’età d’oro degli Etruschi. Si tratta infatti di una delle rare produzione di ceramiche da mensa sviluppate autonomamente in Etruria a partire dal VII secolo a.C. e destinata a generare grandi stimoli tecnologici e di imitazione. Per gli archeologi è una ceramica fondamentale in quanto è un importante supporto per la datazione dei contesti funerari e di abitato. Il suo colore nero e lucido, è il carattere che visivamente lo rende diverso e particolare ma è anche l’indizio di processi produttivi specializzati, in grado di ottenere una ceramica di alta qualità. Il bucchero nasce molto probabilmente dalla ricerca tecnologica di un materiale che imitasse il vasellame prezioso in metallo o avorio, ma come gli artigiani etruschi arrivassero alla colorazione nera ancora non è del tutto certo. L’ipotesi principale, avvalorata da confronti iconografici e da prove sperimentali, è che la cottura dei vasi crudi avvenisse nella camera di cottura di fornaci tradizionali chiusi, questi, in grandi contenitori sigillati e a contatto con sostanze organiche riducenti, in grado cioè di evitare un’ossidazione, come schegge di legno e foglie secche. Ai fini del raggiungimento della colorazione nera ed uniforme, era dunque necessaria una cottura tra i 700° e i 750° circa che prevedesse una condizione di carenza di ossigeno nella fornace. Verso la fine del VI secolo a. C. si verificò in Etruria un declino del bucchero con la standardizzazione, invece, di una ceramica non più nera ma grigia, probabilmente sulla scia di un progressivo mutamento funzionale: da materiale di pregio destinato alle classi sociali più elevate, ad un uso come ceramica da mensa comune.

Dal punto di vista delle lavorazioni metalliche le produzioni maggiormente rappresentative per la civiltà etrusca sono quelle relative alle tecniche orafe e, in particolare, la granulazione. Furono verosimilmente i traffici fenici il tramite per lintroduzione di tale tecnica in Etruria, dove conobbe una spettacolare fioritura diffondendosi a partire dal VII secolo a. C. La tecnica della granulazione consiste nel saldare su una base metallica delle minuscole sfere, avendo cura che i punti di attacco risultino pressoché invisibile ad occhio nudo; di norma i lavori venivano realizzati in oro, ma non mancano esempi anche in argento. La granulazione disegna immagini, traccia iscrizioni e copre i punti di giuntura. Oggetti di estrema raffinatezza vennero ottenuti mediante granulazione a pulviscolo, creando cioè una superficie vellutata contrapposta alla lucentezza metallica delle parti risparmiati, tramite limpiego di minutissimi grani una tecnica che, per i suoi effetti cromatici e luministici trovò particolare espressione nellEtruria del periodo arcaico. Tale tecnica raggiunse la sua massima raffinatezza in età ellenistica, divenendo poi sempre meno comune e delicata nella produzione romana. 

Bibliografia

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Autore scheda: Giulia Losi