Necropoli di Bosco Le Pici – Castelnuovo Berardenga

Luogo: Località Le Pici

Comune: Castelnuovo Berardenga

Data/periodo: Il nucleo più importante individuato è costituito da un’area adibita a necropoli, datata dall’VIII secolo a.C. al II secolo a.C. (necropoli), nella quale sono state riconosciute più fasi; poco distante alcuni rinvenimenti farebbero pensare anche alla presenza di un villaggio databile al II secolo a.C.

Descrizione: Sui due poggi posti entrambi in località Le Pici sono stati individuati due diversi siti archeologici: sul rilievo collinare più alto è stata messa in luce una vasta necropoli; su quello più basso doveva sorgere invece anticamente un piccolo villaggio.

L’intera area d’interesse archeologico si trova sulla dorsale meridionale dei monti del Chianti. La presenza di vari siti archeologici in questa zona – Le Pici, Cetamura, Poggione, Piano Tondo – ne testimoniano la frequentazione antica fin dall’VIII secolo a.C. e attestano anche l’importanza del sistema viario che la attraversava in epoca etrusca.

Le tombe più antiche rinvenute nella necropoli risalgono all’Età Orientalizzante (VIII-VII secolo a.C.) e mostrano una continuità d’uso fino al VI secolo a.C. Dopo questa data il sito sembra aver subito un’obliterazione volontaria e solo secoli dopo, intorno al III secolo a.C., è tornato ad essere sede di sepoltura. Qui sono stati individuati in superficie molti frammenti di pietra arenaria pertinenti verosimilmente alla copertura di una o più tombe: tra questi si notano due frammenti di un’iscrizione che potrebbero aver costituito l’architrave della porta di ingresso o la lastra di chiusura di una tomba a camera, non più rintracciabile, il cui tipo è noto da altri ritrovamenti nella zona. Sui due frammenti di iscrizione, di qualità mediocre, si riconoscono caratteri etruschi disposti su due righe irregolari con andamento sinistrorso: THARNAI.CULSU / AULES’ PELTIN .A. Sembra trattarsi di un’iscrizione funeraria di possesso scritta in alfabeto chiusino di tarda epoca ellenistica (III-II secolo a.C.). La traduzione dell’iscrizione proposta da Goggioli e Roncaglia è la seguente: questo è il sepolcro di Tharnai Cuiśla (moglie) di Aule Peltina.

Dal 1997 l’area è stata indagata con scavi sistematici condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana e lo scavo è ancora in corso. Gli archeologi hanno messo in luce due tombe a camera (tombe A e B) e alcune a fossa, coperte in parte da lastre di calcare bianco, dove erano stati deposti, in giacitura secondaria, un gruppo di vasi cinerari provenienti da tombe a pozzetto o a cassone già distrutte in antico e sepolti nuovamente in questo sito per proteggerli da ulteriori profanazioni.

La tomba A è formata da una camera quadrangolare e doveva presentare originariamente una copertura a doppio spiovente. Le pareti nord, sud e ovest della camera sono formate da lastre di calcare bianco locale, mentre la parete est è costituita da un muretto. La tomba è stata depredata già antico, così che ben poco è rimasto del corredo dei defunti che vi erano stati deposti.

Della tomba B sono ancora visibili il corridoio (dromos) e la soglia d’accesso alla camera, che invece è andata distrutta. All’interno del dromos, vicino all’ingresso, è stato rinvenuto un ricco corredo, databile al VII secolo a.C., ma pertinente a una deposizione in giacitura secondaria, successiva a quella per la quale era stata costruita la tomba. Tra gli oggetti del corredo, adatto ad un defunto di rango principesco, si notano in particolare una grande fibula “a drago”, varie ceramiche in bucchero, vari elementi pertinenti a un carro in legno rivestito di lamine bronzee, decorato da una serie di applique sempre in bronzo e con le ruote in ferro. Altri reperti ritrovati nel dromos della tomba B – tra cui tre dischetti in osso, una spirale ferma trecce, alcune catenelle pertinenti a pendenti di fibule – suggeriscono che anche in questa tomba sia stata realizzata una doppia sepoltura, femminile e maschile.

Dopo una fase di abbandono, contemporanea allo scarso popolamento delle colline del Chianti nel V e nel VI secolo a.C., l’area della tomba B è stata riutilizzata a partire dalla seconda metà del IV secolo a.C. Del corredo pertinente a queste sepolture successive restano due kylikes a vernice nera, un manico di colino e un’ansa di kyathos a rocchetto in bronzo.

A nord-est della tomba A è stata individuata un’altra sepoltura, in questo caso a fossa, ricoperta da alcune lastre frammentarie di calcare bianco, rincalzate lateralmente con piccole pietre. La tomba era segnalata in superficie da una colonnina di pietre sovrapposte, di cui è stato rintracciato il crollo in stratigrafia. All’interno della buca sono stati deposti, in giacitura secondaria, sette vasi cinerari in ceramica d’impasto e la porzione superiore di uno ziro. I vasi contenevano ancora le ossa combuste dei defunti e alcuni conservavano anche il corredo. Questo singolare ritrovamento ha fatto ipotizzare che, nelle varie fasi di ristrutturazione della necropoli di Bosco Le Pici, coloro che costruirono le tombe più recenti si fossero imbattuti in sepolture di età più antica e avessero deciso di preservarne comunque memoria, seppellendoli nuovamente dopo la nuova sistemazione della piccola necropoli.

L’altro poggio, posto a 400 metri di altezza sul livello del mare e a 100 metri in direzione sud-est rispetto alla località Caggio nella stessa zona, ha forma allungata ed è circondato da strade di bosco. L’indagine di superficie ha permesso di individuare numerosi frammenti di laterizi e ceramica sparsi sia lungo il versante del poggio che sulla sua sommità, per un raggio di oltre ottanta-cento metri. La realizzazione di una piccola trincea di scavo ha messo in luce un deposito stratigrafico diversificato in cui si è riconosciuto il crollo dei muri di un’abitazione, sotto ad essi quello del tetto e nello strato più basso un livello di terra annerita associata a ceramica e reperti osteologici identificabile con il livello di vita dell’abitazione stessa. Si tratta dei resti di una struttura abitativa che doveva avere elevati in pietra e copertura in laterizi.

La presenza di ulteriori tracce archeologiche suggerisce una situazione stratigrafica più complessa, ancora da indagare, e lascia ipotizzare l’antica presenza di altre abitazioni nella stessa zona a formare un piccolo villaggio databile all’Età Ellenistica. I materiali rinvenuti negli scavi e recuperati durante le indagini di superficie dell’area sono attualmente esposti al Museo del Paesaggio di Castelnuovo Berardenga. Il sito non è visitabile se non durante specifici eventi organizzati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana in collaborazione con la proprietà del terreno e con il Museo del Paesaggio.

Bibliografia:

AA.VV., Gli Etruschi nel Chianti, Radda in Chianti (SI), 1991

Bonelli Conenna L., Fatiche e delizie nelle campagne senesi: “villeggiature” e lavori campestri, in AA.VV., Vita in villa nel senese, Pisa, 2000, pp. 68-99

Flower R., Chianti. Storia e cultura, Firenze, Bonechi, 1981

Gentili F., Verrucchio Villanoviana. Il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli nel declivio sottostante la Rocca malatestiana, in “MonAnt”, serie monografica, 6, I, II, 2003

Goggioli S., Roncaglia G. (a cura di), Museo del Paesaggio. Bosco Le Pici. Nuove scoperte archeologiche in Chianti, Firenze, Aska, 2006

Goggioli S., Lo scavo di Bosco Le Pici, in Cianferoni G. C. (a cura di), Vino fra mito e Storia. Catalogo della mostra, Siena 24 novembre 2012-5 maggio 2013, Monteriggioni, ARA Edizioni, 2012

Mangani E. (a cura di), I centri archeologici della provincia di Siena, Siena, 1986

Maroni A., Prime comunità cristiane e strade romane nei territori di Arezzo – Siena – Chiusi (dalle origini al secolo VIII), Siena, 1973

Turchetti M. A., Dagli Etruschi al Medioevo nel territorio di Castelnuovo Berardenga. Guida alla sede del Gruppo Archeologico, Siena, 1996

Valenti M., Carta Archeologica della provincia di Siena. Il Chianti senese, Siena, Nuova Immagine, 1995, pp. 317-318 e 319, gig. 64 a p. 319 (F. 114 III, N. 87 e N. 88, SO-4808/700)

Fonti:

Pannelli esplicativi presso il Museo del Paesaggio di Castelnuovo Berardenga

Note: L’area appartiene a Borgo San Felice almeno dalla fine del Cinquecento, periodo per il quale è già nota in loco una produzione vinicola molto apprezzata gestita dalla nobile famiglia senese Del Taja, in seguito denominata Grisaldi del Taja, proprietaria del terreno fino al 1968. Il toponimo “Le Pici” si deve probabilmente alla pieve del borgo che dal 998 fu chiamata San Felice in Pincis o in Pici, dal vicino podere Le Pici, il cui nome sembra derivato da pica (gazza).

Nella scheda della Carta Archeologica del Chianti senese che riguarda il sito in cui sono state individuate le tombe di Età Orientalizzante e Ellenistica (n. 87), sulla base di due ricognizioni effettuate in fase di elaborazione della scheda stessa, l’attendibilità dell’identificazione è considerata buona, mentre lo stato di conservazione del deposito stratigrafico archeologico non è risultato deducibile dalla sola ricognizione. L’indagine sul sito è continuata con gli scavi di cui parlano Goggioli e Roncaglia nella pubblicazione dedicata (in bibliografia) e prosegue ancora oggi. Nella scheda della Carta Archeologica del Chianti senese (Valenti 1995) che riguarda il sito in cui è stato individuato il villaggio di Età Ellenistica (88), sulla base di due ricognizioni effettuate in fase di elaborazione della scheda stessa, sia l’attendibilità dell’identificazione che la conservazione del deposito stratigrafico archeologico sono considerate buone.

Autore scheda: Società Cooperativa Archeologica ARA

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