Giorgio Santi

Luogo: Pienza

Comune: Pienza

Settore di riferimento: Naturalismo, chimica, botanica, geologia, zoologia

Data/periodo: 1746 – 1822

Descrizione: Giorgio Santi è stato un grande personaggio pientino: naturalista, chimico, botanico, geologo, zoologo e viaggiatore. Nato a Pienza il 17 aprile 1746 da Rutilio Santi e Fillide Mattei che diedero alla luce dieci figli dei quali sopravvissero solo Francesco Pio (1740-1799) vescovo di Sovana, Suor Maria Arcangela (1735-1815) e Giorgio Santi. Santi, come molti studiosi dell’epoca, ebbe interessi multidisciplinari; fu infatti cultore di geologia, chimica, botanica, zoologia e geologia, non disdegnando gli aspetti geografici, morfologici e antropologici dei territori da lui osservati durante i viaggi di studio. Studiò a Siena e si laureò in medicina nel 1767; fece le “pratiche” in Santa Maria Nuova a Firenze e vinse a Siena l’alunnato Biringucci, borsa di studio grazie alla quale, nel 1773, si trasferì in Francia, a Montpellier e a Parigi, dove entrò in relazione con gli scienziati del tempo, fra i quali Boscovich, insigne matematico, Lavoisier considerato padre della chimica moderna, Buffon famoso naturalista, nonché con influenti uomini politici e donne di corte.

Nel 1781, a Parigi, accettò l’incarico di corrispondente per l’Arciduca di Milano Ferdinando d’Asburgo Lorena, fratello di Pietro Leopoldo. Durante il suo soggiorno all’estero, si era talmente ben introdotto negli ambienti francesi ed europei che il Margravio della regione germanica del Baden lo avrebbe nominato ministro residente presso il gabinetto di Versailles, alla corte di Re Luigi XVI; ma il Granduca, nel 1782, colse l’occasione del ritorno del pientino a Firenze per trattenerlo in patria assegnandogli la cattedra di botanica, storia naturale e chimica, istituita in quegli anni presso l’Università di Pisa, congiuntamente alla direzione del Museo di storia naturale e del Giardino di botanica e dopo alcuni anni ha la possibilità di seguire a Vienna il Granduca Pietro Leopoldo, chiamato al soglio imperiale a seguito della morte di Giuseppe II, suo fratello (1790). Ma la lettera di accettazione dell’incarico arriva a Vienna quando il nuovo Imperatore è precocemente morto di polmonite (1792) pertanto il Santi resta a Pisa con i suoi prestigiosi incarichi universitari. Nel frattempo si sposa (1790) con Anna Simonelli, originaria di San Quirico d’Orcia. La coppia si stabilisce definitivamente a Pienza ma Giorgio continua a lavorare a Pisa, intraprende lunghi viaggi di ricerca per tutta la Toscana, ricopre incarichi importanti per conto dei vari governi che si susseguono in Toscana a seguito delle vicende napoleoniche.

I suoi soggiorni estivi, durante le ferie universitarie, erano stati assai fruttuosi; fu proprio durante queste “pause” dal lavoro di professore che il Santi intraprese i suoi viaggi di studio. “Il dì 10 d’Agosto del 1789 partimmo da Pienza a cavallo, e traversato il fiume Orcia, e la Valle, cui esso da il nome entrammo nella strada Romana. La seguitammo fino all’Osteria, e Posta dei Ricorsi lontana da Pienza circa 12 miglia.” Con queste parole il Santi inizia il suo primo Viaggio al Monte Amiata, l’opera di carattere scientifico più importante che egli scrisse durante la sua attività di studioso. Nei Viaggi per la Toscana lo scienziato descrive sia le caratteristiche botaniche e geologiche del territorio che attraversa, sia brevi appunti sulle località e luoghi visitati. I viaggi per la Toscana sono raccolti in tre volumi: Primo viaggio al Monte Amiata (Pisa 1795), Secondo viaggio per le due province senesi (Pisa 1798), Terzo viaggio per le due province senesi (Pisa 1806), nei quali descrisse parecchie centinaia di piante della regione e numerosissimi minerali, soffermandosi anche sulle acque termali, i fenomeni vulcanici, le grotte e tutti i fenomeni naturali che attiravano la sua attenzione. La presenza di Giorgio Santi a Pienza fu particolarmente significativa nel 1800, anno in cui le truppe napoleoniche, dopo varie vicende e insurrezioni a loro contrarie verificatesi negli anni 1798 – 1800, occuparono definitivamente anche la Toscana. La discesa di Napoleone in Italia nel 1796 aveva gettato le basi per l’occupazione del Granducato, ma i cruenti moti controrivoluzionari del 1799, guidati dai reazionari di Arezzo al grido di “Viva Maria”, causarono al Santi e a molti professori universitari addirittura una condanna al carcere. Le simpatie filofrancesi del Santi, durante i moti controrivoluzionari di quegli anni, gli fecero rischiare anche di perdere il posto all’Università di Pisa tanto che, all’atto della riconferma per l’anno accademico 1801 – 1802 il Santi fu ammonito “a non abusare della speciale clemenza sovrana tenendo un contegno circospetto e prudente politicamente, quale si conviene ai sudditi fedeli che vivono sotto un governo monarchico, astenendosi dall’esternare sentimenti contrari all’attuale governo”. Il ritorno delle truppe napoleoniche fece arretrare i controrivoluzionari e, con molta probabilità, la condanna inflitta al Santi non fu eseguita; anzi, tutto il gruppo degli ex funzionari di Pietro Leopoldo ricevette l’impulso per un nuovo impegno pubblico, tentando una sorta di connessione tra il progetto riformatore Leopoldino e la speranze rivoluzionarie. Fabbroni, Gianni e lo stesso Santi ricevettero incarichi pubblici dall’amministrazione napoleonica.

Nonostante una infinità di appunti, di lettere e di diari di viaggio non sono moltissime le opere del Santi pubblicate; “poco stampò, benché molto scrivesse” si legge nella biografia pubblicata nel Nuovo Giornale de’ Letterati. E questo benché la sua carriera accademica e le sue osservazioni scientifiche fossero stimate da molti colleghi ed i “Viaggi” già tradotti in francese. In proposito assai significativa nonché particolarmente curiosa è la definizione che da Giovanni Fabbroni, suo caro amico, degli scritti del Santi: “Il torchio geme quando è condannato a produrre delle minchionerie: se si deve usare una espressione di figura, quando si stampan cose dell’amico Santi, dovremo dire che il torchio esulta; e il grido che egli fa non è gemito ma sorriso”. Fra le opere di Santi  vi è poi il saggio “Analisi chimica delle acque dei Bagni Pisani, e dell’acqua acidula di Asciano”, pubblicata a Pisa nel 1789 presso Luigi Raffaelli di 136 pagine.  Nel suo necrologio del 1823 si cita “un’operetta, ricercatissima, sul Lauro regio, pubblicata in Siena” nel 1792; si tratta del saggio Delle qualità venefiche del lauroregio, stampato a Siena dall’editore Pazzini Carli, di pag. 29. Si citano anche due manoscritti: Viaggio da Parigi a Venezia, che in realtà è il Viaggio da Parigi a Firenze del 1782, pubblicato nel 1928 da Vittorio Simonelli e il Viaggio a Napoli; di quest’ultimo non si è  trovata traccia; certo è che nel museo di Storia Naturale di Pisa ci sono reperti di rocce vulcaniche raccolte dal Santi durante il viaggio a Napoli per cui è verosimile che il Santi abbia redatto una relazione di questo viaggio. Infine il carteggio, parzialmente trascritto e pubblicato dal Prof. Mario De Gregorio, Lettere a Giorgio Santi (1776 – 1822), in Nuncius, Annali di Storia della Scienza, Anno IV, 1989, Fasc. 2 (estratto), Tiferno Grafica – Città di Castello. Giorgio Santi si trova a Pienza durante l’ultimo periodo della sua vita e dopo una lunga malattia  muore e viene sepolto il 30 dicembre 1822 presso il cimitero annesso all’antichissima Pieve di Corsignano.

Bibliografia:

Bindi U., Giorgio Santi scienziato pientino del settecento, Pienza, Edizione Fondazione Conservatorio San Carlo Borromeo, 2014

Autore scheda: Umberto Bindi

 

 

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