L’Ospedale Psichiatrico di San Niccolò: una città nella città

Luogo: Via Roma, 56 – Siena

Contrada: Contrada di Valdimontone

Denominazione: Il “manicomio”

Data/periodo: Il 6 dicembre 1818 costituisce la data inaugurale dell’Ospedale Psichiatrico San Niccolò, nato con la soppressione del convento omonimo. È rimasto attivo fino al 30 settembre 1999, quando la struttura venne definitivamente chiusa 

Descrizione: Nella storia della cultura il folle, o colui che si comporta da tale, è presente in maniera pressoché ininterrotta. Un esempio celebre di follia in letteratura è lo shakespeariano Amleto, fintosi pazzo per smascherare l’assassino del padre; nell’arte Leonardo da Vinci è autore di moltissimi disegni di volti deformati dalla pazzia; Vincent Van Gogh e Charles Baudelaire furono essi stessi ricoverati in una casa di cura e morirono suicidi; allo stesso modo Virginia Woolf, afflitta da profondi esaurimenti nervosi e crisi depressive, morì suicida dopo vari tentativi. I comportamenti bizzarri, talvolta folli o più semplicemente “diversi” da schemi e pregiudizi, sebbene siano alla base di immortali opere del genio umano e coinvolgano direttamente figure di artisti e scrittori, necessitano di essere controllati e segregati dalla società “normale” in strutture di contenimento: i manicomi. A maggior ragione se la “diversità” riguarda persone comuni.

Anche gli individui con ritardi dell’apprendimento, i figli illegittimi frutto di violenze vengono isolati perché ritenuti diversi e non adatti alla convivenza civile, tanto da rendere preferibile chiuderli in una struttura con altri come loro e isolarli alla vista. Durante l’Illuminismo nasce lo studio delle malattie mentali, viste come patologie mediche, da curare con terapie idonee per raggiungere la guarigione. Il 24 Gennaio 1774 in Toscana il Granduca Pietro Leopoldo emana la Legge sui pazzi, che sostiene il principio del pazzo visto come malato, come alienato e non più come insensato; viene istituzionalizzata la figura del medico all’interno della casa di cura, per assistere e cercare di recuperare le persone ricoverate. Nel 1815 il rettore della Società di Esecutori di Pie Disposizioni, il marchese Angelo Chigi, chiede al governo della città di adattare l’ex convento di San Niccolò a ospizio dei “pazzarelli”. Il 6 dicembre 1818 il medico Giuseppe Lodoli, nominato direttore del manicomio, inaugura ufficialmente l’Ospedale Psichiatrico San Niccolò. I lavori di attuazione del progetto definitivo dell’architetto romano Francesco Azzurri, ebbero inizio nel 1865 e terminarono nel 1907 con l’alternarsi dei suoi allievi Ugo Palmerini e Paolo Funaioli. Il nuovo San Niccolò divenne un villaggio manicomiale del tutto nuovo come struttura e come concezione, non più un luogo in cui segregare gli indesiderati della società sottoponendoli a metodi repressivi. Tutto ruotava intorno a un elegante edificio centrale a due piani con due avancorpi laterali, fronteggiato da un ampio giardino, con i servizi generali, 500 posti letto per tutti i malati tranne gli agitati, il refettorio, le sale per le feste, un teatro (smantellato nel corso del 1900), la cucina, la dispensa, un piano semi-interrato con i magazzini per lo stoccaggio di olio e vino. Il manicomio era una città dentro alla città, del tutto autonoma, con una serie di servizi e strutture per la sua quotidianità, cui partecipavano con scopi terapeutici i malati stessi: vi erano una lavanderia, un forno per panificazione, una grande cucina, una farmacia, officine di calzolai, per la lavorazione di stuoie, fabbri, legnaioli, sarti, vetrai, “verniciai”. Vennero attrezzate anche una cascina con fienile e alcune stalle, locali per la lavorazione e l’intreccio dello sparto e una a colonia industriale chiamata Officina Palmerini, poi Morselli. L’architetto senese Vittorio Mariani intervenne negli ampliamenti del 1901-1927 e soprattutto dopo il 1927, per far fronte alla necessità di nuovi spazi per la popolazione in continua crescita, quando la struttura iniziò ad accogliere anche i malati delle province di Grosseto e Viterbo.

La Legge 180 del 13 maggio 1978, detta comunemente Legge Basaglia, impose la chiusura dei manicomi e istituì i servizi d’igiene mentale pubblici, cercando di reinserire i malati nella società, riconoscendone il diritto di cittadini. Il 30 settembre 1999 segna la definitiva chiusura del manicomio, con un successivo abbandono di alcune costruzioni e il ripristino di altre con nuove funzioni. Attualmente accoglie alcune strutture dell’Università di Siena, la base operativa del 118, il centro culturale “La Corte dei Miracoli”, il centro dell’ASL “Il Tamburino” per la riabilitazione e due residenze per anziani. L’opera di recupero di persone con problemi di disagio mentale e sociale è oggi portata avanti dalla Cooperativa “La Proposta”, che si occupa della gestione e manutenzione delle attività dell’Orto de’ Pecci.

Bibliografia:

Biotti V., Folli senesi nel “Santa Dorotea de’ pazzarelli” di Firenze (1647-1788), in Vannozzi F., San Niccolò storia di un villaggio manicomiale, Milano, Mazzotta Editore, 2007, pp. 27-36

Colucci S., Il San Niccolò di Siena, da monastero francescano a villaggio manicomiale: storia, architettura, e decorazione (1810-1950), in Vannozzi F., San Niccolò storia di un villaggio manicomiale, Milano, Mazzotta Editore, 2007, pp. 79-104

Faluschi G., Breve Relazione delle Cose Notabili della Città di Siena, II ediz., Siena, Nella Stamperia Mucci, 1815, p. 114

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Fusi L., Progetto di recupero dell’area ex Ospedale Psichiatrico di San Niccolò a cura dell’architetto Enzo Zacchiroli di BolognaRelazione Storica, anno 1998, pp. 3-39

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Grassi V., Il manicomio di San Niccolò. Suo sviluppo edilizio, in A. D’Ormea (a cura di), L’Ospedale Psichiatrico di San Niccolò in Siena della Società di Esecutori di Pie Disposizioni (1818-1834), Siena, Stab. Arti Grafiche San Bernardino, 1938, pp. 9-56

Leoncini A., Per la storia delle origini del manicomio di Siena, in Vannozzi F., San Niccolò storia di un villaggio manicomiale, Milano, Mazzotta Editore, 2007, pp. 57-62

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Vannozzi F., Introduzione. Lungo i “viali” del villaggio manicomiale in F. Vannozzi, San Niccolò storia di un villaggio manicomiale, Milano, Mazzotta Editore, 2007, pp. 11-17

Note:

Studi sulle malattie mentali

Fondamentale fu il ruolo svolto da Jean Philippe Pinel, medico francese, autore nel 1801 del Traité médico-philosophique sur l’aliénation mentale; con la sua terapia morale rivoluzionò il modo di approcciarsi ai pazienti psichiatrici individuando nel pazzo una persona affetta da malattia mentale e avente diritto alla cura. Il suo allievo Jean Etienne Dominique Esquirol fu il primo a creare un sistema che raccogliesse il sapere psichiatrico in una classificazione delle malattie mentali grazie allo studio clinico. Grazie a lui vennero anche definite le modalità di ammissione di un paziente attraverso il ruolo primario del medico curante. Il suo testo Des maladies mentales considérées sous le rapport médical, hygiénique et médico-légal del 1838 è stato usato nella cura dei malati di mente ricoverati negli ospedali francesi per un secolo e mezzo

Strutture a Siena prima del “Manicomio”

A Siena i “tranquilli” erano curati nel Santa Maria della Scala, i “feroci” invece nella Casa dei matti, in via San Marco, una struttura gestita dalla Confraternita della Madonna sotto alle Volte dello Spedale Santa Maria della Scala (trasformata nel 1788 in Società di Esecutori di Pie Disposizioni). Il ricovero per malati di mente cambiò varie sedi: nel 1803 in un edificio in via Fontanella, detto Casa del Bigi o Ricovero del Bigi, nel 1812 nell’ex monastero di Santa Chiara, nel rione dei Pispini.

Ampliamenti del San Niccolò

La struttura risulta dopo pochi anni insufficiente ad accogliere la crescente popolazione ricoverata; dal 1834 al 1865 si susseguirono vari progetti di Agostino Fantastici, Alessandro Doveri, Lorenzo Doveri, Giulio Rossi, Cesare Nevio e Pietro Casuccini.

Suddivisione degli spazi in base alle patologie

L’architetto Francesco Azzurri, incaricato di eseguire uno studio per il nuovo complesso manicomiale di San Niccolò, non tenne conto nell’impianto iniziato nel 1865, delle indicazioni fornite dal medico sovrintendente professor Carlo Livi, che prevedevano una maggiore suddivisione degli spazi destinati alla “cura morale” dei pazienti attraverso il lavoro e la libera circolazione. I criteri individuati da Livi prevedevano: “I – Separazione assoluta dei sessi. II – Separazione delle varie specie di malati. III – Infermerie, sale di osservazione, sale di sequestro, stanza mortuaria, stanza dissenzione. IV – Abitazione pel Medico Direttore. V- Officine. VI – Scuole, sale di ricreazione, di visita, sale per le feste, la distribuzione de’ premi, ecc.”

Soltanto dopo il 1873 i criteri di Livi trovarono una loro applicazione: i frenastenici furono ospitati ad esempio nell’interno del Reparto Ferrus, realizzato in un edificio a pianta rettangolare, con un annesso per i locali di servizio ed il vano scala. Questo reparto è il segno di un’idea all’avanguardia: dividere questo tipo di malati e cercarne il recupero tramite l’educazione impartita all’interno dei locali adibiti a scuola e a palestra.

Sul retro del fabbricato centrale fu aggiunto a metà del 1800 un edificio a cinque piani, detto Sezione Guislain, con all’interno camere d’isolamento, camere di soggiorno, dormitori e bagni. I pazzi furiosi, o come venivano chiamati all’epoca clamorosi, erano riuniti nel Reparto Conolly, un padiglione distaccato, circondato da un muro perimetrale, con una struttura a tre semicerchi che formano un’ellisse, in cui le camere erano disposte a raggiera, ognuna con un cortiletto coltivato. Le due ali laterali, una per gli uomini e una per le donne, erano divise da un corpo centrale che ospitava i servizi comuni ed i locali per il personale sanitario. La particolare forma del Reparto Conolly permetteva ai sorveglianti di tenere controllo visivo continuo i ricoverati e rappresenta un esempio unico in Italia di panopticon, teorizzato dal filosofo inglese Jeremy Bentham nel 1791.

Lateralmente all’edificio centrale si trovava un immobile lungo e stretto, a forma di L, che ospitava la lavanderia a vapore e la guardaroba ospedaliera, rifornite di acqua grazie alla costruzione di due cisterne, una nell’ex convento dei Servi e l’altra nel piazzale dell’edificio centrale.

All’interno del complesso San Niccolò venne costruita anche una struttura confortevole per accogliere gli ospiti paganti, nell’area che in origine ospitava gli orti dell’ex convento del Santuccio: era la Villa per i signori rettanti cui si aggiunse nel 1906 anche la Villa per le signore rettanti.

Nel 1910 venne costruita una tessenda per le malate impegnate in lavori di tessitura, maglieria e cucito, costituendo una colonia industriale femminile detta Cesare Lombroso, trasformata nel 1934 nel reparto Lodoli. Nel 1914 fu creato il nuovo reparto Kraepelin destinato agli epilettici, nella parte posteriore dell’edificio centrale.

Tra il 1933 e il 1935 vennero create altre strutture dipendenti dal San Niccolò, come ad esempio la colonia agricola Bellemme e il Consultorio di Igiene Mentale.

Autore scheda: Contrada di Valdimontone, Chiara Pavolini

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