Mulino di San Galgano a San Gimignano

Luogo: San Gimignano

Comune: San Gimignano

Descrizione: Nel XIII secolo, i monaci cistercensi della badia di San Galgano provarono a più riprese la costruzione di alcuni edifici molitori sul fiume Elsa, nelle terre di San Gimignano. I lavori, iniziati nel 1274, ebbero un excursus alquanto travagliato e terminarono solo nel 1284.

Intorno al 1400, le attività dei monaci non producevano più gli utili di un tempo; le forti tasse e le spese per mantenere la struttura peggioravano la situazione. La badia venne quindi ridotta a semplice oratorio e il numero dei frati diminuì sensibilmente. La cessione dei diritti sui mulini fu ben accolta dai Sangimignanesi, che il 4 luglio 1415 firmarono l’atto pubblico di cessione del dominio utile. Con l’atto, si cedevano i seguenti beni: metà pro indiviso dell’edifizio dei molini e gualchiere, con fabbriche, suppellettili e vari terreni lavorati; metà del podere della Steccaja e poderi in Villa Castelli, al Sovestro e a Remignoli, dotati di case per i lavoratori. Due anni dopo, il Comune acquistò per ben ottantamila fiorini il dominio utile e diretto su questi e su altri due poderi e impose agli abitanti del distretto l’uso dei mulini; trasgredire comportava il pagamento di lire 25 e la perdita del grano e delle bestie. I castaldi, ovvero i gestori dei mulini, dovevano tenere un minuzioso registro con le quantità di grano e biada macinata e dei panni battuti nella gualchiera. Nella casa del mulino doveva esserci un’osteria esentata dalla gabella e ogni mese tutti i conti della fabbrica dovevano essere visionati da uomini del Comune.

Dopo il 1420, il Comune ammise come socio nella proprietà lo Spedale di Santa Fina. In un atto del 1551, la proprietà dei mulini risulta essere per due terzi del Comune e per un terzo dello Spedale.

Da un inventario del 1722, si apprende che nel mulino c’erano cinque macine, ognuna dotata di un ritrecine con palo in ferro; l’abitazione del mugnaio era ben arredata e funzionava anche la gualchiera da panni. Risale a quel periodo la rappresentazione grafica inerente la sistemazione della gora e della steccaia sul fiume Elsa, opere fondamentali per garantire il funzionamento del mulino. Nei secoli, l’edificio molitorio è stato profondamente trasformato e ingrandito. Nel Novecento ha ospitato una cartiera e adesso versa nell’abbandono. I recenti lavori effettuati alla steccaia per impiantare nella zona una centralina idroelettrica hanno permesso la ripulitura della gora in muratura. Non vi è invece più traccia del bottaccio, completamente interrato, né del risciacquatoio. L’intera area sarà presto bonificata e i volumi recuperati per la costruzione di abitazioni.

Bibliografia: 

Fiumi E., Storia economica e sociale di San Gimignano, Firenze, Leo Olschki, 1961

Pecori L., Storia della Terra di San Gimignano, Firenze, Tipografia Galileiana, 1853 pp. 122-123, pp. 208-209

Fonti:

Archivio Storico Comune San Gimignano (ASCSG)

Archivio Spedale Santa Fina (ASSF)

Biblioteca Comunale di San Gimignano (BCSG)

ASCSG n. 0460 cc.178-181

ASCSG n. 0461 inv. 1722, Inventario della roba e masserizie, cc. 9-12

ASCSG n. 0462, Resarcimenti e spese della steccia di San Galgano 1691 e del muro, 1695

ASCSG n. 0971 c. 555, c. 556, c. 564, c. 635

ASCSG n. 0971 cc. 637 e 647 Dimostrazione di parte del corso del fiume Elsa sopra al ponte e pescaia del Mulino di San Galgano, Giovannozzi, primi del Settecento, manoscritta e acquarellata

ASSF n. 171, Pianta e Taglio della Steccaia del Mulino di San Galgano, anonima, XVIII secolo, manoscritta e acquarellata

BCSG Sezione storica Misc. C , Fidus, Del Berna mugnaio (A San Galgano ne la vigilia della marcia su Roma) San Gimignano, tip. Pucci, 1923

Note: Si narra che nel 1529 tale Del Berna, mugnaio di San Galgano, ricacciò con i suoi operai e familiari una banda (più di un migliaio) di Spagnoli a cavallo, che avevano risalito l’Elsa giungendo dalle alture di Barberino e Tavarnelle, intenzionati a saccheggiare il mulino. Una tavoletta votiva che illustrava l’evento, dopo essere stata conservata nel Museo dell’Opera del Duomo, è purtroppo andata perduta.

Autore scheda: Annica Gelli

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