La filatura della canapa

Luogo: Castellina in Chianti

Comune: Castellina in Chianti

Descrizione: Elisa Santini ed Emilia Marchetti raccontano, all’interno del primo progetto Ecomuseo del Chianti, il procedimento di lavorazione della canapa e la sua filatura, un tempo usata nella famiglie mezzadrili per la produzione tessile destinata ai bisogni familiari, sia di vestiario che di corredo. L’intervista è stata realizzata da Folco Vettori e Laura Dainelli, che sono andati a trovare le due signore e hanno passato con loro un intero pomeriggio. Il racconto, del quale riportiamo in video soltanto una parte, è ricco di memoria, di saperi, di gesti che le donne hanno imparato nel tempo e che ancora oggi, alcune, conservano come saper fare. Come racconta una di loro, infatti, la filatura della canapa era un procedimento lungo e complesso:

Quando la canapa era matura, nei mesi di agosto, si tagliava e si faceva le casci. Quando era secca si metteva in forno, dopo levato il pane, e diventava asciutta, secca secca. C’era poi un oggetto chiamata maciulla con la quale veniva battuta, maciullata, e rimaneva solo la parte, il filo, la fibra. Ma andava tenuta prima in un pozza d’acqua per una ventina di giorni. Con una tavoletta di chiodi si batteva per ammorbidirla e renderla fina, quella che cadeva si chiamava capecchio e con quella ci si faceva le funi, perché non si buttava nulla.

La canapa ha bisogno di molta acqua per crescere e nei poderi si piantava. Con il filo di canapa, dopo filato bisognava fare la matassa, poi veniva lavata, nelle conche con la cenere, e si faceva il bucato, e spaccava le mani, una volta asciutta la matassa veniva messa nell’arcolaio.

Fonti:

Intervista a Emilia Marchetti ed Elisa Santini a cura di Laura Dainelli e Folco Vettori, raccolta a Castellina in Chianti il 16 dicembre 2009

Note: La video intervista riportata è stata tagliata e rimontata da Pietro Meloni

Autore scheda: Pietro Meloni