Restauratori a Chiusi nell’Ottocento
Luogo: Chiusi
Comune: Chiusi
Data/periodo: XIX secolo
Descrizione: A Chiusi con i primi decenni del XIX secolo le attività di scavo e ricerca archeologica, già presenti durante il secolo precedente, conobbero un notevole incremento, soprattutto ad opere dei grandi proprietari terrieri.
Notevoli e sistematici divennero dunque anche i ritrovamenti di antichità non più legati a scoperte casuali durante la lavorazione dei campi, ma a vere e proprie campagna di scavo progettate a tavolino.
Questa mole di reperti archeologici finì per attirare a Chiusi, come nelle altre città d’Etruria, un gran numero di studiosi o semplici appassionati spesso dediti al commercio d’antichità.
In questo clima di fervente attività culturale e commerciale assunse una notevole importanza la figura del “restauratore”, cioè colui che si occupava di restaurare e ricomporre i materiali che venivano spesso recuperati rotti e mancanti di frammenti.
È bene precisare che il concetto di restauro ottocentesco era assai distante da quello che caratterizza il moderno restauro conservativo in cui qualsiasi azione è finalizzata alla pura conservazione e ogni aggiunta ad integrazione dell’originale deve essere assolutamente riconoscibile e rimovibile; diversamente, scopo del restauro ottocentesco era esaltare il monumento rendendolo gradevole alla vista anche a costo di conferirgli un aspetto diverso da quello originario.
A questo proposito possiamo richiamare l’uso del pastiches in cui i frammenti pertinenti a materiali archeologici diversi venivano forzosamente riuniti a comporre un solo oggetto.
In altri casi partendo da un oggetto fortemente frammentario, si procedeva a sostituire le parti mancanti cercando di imitare per quanto possibile l’originale; questa pratica era particolarmente evidente nella statuaria in pietra fedita, le cui cave presso Chianciano vennero riaperte nel corso del secolo per ottenere la materia prima necessaria ad integrare statue, urne e cippi funerari.
Progressivamente con il fisiologico diminuire delle scoperte e l’aumento della richiesta, si rese necessario passare alla realizzazione di veri e propri falsi che replicavano in maniera estremamente fedele i modelli originali.
All’interno del gruppo di “restauratori” operanti a Chiusi, spicca per abilità Angelo Galanti che nel 1845 aveva aperto il gabinetto di monumenti etruschi proponendosi, anche attraverso annunci su giornali quali la Gazzetta di Firenze di soddisfare “a prezzi fissi oltremodo discreti” la richiesta di antichità etrusche.
Bibliografia:
Faralli, Angelo Galanti: un restauratore-mercante di antichità a Chiusi nell’ottocento, in Rivista di Archeologia XXXVI, 2012, pp. 127 – 136
Barni – G. Paolucci, Archeologia ed antiquaria a Chiusi nell’Ottocento, Milano 1985
Autore Scheda: Luca Nasorri