La Madonna del Bordone di Coppo di Marcovaldo

Luogo: Piazza Alessandro Manzoni – Basilica di Santa Maria dei Servi – Siena

Contrada: Contrada di Valdimontone

Data/periodo: L’opera fu realizzata nel 1261, subì una precoce ridipintura trecentesca ed un restauro settecentesco. Alla fine degli anni quaranta del Novecento, con l’eliminazione della cornice settecentesca che andava a coprire l’iscrizione “A[NNO] D[OMINI] MCCLXI COPP[US] D[E] FLORE[N]TIA ME PI[N]X[IT]”, riprese quasi completamente il suo originario aspetto

Descrizione: Secondo la tradizione orale fu dipinta nel 1261 dal fiorentino Coppo di Marcovaldo per riscattarsi dalla prigionia in seguito alla sua cattura durante la Battaglia di Montaperti del 4 settembre 1260. Data l’influenza artistica che il dipinto esercitò per lungo tempo, Roberto Longhi reputa questa opera come la “prima formula” di quella che sarà la pittura senese successiva ed anche Luciano Bellosi riconosce l’importanza della figura di Coppo di Marcovaldo sulla scena pittorica prima dell’avvento di Cimabue definendolo “la spina dorsale della pittura fiorentina”.

Il dipinto, una tempera e oro su tavola, risulta essere l’unica opera datata e firmata di questo artista e rappresenta la Madonna in trono con Bambino e alle spalle due piccoli angioletti perfettamente conservati, “burberi uscieri celesti” secondo le parole di Miklòs Boskovits. Il panneggio rigido delle vesti, arricchito da striature dorate, sottolinea la volumetria dei corpi in una ricerca di risalto plastico ed effetto drammatico e forza la linea bizantina che fino a quel momento aveva caratterizzato la pittura. L’elaborato trono, con una decorazione assai complessa, presenta una base lignea con foglie d’acanto ed è ricoperto da un insieme di ricchi tessuti, a partire dai cuscini presumibilmente di foggia moresca, per finire con la tela adagiata sulla spalliera lignea tornita che sembra essere una fiandra con decorazioni a labirinto.

Purtroppo il dipinto non è facilmente leggibile nella sua originale stesura in quanto fortemente rimaneggiato già nei primi anni del Trecento da un pittore di cerchia duccesca, forse Niccolò di Segna, che, pur lasciando inalterata l’architettura del trono e la splendida decorazione, trasformò completamente i volti, le mani e gran parte degli incarnati della Vergine e del Bambino. Questa ridipintura fu presumibilmente effettuata per ragioni devozionali, in quanto all’epoca si pensava che il volto della Madonna e del Bambino fossero realmente quelli dipinti sulla più importante tavola della città, la Maestà di Duccio posta sull’altare del Duomo, e un dipinto come questo, tanto legato alla vittoria di Montaperti e oggetto di particolare culto cittadino, non poteva essere lasciato con i tratti non corrispondenti “al vero”.

Durante il restauro effettuato alla fine degli anni quaranta presso l’Istituto Centrale del Restauro di Roma, sotto la direzione di Cesare Brandi, furono effettuate delle radiografie che consentirono di leggere l’autentica opera di Coppo, anche se fu deciso di non rimuovere l’altrettanto pregevole dipinto duccesco che sarebbe presumibilmente andato perduto durante lo strappo. Brandi ipotizzò anche un drastico restauro settecentesco, confermato da Bellosi grazie ad alcuni esami a raggi ultravioletti eseguiti presso l’Università degli Studi di Siena, che rivelarono un ornato molto raffinato nella parte bassa del trono, ormai invisibile ad occhio nudo. La rimozione della cornice settecentesca portò alla luce l’iscrizione “A[NNO] D[OMINI] MCCLXI COPP[US] D[E] FLORE[N]TIA ME PI[N]X[IT]” che confermò in maniera definitiva l’attribuzione a Coppo di Marcovaldo dopo che gli autori delle antiche Guide avevano per lungo tempo conferito l’opera a Diotisalvi Petroni e alcuni storici locali, intorno alla metà dell’Ottocento, ne avevano correttamente ipotizzato la paternità ricollegandola a quella ricordata nell’elenco di Fabio Chigi redatto tra il 1625 e il 1626.

Bibliografia:

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Bellosi L., Precisazioni su Coppo di Marcovaldo, in “I vivi parean vivi”. Scritti di Storia dell’arte italiana del Duecento e del Trecento, Firenze, Centro Di, 2006, pp. 18-19

Boskovits M., Intorno a Coppo di Marcovaldo, in Scritti in onore di Ugo Procacci, M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto (a cura di), Milano, Electa, 1977, pp. 94-105

Brandi C., Il Restauro della Madonna di Coppo di Marcovaldo nella Chiesa dei Servi di Siena, estratto dal “Bollettino d’Arte”, n. II, aprile-giugno 1950, pp. 2-12

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Note: Nel 1569 la Madonna del Bordone venne trasportata in Duomo in occasione delle celebrazioni per la Domenica in Albis; da quell’anno non venne più scelta e Alessandra Gianni suppone che “forse i Medici non gradivano un culto locale legato ad una loro sconfitta”. Relativamente all’origine del nome vi sono varie teorie: c’è chi ha ritenuto che derivasse da una famiglia Bordoni proprietaria della cappella dove la tavola era stata ospitata dal 1569 al 1617, alcuni ritengono che sia la storpiatura della parola condono da riferirsi alla cattura di Coppo ed altri infine rimandano al bastone (bordone) che i pellegrini lasciavano come ex-voto di ritorno da Roma.

Autore scheda: Contrada di Valdimontone, Cristiana Platania

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