Il complesso di San Domenico a San Gimignano

Luogo: San Gimignano

Comune: San Gimignano

Data/periodo: Le prime frequentazioni del rilievo ove sorge il complesso di San Domenico risalgono al periodo etrusco, mentre la presenza di un abitato dedicato al vescovo modenese viene attesta alla fine dell’Alto Medioevo, quando in questo luogo è documentata l’esistenza di un fortilizio vescovile annesso alla chiesa di Santo Stefano in Canova

Descrizione: Il fascino che deriva dalla storia dell’articolato complesso di San Domenico è certamente legato al fatto che l’area è da sempre stata al centro delle principali vicende di San Gimignano.

Le prime frequentazioni del rilievo ove si è sviluppata la costruzione risalgono al periodo etrusco. Nel 1502 i frati domenicani, spianando una collinetta nel proprio orto, rinvennero una tomba dotata di cinque camere ipogee contenenti alcuni reperti. Si trattava, con ogni probabilità, di una delle sepolture presenti attorno al colle di San Gimignano, facenti capo a un insediamento sorto alla sommità del rilievo e frequentato tra l’età arcaica e l’ellenismo. Durante il periodo di dominazione romana, l’area e il villaggio vennero completamente abbandonati.

L’esistenza di un nuovo abitato dedicato al santo vescovo modenese viene attesta alla fine dell’Alto Medioevo. Nel 929, infatti, Ugo di Provenza, re d’Italia, concedeva ad Adalardo, Vescovo di Volterra, il dominio sul monte della torre prope Sancto Geminiano adiacente. I confini riportati nell’atto, facenti riferimento a un territorio troppo vasto per individuare il rilievo menzionato nella cessione, rendono almeno dubbia l’identificazione tra il monte della torre e il promontorio dove sorge il complesso di San Domenico, spesso data per assodata. È comunque certo che questa fu l’area sulla quale il vescovo ebbe sede e dalla quale dominò il villaggio, come indiscusso signore, fino al sorgere dell’istituto comunale. Qui, fino dal 1182, sviluppò una propria residenza turrita annessa alla chiesa di Santo Stefano in Canova, edificio di culto menzionato dai documenti assieme all’omonimo fortilizio vescovile.

Nel 1208 i possedimenti del vescovo, comprendenti canevam, turrem et palatium, vennero occupati da Guido, Useppo e Lambertuccio, principali esponenti di una turbolenta consorteria familiare che si faceva chiamare De Turri o Della Torre, alleata dei potenti Mangeri e avversaria dei Salvucci. In quel frangente il Comune intimò ai De Turri di abbandonare il luogo, ma pochi anni dopo, nel 1211, la famiglia entrò in possesso dell’intera proprietà e la mantenne, con alterne vicende, fino al 1348, quando Pietro del fu Pannocchino e Mone del fu Lamberto De Turri la vendettero a Firenze.

A partire dal 1353, anno della sottomissione di San Gimignano alla città gigliata, si procedette alla costruzione di un convento e di una nuova chiesa, che comportò la distruzione di quella intitolata a Santo Stefano. L’edificio, ad aula unica probabilmente coperta da capriate a vista, era costituito da paramenti in pietra finemente spianati ed era accostato col fianco meridionale a una torre, forse anticamente facente parte del complesso vescovile e convertita in campanile. Entro il 1380 l’ala orientale del complesso era stata completata, articolata su due livelli: al pianterreno ospitava la sagrestia, la sala capitolare, il refettorio, la cucina e un locale forse destinato a ospizio; il piano superiore era il dormitorio dei frati.

Per tutto il XV secolo si susseguirono donazioni e testamenti (spesso elargiti in cambio dell’edificazione di cappelle familiari all’interno della chiesa) che insieme ai contributi del Comune resero possibile l’esecuzione di diversi lavori. Fra il 1475 e il 1477 si mise mano all’ampliamento della chiesa e, nel giugno dello stesso anno, fu possibile procedere alla fondazione del chiostro, per la cui costruzione Tommaso Salvucci aveva donato, nel 1392, 200 fiorini. Tra il 1480 e il 1511 anche le ali settentrionale e occidentale del convento vennero completate e trovò spazio anche una libreria. Col medesimo intervento, un alto muro venne innalzato a racchiudere la piazza antistante il fronte principale delle chiesa.

Nel 1527, forse per un fulmine, crollò una parte della torre campanaria situata sopra il presepio di Ambrogio e Mattia Della Robbia, interno alla chiesa. Fortunosamente il gruppo rimase intatto.

La struttura conventuale, ormai ultimata, divenne oggetto nei secoli successivi di opere perlopiù legate alla manutenzione ordinaria degli edifici o alle esigenze di adeguamento degli spazi a nuove funzioni. Non mancò la cura per le ornamentazioni: nel 1735, fu deciso di ritrarre sulle pareti della sagrestia e dell’atrio del refettorio i cardinali appartenuti all’ordine domenicano, oltre a quattro pontefici.

Nel 1787, la diminuzione costante del numero dei frati condusse il vescovo di Colle di Val d’Elsa, a capo della nuova diocesi inaugurata nel XVII secolo, a proporre la soppressione del convento. La richiesta venne accolta in quell’anno. Anche se inizialmente, in periodo napoleonico, sembrò che i domenicani potessero rientrare in possesso del complesso, i tentativi furono resi vani dalla disposizione imperiale dell’11 dicembre 1807, con la quale la Toscana veniva annessa alla Francia e divisa in tre dipartimenti. Dopo la caduta di Napoleone, al rientro in patria di Ferdinando III di Lorena, il convento sangimignanese restò escluso dalla disposizione di riapertura e fu destinato all’abbandono. Nel 1820 venne venduto a un certo Antonio Turbiglio, intenzionato a trasformare il complesso in una fabbrica di specchi, ma a causa di sopraggiunte difficoltà economiche il progetto non giunse a concretezza e il complesso di San Domenico tornò in proprietà del demanio granducale, che lo mantenne inutilizzato fino al 1833, anno in cui fu convertito in istituto carcerario (e tale è rimasto fino al 1922), subendo una serie di importanti trasformazioni.

Oggi, la struttura è al centro di un ampio progetto di riqualificazione.

Bibliografia:

AA.VV., San Domenico da convento a carcere. La storia per la conservazione, Poggibonsi, Nencini editore, 1996

Fiumi E., Storia economica e sociale di San Gimignano, Firenze, Leo S. Olschki, 1961, pp. 17-20

Pecori L., Storia di San Gimignano, Firenze, Tipografia Galileiana, 1853, pp. 418-422

Autore scheda: Antonello Mennucci

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