Leonardo de’ Vegni
Luogo: Chianciano Terme
Comune: Chianciano Terme
Denominazione: Leonardo Massimiliano De Vegni
Settore di riferimento: Architettura
Data/periodo: 1731-1801
Descrizione: Leonardo Massimiliano De Vegni costituisce un’importante figura degna di essere annoverata tra gli “uomini illustri” di Chianciano.
Per delinearne la biografia di questo stimato chiancianese ci viene in aiuto il suo carteggio (si tratta appunto di lettere inviate ad amici e colleghi come il Ciaccheri o il Del Rosso), strumento importante per uno studio approfondito in quanto, sebbene non sia stato redatto al fine della pubblicazione, ci rivela non solo le attività, ma anche il modo di pensare, le ambizioni ed altre informazioni sullo scrivente, costituendo, in tal senso, una testimonianza indiretta.
La maggior parte delle lettere che il De Vegni scriveva, specie se di una certa lunghezza, erano veri e propri trattatelli su temi ricorrenti (anche se accompagnati da parti suggerite dalle vicende o dall’estro del momento e spesso piacevolissime) come ad esempio lo scritto intitolato Dell’economica costruzione delle case di terra pubblicato dal Del Rosso nel 1793 in appendice ad un suo libro.
Leonardo Massimiliano De Vegni nacque a Chianciano il 12 ottobre del 1731; suo padre Francesco, dottore in legge, per mantenere viva la tradizione familiare, lo costrinse a studiare giurisprudenza, benché avesse mostrato attitudine ed interesse per gli studi umanistici, per le scienze naturali, per la fisica e per la chimica. A Siena, il 3 maggio del 1750, si laureò in diritto civile e canonico (in utroque, come si diceva allora).
Dopo la laurea, dunque, esercitò per qualche anno la professione forense, ma continuando a dedicarsi “a tempo rubbato, e quasi di frodo a’suoi maggiori” agli “studj più dilettevoli e di filologia, scrivendo delle poesie italiane e latine, e molte orazioni panegiriche, […] facendo degli esperimenti sopra gomme, gessi, e terre diverse per l’uso d’alcune arti che ànno gran connessione con quelle del disegno, alle quali fin da i più teneri anni si mostrò inclinato” (come ci informa lui stesso).
Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1757, poté dedicarsi finalmente agli studi prediletti. Così, grazie al podere e ai fabbricati che aveva in possesso ai Bagni di San Filippo, si diede alle ricerche e agli esperimenti sui “tartari” delle acque termali che sgorgano in quei luoghi.
A Chianciano si trattenne fino a novembre 1759, anno in cui si trasferì a Bologna per conseguire la laurea in architettura.
Il 1761 costituì uno degli anni cruciali della vita del De Vegni in quanto pubblicò, a Bologna, la Descrizione del casale e Bagni di San Filippo in Toscana, corredandola di varie sue incisioni. Con questa prima pubblicazione la sua scoperta delle proprietà naturali e dell’utilizzazione artistica dei tartari amiatini, cominciò ad essere conosciuta fuori dalla ristretta cerchia degli amici e dei corrispondenti.
L’unico manufatto, in tartaro, noto del De Vegni, conservatosi fino ad oggi, è il bassorilievo raffigurante il volto di Cristo già inserito all’interno dell’edicola di Porta del Sole (anch’essa progettata da lui) ed oggi custodito nel Museo d’Arte Sacra della Collegiata di Chianciano Terme. L’opera rappresenta Cristo, ritratto di profilo e rivolto verso destra, accolto in una cornice in rilievo; ai lati della testa del soggetto sono incise le lettere alfa ed omega, mentre alla base troviamo questa iscrizione: “MDCCLXXXIV/ L. DE VEGNIS. AEDILIS. D. D. TUTAMQUE PORTAM. AERE PPRIO. ORNAVIT.”.
Il procedimento di lavorazione del “tartaro” – nome attribuito dai vecchi chimici a molti sali derivanti dall’acido tartarico, ma anche al carbonato di potassio – è stato messo a punto dallo stesso De Vegni, che lo scoprì da bambino, mentre giocava in una piccola borgata presso i Bagni di San Filippo. I “tartari”, da lui realizzati con la collaborazione dell’amico scultore Giuseppe Paleari, furono particolarmente apprezzati non solo nell’intera Europa, ma anche nelle Americhe.
L’opera, tenuto conto dell’esposizione agli agenti atmosferici per due secoli, risulta ancora in buono stato conservativo, certamente assai migliore di quanto non lo sarebbe stata se realizzata in pietra.
Tra il 1763 ed il 1764 eseguì la “prospettiva d’una cupola di sotto in su nella sopranominata chiesa della Rosa di Chianciano”, il progetto di una chiesa per Castel del Piano, e quello di “una facciata di chiesa, anzi antitempio per Montalcino”.
Nel 1765 si trasferì con la famiglia a Roma dove fondò una scuola privata d’architettura, nella quale ebbe per allievi anche personalità di spicco nella Roma del periodo, come il principe Baldassarre Odescalchi ed il conte Grossi.
Non trascurò, però, l’attività artistica ed imprenditoriale dei Bagni di San Filippo, anzi verso la fine del 1766 costituì, con Girolamo Gherardini, una società per lo sfruttamento di quei tartari.
Nell’ottobre del 1769 il granduca Pietro Leopoldo, fece visita alla fabbrica dei tartari di Bagni San Filippo e sempre nello stesso anno, un’importante riflessione sul bello e buono in architettura (quello del ripudio polemico della maniera tardobarocca sarà uno dei motivi ricorrenti del suo epistolario e dei suoi scritti), ne incrementò la fama e la stima in seno all’Accademia dell’Arcadia (alla quale fu ammesso proprio nel 1769).
Sappiamo inoltre che il De Vegni fu anche critico e studioso d’arte ed essendo un grande ammiratore del Palladio, lavorò a lungo per l’edizione a cui accenna nella lettera del 23 aprile 1768 “questo grand’Architetto, che mai non leggo senza molto imparare”. In uno scritto del 15 novembre 1773, accenna ad un altro testo: “Oggi mando la Prefazione dell’opera Riccioli [sic] Proporzioni armoniche applicate all’architettura per istamparsi”.
Si trovano inoltre accenni anche ai suoi lavori più impegnativi d’architettura, infatti oltre alla realizzazione di teatri, nella lettera del 4 ottobre 1792, accenna ad un altro suo importante progetto: quello del palazzo Albergotti di Arezzo, in quelle settimane non ancora finito.
Leonardo De Vegni, progettando per le locali Accademie di Montalcino e Foiano della Chiana, edifici teatrali di carattere privato, ed eseguendo, tra il 1792-1798, il disegno per il teatro di Montepulciano e, sembra, anche il progetto del teatro di Sinalunga, di quello dell’Accademia de’ Rozzi di Siena e di quello di Anghiari, conferì alle rispettive planimetrie la morfologia a “ferro di cavallo”, ormai largamente accettata, ed al palcoscenico una dimensione maggiore che alla sala. Anch’egli, come del resto gli architetti a lui contemporanei, alle definite e notevoli qualificazioni formali degli interni non fece corrispondere una veste esterna e non rese la facciata dell’edificio teatrale autonoma, rispetto a quella delle costruzioni circostanti.
Dal 1777 il De Vegni tornò a lavorare anche a Chianciano dove presentò un progetto di copertura della cisterna pubblica di Chianciano (quella della piazza principale, oggi Matteotti), la cui minuta (testo e schizzi) è conservata tra i manoscritti storici e letterari nell’archivio comunale di Sarteano (essi si trovano a Sarteano poiché dal 1777 al 1810, in seguito alla riforma municipale attuata da Pietro Leopoldo, Chianciano perse l’autonomia comunale entrando a far parte di quella Comunità).
Le vedute estetiche e la precisione tecnica del nostro artista appaiono molto chiare da tali documenti, ma il disegno ci permette di comprendere meglio l’aspetto di questa costruzione che, a metà del secolo XIX, è stata demolita per far posto alla fontana attuale.
Questi documenti sarteanesi costituiscono una prova concreta sull’apprezzamento di cui godeva il De Vegni da parte dei suoi conterranei (anche se era negli ultimi anni di vita) e allo stesso tempo fanno accenno alla tempesta che la Rivoluzione francese prima, l’invasione napoleonica poi, avevano cominciato a suscitare nello Stato Pontificio e nel resto d’Italia. Il mondo arcadico –non solo metaforicamente– dei letterati, degli artisti e degli scienziati del Settecento stava scomparendo.
Gli echi dei fatti della Francia non mancarono nemmeno negli scritti inviati al Del Rosso, ma è curioso notare che lo stesso destinatario, nell’annotazione dell’ultima lettera composta, scrisse che “il de’ Vegni tornato a Roma fu assalito da una malattia nervosa, che lo rese stupido, ed in tale stato visse miseramente fino al 22 settembre 1801, nel cui spazio fu tutto saccheggiato e disperso quanto aveva raccolto in libri e frammenti di antichità; ma la perdita di tutte la più irreparabile fu quella dei suoi scritti, disegni e dei moltissimi rami di già incisi né mai pubblicati” e aggiunse che gli si fece fare testamento per distribuire tutto tra parenti e scolari, ma non ci dice se la dispersione non fosse dovuta per caso alla proclamazione della Repubblica romana (15 febbraio 1798) e agli eventi preparatori e conseguenti ad essa. Verrebbe da supporre, finché qualcuno dei documenti smarriti non ci chiarisca la cosa, che i drammatici eventi militari e politici di quegli anni non fossero del tutto estranei alla sua malattia e, forse, alla morte.
Bibliografia:
Maggi D., Memorie istoriche della terra di Chianciano, a cura di Benedetto Angeli, Siena, Edizioni Cantagalli, 1997, p. 127
AA. VV., Leonardo De Vegni Architetto – Chianciano 1731-1801, Atti delle “Giornate di studio” Chianciano Terme, 11-13 Maggio 1984, Siena, Tipolito arteditoria Periccioli di C. Bruno, 1984, pp. 48-148
Autore scheda: Silvia Reali
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