Chiesa Madonna della Rosa a Chianciano Terme

Luogo: Via Madonna della Rosa

Comune: Chianciano Terme

Data/periodo: Ultimo decennio XVI secolo-fine XX secolo

Descrizione: Il tempio della Madonna della Rosa fu disegnato nel 1568 da Baldassarre Lanci, architetto del Duca di Urbino, su incarico dei Consiglieri Comunali di Chianciano e su richiesta della popolazione rurale che reclamava, per sé, “una chiesa bella e ben curata”, come risulta dai documenti dell’archivio parrocchiale. Ulteriore testimonianza che va ad avvalorare quanto sopra riferito, dato che le spese per la costruzione furono in gran parte coperte con le elemosine degli agricoltori, è la presenza di incisioni in vari punti della chiesa (nel campanile, negli stipiti del portale sud, nelle pile dell’acqua santa e su alcuni pezzi del mobilio) che ritraggono un contadino intento nel lavoro di aratura, supportato da due buoi.

Il Lanci, purtroppo, non poté curare i lavori del tempio da lui progettato poiché, per mancanza di denari, vi si lavorò molto più tardi e cioè, nel 1590; l’edificio, dopo varie controversie sorte per determinare la zona prescelta ad accoglierlo, fu costruito sul luogo dove si trovava la Chiesa di Santa Maria in Carcere. Questa chiesetta a cui la popolazione era molto devota e che si ergeva dove, attualmente, è situato l’altare dedicato alla Madonna delle Carceri, venne demolita per realizzare la nuova costruzione. La leggenda narra di un miracolo operato da tale immagine, quando nel 1346 salvò insperatamente, liberandoli dalle catene, i Maggiorenti chiancianesi fatti prigionieri dagli orvietani perché considerati traditori in quanto si erano alleati con la Repubblica Senese. L’affresco che la ritraeva fu quindi posto sul braccio destro della nuova fabbrica.

Poiché da subito si decise di intitolare la Chiesa alla Madonna della Rosa, il 3 novembre 1599, a lavori ultimati, l’affresco della Vergine che in precedenza si trovava presso la Cappella del Crocefisso – Cappella di campagna situata in località le Volpaie – fu trasportato nel nuovo edificio e posto sull’altare maggiore dove tuttora risiede.

La Chiesa, a croce greca, s’innalza su cinque livelli culminanti nella lanterna ed è affiancata da un campanile a vela a due campane. Un’abside semicircolare e scialbata di bianco corona il retro del tempio. L’edificio, costituito sui lati da tre corpi avanzanti, ha impiantato su ogni facciata un frontone con apertura circolare in mezzo. Il nucleo del fabbricato è invece realizzato da una costruzione centrale sopraelevata, culminante con un cornicione dentellato, su cui si innesta la lanterna di forma ottagonale.

I portali delle tre facciate sono infine sormontati da timpani decorati con volti di angeli scolpiti.

L’edificio presenta una particolare grazia nell’articolazione dei volumi: può infatti, per certi aspetti, ricordare le linee, molto più complesse ed ardite, della Chiesa di San Biagio a Montepulciano, opera di Antonio da Sangallo.

All’esterno della costruzione, realizzata in cotto e travertino, il Lanci ha eliminato ogni elemento decorativo, affidandosi esclusivamente alla sobrietà della struttura ed al colore dei laterizi e della pietra elegantemente associati; in questo modo anche i portali, le lesene, le cornici, trovano adeguata collocazione nell’edificio e raggiungono, complessivamente, una pacata armonia.

Internamente, al centro della chiesa, c’è una finta cupola progettata nel 1766 da Leonardo Massimiliano De Vegni. Al suo allievo Luigi De Vegni si attribuiscono invece gli elementi decorativi: quattro finestre con otto coppie di pilastri intramezzati da quattro nicchie che ospitano le statue dei quattro Evangelisti ognuno dei quali ha, accanto a sé, il proprio simbolo – San Matteo è accompagnato dal bue, San Marco dal leone, San Luca da figura umana, San Giovanni dall’aquila.

Se la concezione architettonica è dovuta al De Vegni, attribuibile al senese Giovan Battista Marchetti era invece l’ornamentazione pittorica, la quale però non è più visibile poiché venne successivamente tradotta in una concreta decorazione a stucco da Luigi De Vegni.

Al centro dell’altare maggiore si trova un grande affresco, di un artista senese di fine XIV secolo, raffigurante la Madonna col Bambino e Santi ispirato alla Rosa Mistica (cioè Verginità e Maternità di Maria). La Madonna è rappresentata in trono mentre porge al Figlio una rosa bianca; ai lati, si trovano San Giovanni Battista, con un cartiglio e la croce astile in mano, e San Bartolomeo con la Bibbia ed il coltello: ambedue i Santi sono i patroni di Chianciano. L’affresco manifesta segni di transizione dall’arte medievale a quella rinascimentale sebbene le caratteristiche arcaiche prevalgano preponderanti sugli elementi nuovi. Le figure infatti sono ritratte ancora in ieratica posizione, hanno i nimbi in oro in cui non si accenna ad alcuna soluzione prospettica, il decorativismo, il duro grafismo e l’appiattimento dei soggetti alla superficie prevalgono su tutta la scena denotando quindi una certa ispirazione all’arte bizantina piuttosto che a quella rinascimentale, foriera di quegli elementi atti a rendere corporee e tridimensionali le figure.

Il cinquecentesco altare maggiore, in travertino locale, è rifinito da due lesene e dalla cornice dell’affresco realizzate in marmo bianco e nero di Chianciano – questo marmo, con cui fu realizzato anche l’altare maggiore della Chiesa Immacolata, si trovava nelle colline circostanti Chianciano.

Sul braccio sinistro del tempio possiamo invece ammirare una tela, commissionata e qui voluta nel 1609 dalla Famiglia Angelotti, rappresentante Santa Caterina di Alessandria (con la ruota, simbolo del suo martirio) e San Francesco, ai quali si apre la visione della Trinità.

Sul braccio destro troviamo il già menzionato affresco, di un pittore senese del Trecento, raffigurante la Madonna delle carceri con il Bambino sulle ginocchia, entrambi inseriti in una finta architettura marmorea. Questa come anche la precedente opera ha una cornice in stucco che la racchiude.

Singolari risultano inoltre le statue dei Santi nelle nicchie perché difficilmente sono riconducibili alla storia di Chianciano: Santa Daria; San Giuseppe con il Bambino in braccio (il Bimbo, in genere, è tenuto dalla Madonna); Sant’Anselmo d’Aosta, Arcivescovo di Canterbury ed infine, Sant’Antonio Abate, protettore degli animali, con a fianco un porcellino – questo è il Santo che più si addice alla Chiesa visto che essa fu reclamata dalla popolazione rurale. Al suo interno, infatti, sono ancora presenti gli anelli metallici ai quali si legavano gli animali di grossa taglia, per la benedizione del 17 gennaio, giorno in cui cade la festività del Santo.

Accanto alla porta d’ingresso troviamo infine il monumento sepolcrale di Francesco Bonci Casuccini, figura poliedrica e di notevole rilievo in ambito culturale nazionale che si distinse principalmente per le composizioni musicali sacre. Nato a Chianciano nel 1781, sin da giovane manifestò una spiccata sensibilità per la letteratura e la musica; trasferitosi a Siena intraprese studi di medicina per i quali successivamente andò a vivere a Firenze. Dopo essersi laureato poté dedicarsi definitivamente alla sua vera passione: la musica. Si recò quindi a Vienna per approfondire le proprie conoscenze facendo poi ritorno a Siena dove si cimentò nel canto e si riversò sulla composizione di inni sacri. La produzione fu talmente vasta ed apprezzata che ben presto accrebbe anche la sua notorietà. Verso la metà dell’Ottocento per l’acuirsi di problemi di salute si ritirò a Chianciano, qui con il trascorrere del tempo divenne sempre più profonda la sua devozione per la Madonna della Rosa, che lo spinse a comporre numerosi inni dedicati alla Vergine.

Francesco Bonci Casuccini morì nella notte tra il 6 e il 7 aprile 1857 e, come egli stesso aveva richiesto ai figli, nel 1861 fu posto nella chiesa il monumento funebre, a lui dedicato, realizzato dallo scultore senese Tito Sarrocchi (Siena 1824-1900). L’architettura commemorativa, di gusto ottocentesco, vede inserito all’interno di una nicchia il genio della musica sacra che in una mano stringe un cartiglio recante l’incisione di un brano musicale, mentre l’altra è dolcemente poggiata sulla tastiera di un organo. Ai piedi della figura troviamo un bassorilievo con il ritratto del defunto posto tra gli stemmi delle famiglie Bonci e Casuccini.

Bibliografia:

Ascheri M., Chianciano 1287, Roma, Viella Editrice, 1987, pp. 39-40

Brogi F., Inventario generale degli oggetti d’arte della provincia di Siena 1862-65, Siena, Carlo Nava Editore, 1897

Calabresi I., Cenni sulla storia di Chianciano Terme e sull’arme del Comune, Montepulciano, Tipografia Madonna della Querce, 1979, p.74

Capece M. G., Chianciano Terme, Firenze, Franco Cantini Editore, 1997, p.75

Maggi D., Memorie istoriche della terra di Chianciano, a cura di Benedetto Angeli, Siena, Edizioni Cantagalli, 1997, pp. 94-97

Monaldini E., Guida turistica ed artistica di Chianciano e della Regione Senese meridionale, Roma, Visigalli – Pasetti Editore, 1961, p.48

Morviducci E., L’uomo, la terra, il tempo momenti riflessi della storia di Chianciano, Sarteano Edizioni Luì, 1990, p.52

Paolucci G., Il latifondo illuminato Sviluppo agrario e ricerca archeologica: la famiglia Bonci Casuccini, Quaderni del Museo Civico Archeologico di Chianciano Terme, Siena, Nuova Immagine Editrice, 2007, pp. 29-33

Repetti E., Dizionario geografico fisico storico della Toscana, vol. I, Firenze, 1833

Vagaggini G., Fava della Ciana L., Bosco R., Chianciano sotto lo sguardo del Pavone, Treviso, Gabriele di Marco Editore, 1989, p. 84

Autore scheda: Silvia Reali

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