Il dialetto in Val d’Orcia
Luogo: Val d’Orcia
Comune: Montalcino
Data/periodo: Il dialetto e i modi di dire valdorciani negli ultimi decenni si sentono sempre meno e sono solo i più anziani che talvolta usano espressioni e parole legate ad un modo di vivere che non c’è più
Descrizione: Un modo di parlare semplice, vernacolare, con parole e modi di dire capaci di sintetizzare la vita quotidiana, descrivere oggetti, procedimenti culinari e lavori di campagna. Parole che con il cambiamento della società, dei lavori e del modo di vivere si sentono raramente e che i giovani talvolta faticano a comprendere o non hanno mai sentito come se si trattasse di una lingua straniera e non del modo di parlare dei loro nonni.
A buco ritto: chini, piegati a novanta gradi, sottosopra.
A brollume: all’alba o dopo il tramonto, al primo o all’ultimo chiarore del giorno.
Abboccareccio: attrezzo per chiudere la bocca del forno a legna.
A sette fitte di vanga: molto profondo.
Acquato di terza e di quarta: acquarello prodotto tramite la vinaccia torchiata dell’uva rimessa all’interno dei tini e ricoperta d’acqua per tre-quattro volte.
Appiccio, appicico: mazzetto di ginestre o di scopo da ardere per accendere il fuoco nel camino.
Baganone: giovane uomo amante delle donne e del divertimento che collezionava conquiste amorose.
Balzellare: prendere al balzo, tendere un’imboscata, aspettare qualcosa tenendo sotto controllo la situazione.
Balzo: fascio di grano.
Barcata, barcaia: catasta di legna da ardere, unità di misura usata nella vendita del legname.
Berciare, riberciare: urlare, urlare di nuovo, ripetere urlando.
Billo: tacchino.
Bioccare: nevicare.
Bonzola: vescica del maiale usata per fare gli insaccati.
Brigia, bruciata: metodo per arrostire le castagne sul fuoco con una padella bucata.
Budello culare: tratto del tubo intestinale usato per insaccare impasti di salumi, come il buristo.
Calzolata: attività del carbonaio durante la sistemazione della carbonaia.
Capoveglia: colui che organizzava le feste e i balli nei poderi durante le veglie nel periodo invernale, soprattutto al tempo del Carnevale.
Carrare: disfare le “mucchie” di grano e caricare i “balzi” sui carri trainati dai buoi, al fine di portarli nell’aia per formare nuove “mucchie” di maggiori dimensioni.
Castrino: chi di mestiere castrava gli animali.
Castrone: metodo per cucinare le castagne bollendole in acqua una volta praticata una piccola incisione sulla buccia tramite un coltello.
Cenerone: telo di tessuto spesso e fitto necessario a filtrare il ranno durante il bucato. Veniva fissato a lunghe stecche di legno poste tutt’intorno alla conca di coccio dove erano lavati i panni.
Cestella, cistella: cesto dalla forma di mezzaluna da fissare alla vita nel quale si raccoglievano le olive.
Citto: bambino, ragazzo.
Correggioli: strisce, lacci di pelle.
Crogetti: tipici dolci poveri di Carnevale fritti e ricoperti con zucchero a velo o miele.
Crogiata sul fuoco: abbrustolita.
Cucculo: spuntino per la merenda, accompagnato da un bicchiere di vino, che si faceva durante il duro lavoro nei campi per recuperare le forze perse durante la faticosa opera.
Cudenna: cotenna, cotica.
Da sole a sole: dall’alba al tramonto.
Dentri, dentrami: organi interne degli animali (cuore, polmoni, fegato, intestino, ecc.).
Diavolaccio: dispositivo per la caccia notturna agli uccelli, consistente in una lanterna collocata su un palo e circondata da un sistema di bacchette invischiate disposte come la trama di una ragnatela.
Digrumare: ruminare.
Dilollare: liberare i cereali, i legumi dalla lolla, ovvero da tutte le impurità per mezzo del vento.
Donzelline: sottili strisce o rombi di pasta di pane fritti e cosparsi con un pizzico di sale.
Druzzola: disco di legno cerchiato in metallo lanciato con la mano o con l’ausilio di una cordicella durante lo svolgersi dell’omonimo gioco.
Far cascare il caldo: far abbassare e stabilizzare la temperatura all’interno del forno.
Farina a busso: quantità di farina ad occhio, secondo quanto sembrava opportuno.
Fontone: stagno in prossimità dei poderi, luoghi di macerazione della canapa dopo la raccolta.
Formicola: formica.
Frascarelli: piccoli grumi di pasta composti da farina, uova e sale, bolliti nel brodo.
Friccioli: grasselli di maiale fritti in olio d’oliva.
Frigidaie: affioramenti di acqua nel terreno, porzioni di terreno estremamente umide.
Fune bastarda: fune discordante in forma, lunghezza o dimensione da quelle comunemente usate.
Gallinello: tipo di erba da insalata.
Gatta porcina: irritazione della pelle causata da piccoli insetti.
Gazzilloro: scarabeo verde, coleottero (Cetonia aurata).
Gonzo: pietra tondeggiante tipica del letto del fiume.
Gotino: salume fatto con la guancia del maiale stagionata con sale e pepe.
Gottino: bicchierino, sorso di vino, traslando anche bicchiere da vino di piccole dimensioni divenuto unità di misura.
In due balletti (in quattro balletti): in quattro e quattr’otto, in breve tempo.
Infoiare: incendiare.
In succhio: pianta ricca di linfa in particolari periodi dell’anno, quando l’attività delle radici è estremamente elevata.
La seconda di vacca: la placenta della vacca, espulsa durante il parto dopo la nascita del vitello.
Locio: oca bianca.
Macia: mucchio di sassi
Meo: garzone del carbonaio, dell’età compresa tra i dodici e i quindici anni.
Monda: metodo per cucinare le castagne, bollite senza la buccia esterna, con sale e finocchio.
Mucchia: accumulo di “balzi”, cumulo di covoni di grano.
Panlavato: fette di pane raffermo, tostate e insaporite d’aglio, ammorbidite e condite con brodo di cottura di verdure.
Peschio rovito: ferro per chiudere gli usci del podere e delle stalle, usato una volta riscaldato al fuoco del camino per arricciare i capelli.
Pifferare: germogliare.
Popa: piccola bambola di pasta dolce.
Pottone: persona vanitosa che si considera superiore agli altri e si comporta dandosi delle arie.
Pruzza: prurito.
Ramerino, ramelino: rosmarino.
Ranno: miscuglio filtrato di cenere ed acqua bollente usato per lavare i panni ed i capelli.
Rapastrella: senape selvatica.
Rimettere le gatte rispagliate nella tina: porre ancora nel tino i raspi torchiati della vite, nuovamente separati, per produrre l’acquato o acquerello.
Rosolaccio: papavero rosso.
Sbaccinare le bestie: accudire e pulire il bestiame.
Serrata: piccolo rinfresco preparato dopo il matrimonio dagli amici degli sposi sul cammino verso casa in tavoli imbanditi collocati lungo gli incroci delle strade poderali.
Stecce: monconi di paglia duri e taglienti che rimanevano impiantati nel terreno dopo la mietitura.
Stozzo: vita dura, piena di privazioni.
Suggiolo: metodo per cucinare le castagne, bollite senza la buccia esterna senza altri ingredienti.
Trincagliere: mercante che si aggirava tra i poderi con una valigia o un carretto colmo di chincaglierie e piccoli oggetti d’uso quotidiano.
Troccolone: personaggio molto popolare nelle campagne valdorciane dedito al baratto ed allo scambio.
Tufare: intingere.
Vegliatura: ore di veglia e di riunione nei poderi o nelle stalle durante le serate invernali passate in genere conversando, raccontando favole o giocando.
Zitti come olio: senza farne parola con nessuno, poiché versare olio non produce rumore.
Bibliografia:
C. Cambi, Orcia Miseria. Quando campare era un rimedio, Pisa, Pacini Editore, 2004
Autore scheda: Raffaella Smaghi
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