Mino Maccari “senese spavaldo”

Luogo: Via San Girolamo, 2 – Siena

Contrada: Contrada di Valdimontone

Settore di riferimento: Letteratura, giornalismo, pittura

Data/periodo: Mino Maccari, pittore, giornalista, professore, caricaturista, scenografo, costumista nasce a Siena il 24 novembre 1898. Vive intensamente le stagioni del Novecento sotto il profilo politico e culturale in modo rivoluzionario e antiborghese. Muore a Roma il 16 giugno 1989

Descrizione: La Contrada di Valdimontone ha dato i natali a uno dei maggiori artisti del Novecento, Mino Maccari: pittore, giornalista, professore, caricaturista, scenografo, costumista. Una targa posta nel 1998 sulla facciata di quella che fu la sua abitazione ne ricorda l’evento.

Non è facile descrivere una personalità complessa come la sua, figlia del particolare periodo storico in cui visse: prese parte alla Prima Guerra Mondiale, aderì al Fascismo, divenne poi anti-fascista, partecipò intensamente alla vita artistica del dopoguerra.

Maccari si laurea in giurisprudenza ed esercita la professione di procuratore al tribunale di Siena solo per pochi anni: nel 1924, infatti, inizia la collaborazione al settimanale Il Selvaggio e due anni dopo abbandona la professione legale per dedicarsi anima e corpo alla direzione del giornale. Ne sposta la sede contestualmente ai suoi trasferimenti per l’Italia, come se fosse parte del suo bagaglio: dall’originaria Colle Val d’Elsa a Siena, a Torino fino alla definitiva Roma. Fra i collaboratori più importanti meritano d’essere menzionati Mario Tobino, Renato Guttuso, Carlo Carrà, Vitaliano Brancati, Ottone Rosai, Ardengo Soffici.

Il settimanale diventa parte integrante della sua vita, vi pubblica le sue incisioni caricaturali e satiriche, diventa quasi una sua proiezione: è dichiaratamente fascista, intransigente, spavaldo, rivoluzionario e antiborghese. Il Selvaggio sarà poi lo scenario della sua critica al regime con il famoso articolo di fondo Addio al passato del 1926, in cui dichiara pubblicamente la sua dissidenza al fascismo ufficiale.

Quando si parla di Maccari non si può non soffermarsi su Strapaese, corrente letteraria e culturale che contrapponeva l’importanza del tradizionalismo e dell’essere paesano all’esterofilia e all’essere cosmopoliti; Strapaese si muoveva su un binario parallelo al fascismo con il suo spirito populista, nazionalista e di recupero della cultura rurale tradizionale che trovò terreno fertile nella Toscana di quegli anni.

Questo termine compare per la prima volta ne Il Selvaggio del 15-30 luglio 1926 accompagnato da un disegno di Maccari, La strada che porta a Strapaese. In questa fase della sua vita il nome di Maccari è strettamente collegato a quelli di Curzio Malaparte e Leo Longanesi.

Nel 1928 Maccari pubblica Trastullo di Strapaese, una raccolta di versi, in cui ricerca la musicalità alla base del canto popolare e l’Almanacco di Strapaese per l’anno 1929, una selezione di scritti e poesie. Alla corrente Strapaese si contrappose Stracittà, che voleva un fascismo più moderno, sperimentale, filoeuropeo, rifiutava la realtà preferendole una dimensione quasi magica, accostandosi a Pirandello. Punto di riferimento fu la rivista “900”, Cahiers d’Italie et d’Europe di Massimo Bontempelli, le cui prime quattro copie furono pubblicate nel 1926 in francese. Particolarissima la mostra Dux, inaugurata solo per pochi amici l’11 agosto 1943 nella sua casa romana al Cinquale in una pausa dei bombardamenti sulla capitale.

Doveroso ricordare la sua attività d’illustratore di libri: nel 1934 realizza sedici piccole incisioni per La Vecchia del Bal Bullier, nel 1947 collabora con Anna Banti al suo romanzo Artemisia, nel 1951 esegue le celebri tavole per Bestie del ‘900 di Aldo Palazzeschi, nel 1985 quelle per Il gusto di vivere di Giancarlo Fusco curato da Natalia Aspesi, per concludere con le incisioni del 1962 per i Sonetti del Burchiello.

Nella sua carriera giornalistica lavora come caporedattore a La Stampa, sotto la direzione di Curzio Malaparte, collabora con QuadrivioItalia LetterariaL’Italiano e Omnibus di Leo Longanesi, Il Primato di Ottone Rosai, Il Mondo di Sergio Pannunzio, Documento di Federico Valli.

Come pittore espone alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e di San Paolo del Brasile, alla Gallery 63 di New York.

Maccari fu anche scenografo e costumista: tra il 1941 e il 1975 mise in scena nove spettacoli a Roma, Venezia, Firenze, Siena, Milano e Spoleto. Celeberrimo fu l’allestimento per Il Turco in Italia di Gioacchino Rossini al Teatro Eliseo di Roma, nella stagione dell’Anfiparnaso del 1950, con la direzione di Gianandrea Gavazzeni e Maria Callas nel ruolo di Fiorella. Fondamentale fu la collaborazione con Eduardo De Filippo con cui raccolse importanti successi: al Piccolo di Milano con Il signor di Pourceognac (1960), a Firenze per il Maggio Musicale Fiorentino con Il Naso di Dimitri Sciostakovich (1964), il Falstaff di Giuseppe Verdi (1970), per concludere con Gli esami non finiscono mai al Teatro della Pergola (1973).

Nel 1973 per la Settimana Musicale Chigiana allestì Il Convitato di pietra di Giuseppe Gazzaniga, con scene popolate da folletti danzanti immersi in un fondo rosso vivo con pipistrelli, ominidi, cavalli dai contorni sfumati quasi fossero apparizioni e ombre.

La sua ultima fatica teatrale fu Il telefono di Gian Carlo Menotti per il Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1975 con la regia di Franca Valeri.

La sua città natale gli riconosce il tributo più alto con l’incarico di dipingere il Palio del 16 Agosto 1970 vinto dalla Contrada della Selva.

Bibliografia:

Briganti G., D’altro non siamo ricchi se non di disegni, in Mino Maccari, catalogo della mostra, Siena, Palazzo Pubblico (23 luglio-15 ottobre 1977), Firenze, Studio per edizioni scelte 1977, pp. VII-VIII

Di Pino Giambi S., Maccari illustratore di libri, in Mino Maccari, catalogo della mostra, Siena, Palazzo Pubblico (23 luglio-15 ottobre 1977), Firenze, Studio per edizioni scelte, 1977, pp. 121-123

Guerrieri P., Strapaese, in Mino Maccari, catalogo della mostra, Siena, Palazzo Pubblico (23 luglio-15 ottobre 1977), Firenze, Studio per edizioni scelte,1977, pp. 11-18

Bucci M., Su Maccari a teatro a Firenze soprattutto, in Mino Maccari 1898 – 1989. «Il genio dell’irriverenza»Mostra Antologica 1921-1989, Firenze, Edizioni Città di Lugano – Edizioni Pananti, 1992, pp. 45-47

Paloscia T., Antologia critica, in Mino Maccari 1898 – 1989 «Il genio dell’irriverenza»Mostra Antologica 1921-1989, Firenze, Edizioni Città di Lugano – Edizioni Pananti, 1992, pp. 92-95

Note: Il breve brano seguente è un esempio dell’indipendenza di pensiero di Mino Maccari tratto da Addio al passato, pubblicato ne Il Selvaggio nel 1926:

“Gli episodi politici o pseudo politici, i loro sviluppi e le loro vicende, non ci interessano più (…). Noi sentiamo bene che oggi non è permesso a chiunque fare della politica. Col fascismo, la politica è arte di Governo, non di partito (…). Non c’è che l’arte. L’arte è l’espressione suprema dell’intelligenza di una stirpe. Una rivoluzione è anzitutto e soprattutto un atteggiamento e un orientamento dell’intelligenza. Dunque dalla produzione artistica noi avremo l’indice del valore di una rivoluzione. Il discorso del Duce alla Mostra del Novecento conferma tale concetto: esso ha pesato in modo decisivo sulla crisi del Selvaggio, il cui atteggiamento aveva già tutti i caratteri d’una manifestazione artistica; sicché nessun potrà meravigliarsi dell’avere il Selvaggio chiuso il suo periodo squadristico ed eletto a compito d’una sua nuova vita la coltivazione dell’arte.”

A Colle Val d’Elsa è giunto alla V edizione il Premio Satira Grafica Mino Maccari organizzato dall’omonima Associazione Culturale e aperto a tutti gli studenti delle Scuole Medie Superiori.

Autore scheda: Contrada di Valdimontone, Chiara Pavolini

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