I soprannomi della Civetta

Luogo: Via Cecco Angiolieri – Siena

Contrada: Contrada Priora della Civetta

Data/periodo: Dal 1150

Descrizione: Chi non avesse una chiara idea dell’immagine di se stesso offerta al mondo è bene che si affidi al suo soprannome. Quasi sempre rimarrà però contrariato. Perché assai difficilmente lo troverà confacente alla sua opinione. Anzi, spesso se ne sentirà addirittura un po’ offeso, anche se mai oserà dichiararlo.

Se però ce l’avrà, il soprannome. Perché avercelo non è da tutti. Per esempio, le persone autorevoli non ce l’hanno, se non da bisbigliare in segreto, e sarà forse un poco malevolo. Lo stesso le persone serie. Quelle seriose, invece, possono avercelo, ma sprezzante, e però il popolo non se ne appassionerà. Le donne ce l’hanno meno degli uomini, i vecchi meno dei giovani, anche perché invecchiando spesso lo perdono, i “lezzi” meno dei paciosi, i buoni e i tonti ce l’hanno quasi sempre, i cattivi e maliziosi più di rado, gli intelligenti antipatici di sicuro, e terribile, gli intelligenti simpatici ce l’hanno spesso e a volte troppo gratificante, gli sciocchi ce lo avranno per forza e speriamo allora che non sia troppo sfacciatamente eloquente.

Attribuire ai soprannomi soverchia importanza, come direbbero gli studiosi, non conviene, men che mai pretendere che dicano qualcosa sullo spirito intimo della comunità che li esprime, peggio ancora sulle sue caratteristiche etniche o storiche, men che mai sulla sua riconoscibilità fra tutte le infinite comunità degli umani. Ma questa è un’opinione, quella di chi pensa che i nomignoli sedimentino soltanto una congerie di ricordi di vita, quasi sempre ridanciani, vivaddio, fra una ristretta cerchia di amici e conoscenti, che solo loro riguarda, e per un tempo limitato a qualche decennio. Il che non è molto, ma nemmeno molto poco.

Se dunque vogliamo sedimentare anche noi un grumo di tali ricordi, facciamolo pure, ma senza altre pretese. Sarà allora facile snocciolare una qualche tiritera con i nomignoli circolanti in questa minuscola parte di universo gravitante attorno alla Civetta.

Ed ecco allora sulle lastre del Castellare che fu degli Ugurgieri… toh!… un soprannome anche questo! Chi lo avrebbe mai detto! Quello di Ugo di Ruggero, signorotto del contado inurbato in questa parte di Siena attorno al 1150. Sulle pietre del suo antico marciapiede di casa, si diceva, ecco avanzare un po’ dondolante un primo esemplare di Gufo, immancabile, seguito dappresso da un fratellino Gufino, c’era da aspettarselo. Meno scontato lo sgambettare lesto di un Fagiano, ovviamente di pedina, con la vispa capocchietta crestata scattante qua e là in vetta alla sua alta figurina. Anche dietro di lui pigolava un fratellino e tutti videro che era una Starna. Uno che ciondolava da tutte le parti fu il Molla, un altro scoprì di avere la pelle delicata come il Bamby cerbiatto, tutti ci credettero poco, ma lo chiamarono il Bamba. Uno fissato col fuoco, per non dire un piromane, fu il Piro, ma disgrazia volle che anni dopo nacque un suo omonimo, il quale cerca ancora di capire perché lo chiamino Pirino. Lo Svampa impuzzoliva tutti colle sue sigarette e il fratellino innocente fu detto Svampino. Un’inesauribile fucina di emerite cazzate fu il Fuci, ma presto superò se stesso e divenne Superfuci. Da dietro uno spigolo occhieggiava il musetto arguto del Talpa, pronto a scappare se lo inseguiva lo Iena, mentre a difenderlo correva un fissato con le pistole, ovviamente di marca Macine. Il Bocca quando rideva si teneva gli orecchi perché non gli si strappassero, il Dumbo lasciava perdere perché gli s’erano già strappati di suo. Il Quo la bocca ce l’aveva invece come suo zio Paperino. Un certo Mauro da piccino parlava quasi meglio di ora, ma a chi gli chiedeva come si chiamasse rispondeva Mao, e quando, cresciuto, pensò di figliare produsse il Maino. Mentre Remino produsse Remina. Un tale Bobo, spregevole fusione di nome e cognome, originò invece una bella Bobina. Un cittino, simpatico e carino, con gli occhialoni a culo di bicchiere, non ci crederete mai, ma era uguale identico a Andreotti. Un fissato dello Scarpantibus di Arbore e Boncompagni divenne per sempre lo Scarpa. Uno sciagurato sfogo adolescenziale ridusse la faccia di un tale come un Fragolone rubicondo che gli rimase addosso per tutta la vita. Un tizio era Edu, il perché bisognerebbe domandarlo al Magone. Già che ci siete domandategli anche che vuol dire lo Squicche. Davanti al Taurus che aveva un collo come un querciolo, i cittini vestiti di rosso scappavano a gambe e si capisce bene perché. Così come il Fisichino si spiega da sé. Quando arrivava un tale pasticcere si sentiva gridare: “sono arrivati i Bigné!” E allora tutti lo pigliavano a morsi. Qualcuno si contentava soltanto di un Chicco. Altri di dare appena un morsino al Grissino, ma da quanto era secco, gli si rompeva un dentino. Da ultimo veniva Domenico che di cognome faceva Smorto e a mettergli un soprannome gli si farebbe un torto. 

Autore scheda: Contrada Priora della Civetta, Carlo Agricoli

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