Castello Gori Martini a Serre di Rapolano

Luogo: Serre di Rapolano

Comune: Rapolano Terme

Descrizione: Ci troviamo nell’antico borgo di Serre di Rapolano, in posizione arroccata tra la valle dell’Ombrone, le colline del Chianti, la val di Chiana e la val d’Orcia. Quello che comunemente viene denominato “Castello Gori Martini” è un complesso architettonico che si sviluppa in vari blocchi, organizzati su una superficie di circa 1600 metri quadrati che comprendono il palazzo, adibito ad abitazione padronale, il granaio, l’oliviera e il giardino pensile, che ospita altri edifici che hanno funzione di fattoria (come la torre, la casa del fattore e la serra).

Entrando nel borgo, oltrepassata quella che un tempo era la Porta Serraia, troviamo il palazzo, collegato al giardino pensile da un passaggio pedonale soprelevato. Il giardino sorge sui resti della fortezza bizantina, nucleo originario del borgo fortificato, che si presentava come un castrum altomedievale dalla struttura difensiva assai complessa, costruito probabilmente durante la guerra greco-gotica (535-553), dal quale si controllava il passo della valle circostante (da qui il nome “Serre”, che sembra derivare proprio dall’azione di sbarrare, “serrare” le vie d’accesso ai nemici).

In età ottoniana, attorno alla metà del X secolo, il borgo sorto attorno al cassero venne inglobato all’interno per ordinanza imperiale e circondato da mura. La cinta muraria fu rafforzata ai tempi di Federico Barbarossa (1154-58), quando sorse anche il primo nucleo del palazzo, edificato accanto alla Porta San Lorenzo come sede della curia imperiale, che oggi ospita il Museo dell’Antica Grancia e dell’Olio. Il complesso originario era formato da un largo torrione, al quale furono successivamente aggiunte altre strutture difensive a sporgere oltre le mura.

Nel 1234 Federico II assegnò il castello come feudo alla famiglia Cacciaconti, ponendo fine alla sua funzione imperiale; dalla seconda metà del secolo parte degli edifici passò alla Spedale Santa Maria della Scala di Siena, che trasformò il complesso in grancia dotata di granai, tinai, oliviera e fienile.

Sul finir del secolo, decaduti i Cacciaconti, si formò un comune rurale sotto il dominio di Siena, che durò fino al 1777. Giovanni dei Cacciaconti, ultimo erede della famiglia, vendette il Cassero di Serraia e altri possedimenti al mercante senese Giovanni De’ Rossi nel 1373. La famiglia del mercante fu in seguito coinvolta in una congiura contro Siena e cacciata dalla città nei primi anni del Quattrocento. Ciò che era rimasto del castello, che aveva subito gravi danni, fu concesso dalla città di Siena allo Spedale Santa Maria della Scala, che ne riedificò le strutture.

Il complesso passò nella metà del Settecento alla famiglia d’Elci, che già vantavano proprietà nel territorio. Dai d’Elci fu quindi ceduto alla famiglia Martini di Siena, che nella seconda metà del Seicento si unì alla famiglia Gori. Nell’Ottocento Federico Gori Martini, fiorentino di nascita ma vissuto alle Serre, fece attrezzare una grande oliviera e progettò un piccolo teatro con palchetti, dando anche inizio alla realizzazione del bosco all’inglese, un parco situato sul terreno digradante della scarpata delle Carbonaie. Intorno al 1885 uno dei figli di Federico, Venustiano, fece ristrutturare il palazzo in stile neo-gotico dall’architetto Augusto Corbi, tra i più stimati ed operosi professionisti della Toscana meridionale nel secondo Ottocento.

La facciata del palazzo è in travertino e presenta alla base un’alta zoccolatura che varia in altezza per adeguarsi alla pendenza della piazza. Al centro della facciata, una sobria scalinata conduce al portone d’ingresso, coronato da un arco “senese” (abbinamento di un arco acuto e di un arco ribassato sulla stessa linea d’imposta), che porta lo stemma della famiglia Gori Martini ed è affiancato da due leoni che tengono una sfera tra le zampe. Questo livello è percorso da una serie di finestre rettangolari, culminanti ad arco ribassato, e da file parallele di conci di pietra aggettanti, ripetute anche al piano superiore come citazione decorativa dell’architettura antica. Il piano nobile è inquadrato da due cornici a dentelli che sottolineano la serie di bifore con colonnette che sostengono, sopra ai capitelli corinzi, archi a sesto acuto sovrastati da un occhio circolare. In sommità, la facciata mostra un coronamento aggettante, con un parapetto sostenuto da archetti impostati su beccatelli a semi-piramide rovesciata e una sovrastante merlatura.

L’interno è organizzato in cinque livelli, di cui due sottoterra adibiti a cantina e magazzini, e gli altri tre che costituiscono la zona abitativa. Il piano terra ospita un salone, oltre a varie camere e sale, al secondo piano è la cucina con il caminetto in pietra serena; l’ultimo piano, invece, era quello riservato alla servitù. La parte dell’ingresso e del salone risulta riccamente decorata con stucchi e dipinti nelle volte a crociera e sulle pareti, con motivi geometrici e fogliacei e stemmi araldici dai colori intensi. Questo tipo di decorazione, di origine medievale, è riproposta in maniera ricorrente come revival nelle produzioni decorative tra Ottocento e Novecento. Il soffitto è in parte dipinto, in parte in legno intarsiato. L’autore delle pitture sarebbe da identificarsi con Gaetano Brunacci.

Bibliografia:

Anselmi Zondadari M. (a cura di), Architettura e disegno urbano a Siena nell’Ottocento tra passato e modernità, Società Editrice Umberto Allemandi, Torino, 2006

Guiducci A.M. (a cura di), Le Crete senesi, la Val d’Arbia e la Val di Merse, Milano, Mondadori, 1999

Lecchini E. e Rossolini S., Un popolo un castello. Storia delle Serre di Rapolano, Alsaba Ed., Siena, 1993

Savelli D., Rapolano Terme, Serre di Rapolano e dintorni: guida storico-artistica, Nidiaci Grafiche, Siena, 1998

Note: All’interno del borgo di Serre di Rapolano sono da segnalare anche la quattrocentesca cappella di Piazza, la cappella gotica dei Cacciaconti, l’oratorio barocco dedicato a Santa Caterina e la chiesa dei Santi Lorenzo e Andrea, che conserva affreschi tre-quattrocenteschi.

Autore scheda: Agnese Fanti

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