Il tabernacolo di piazzetta delle Due Porte

Luogo: Piazzetta delle Due Porte – Siena

Contrada: Contrada della Pantera

Data/periodo: Fine secolo XIII – inizi secolo XIV

Descrizione: Questo bellissimo affresco, raffigurante la Madonna in trono con il Bambino, è soltanto il frammento centrale di una composizione originariamente di più vaste dimensioni. E’ il Macchi ad informarci che nel dipinto, oltre alla Vergine con Gesù, erano effigiati anche altri personaggi: lo storico settecentesco, scrivendo la cronologia delle mura di Siena, giunto a parlare delle Due Porte scrive che all’esterno del duplice arco “… ci fu dipenta la B.V.M. con Sant’Anzano Battista e altri Santi come si vede hoggi”. E’ da notare che attualmente l’affresco, pur essendo ancora applicato sul muro su cui venne dipinto – e dal quale non è stato staccato neppure in occasione di due recenti interventi di restauro – si viene a trovare inserito all’interno di una sorta di nicchia profonda circa 25 centimetri. Questo lascia supporre che successivamente al Macchi, ma probabilmente sempre nel corso del XVIII secolo, la muraglia sia stata ingrossata e che la superficie pittorica laterale al gruppo della Madre con il Figlio, se ancora esistente, sia rimasta imprigionata sotto la nuova cortina di mattoni. Purtroppo il Macchi ricorda solo la figura di S. Ansano, senza precisare quali altri Santi vi fossero dipinti. Si trattava, probabilmente, degli altri tre Protettori di Siena solitamente raffigurati insieme ad Ansano: S. Savino, S. Crescenzio e S. Vittore o S. Bartolomeo. Sarebbe interessante sapere se si trattava di S. Vittore o di S. Bartolomeo perché questa indicazione consentirebbe di stabilire, con approssimazione, la data di esecuzione dell’affresco. Infatti nella vetrata circolare dell’abside del Duomo di Siena – attribuita a Duccio di Boninsegna e databile alla fine del XIII secolo – ai lati della Madonna Assunta sono raffigurati Ansano, Savino, Crescenzio e Bartolomeo, mentre nella Maestà, dipinta da Duccio fra il 1308 e il 1311, Bartolomeo è stato sostituito da Vittore. Se, grazie ad una remota e fortunata combinazione, sotto ai mattoni si trovassero ancora brani dell’affresco trecentesco, questi sarebbero limitati, almeno sul lato destro della Madonna, solo alla figura più vicina al trono, poiché a circa 50-70 centimetri dal bordo della nicchia che racchiude la Vergine è stata aperta una finestra.

Nel lato opposto, invece, la superficie più ampia offrirebbe maggiori possibilità di rinvenire, se ancora conservati, i resti dell’affresco. Anche la figura della Madonna, dotata di un’ampia aureola a rilievo, è stata ridotta ed ha sofferto la perdita di parte delle gambe. La critica si è interessata a questo tabernacolo dal 1924, quando il Perkins, nelle note alla Guida to Siena di William Heywood e Lucy Olcott, lo considerò come un prodotto della scuola di Duccio di Boninsegna.

Nel 1955, successivamente ad un intervento di restauro, il Carli ricordò il nome di Duccio, sia per l’alta qualità del dipinto, sia per la coincidenza che Duccio aveva abitato nei pressi delle Due Porte: prima all’esterno, in quella “Casa Muciatti” in cui dipinse la Maestà, poi all’interno, forse nei pressi della casa attualmente segnata dal n. civico 89. Ma, a parte questa suggestiva ipotesi, lo studioso avvicinava l’affresco alla produzione del duccesco Maestro della Maestà n. 565 di Londra. Il Carli, che aveva intuito la riduzione del dipinto, evidenziò anche alcune caratteristiche che rendono l’affresco peculiare nella pittura senese degli inizi del Trecento: in primo luogo il trono su cui siede la Vergine, raffigurato “a commesso di riquadri in marmi policromi che, con effetto prospettico assolutamente eccezionale per l’epoca, si incurvano a formare una sorta di esedra semicircolare sormontata da una calotta a quarto di sfera”.

Un altro rarissimo particolare iconografico è il volume rilegato che il Bambino tiene con una mano. Nel 1956 il Volpe contestò l’attribuzione duccesca del Carli proponendo, sulla base di un confronto con i celebri affreschi raffiguranti scene di vita coniugale del Palazzo Civico di San Gimignano e con il S. Giacomo Maggiore e il S. Giovanni Evangelista, della chiesa di S. Jacopo sempre a San Gimignano, di assegnare il tabernacolo ad un artista attivo nell’orbita di Memmo di Filippuccio. Giudizio, questo, condiviso in seguito anche dal Previtali.

Il Torriti, recentemente, ha ricondotto il dipinto nell’area della scuola di Duccio. Una tradizione identifica in questa Madonna l’immagine a cui venivano offerte, come ex voto, le mantelle dei bambini guariti da malattie, che avrebbero dato origine al toponimo di Pian dei Mantellini. La Contrada della Pantera, nel cui territorio sono comprese le Due Porte, nel XVII secolo offriva a questa Madonna le vittorie ottenute nelle feste pubbliche. Nel 1984 l’affresco è stato nuovamente restaurato a cura del Monte dei Paschi di Siena.

Bibliografia:

Leoncinini A., I tabernacoli di Siena arte e devozione, Siena, Nuova Immagine, 1994, pp. 48-51

Autore scheda: Contrada della Pantera, Stefano Bertoldi

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