Pieve di Marmoraia – Casole d’ Elsa

Luogo: Marmoraia

Comune: Casole d’Elsa

Data/periodo: 1047-1554

Descrizione: Da un documento del 17 agosto 1047, all’interno del materiale archivistico dell’Abbadia a Isola, con il quale Sindrada, vedova di Tegrimo dei Lambardi di Staggia, vende un manso nel territorio della “plebe sancte Marie sito in Marmoraia“, ricaviamo il primo dato certo sull’esistenza della Pieve di Santa Maria (poi S. Gervasio) a Marmoraia. Nel corso del 1100 i documenti ci parlano di Marmoraia e di Nagli come luoghi a cui faceva capo una curtis, cioè una circoscrizione fondiaria e amministrativa che solitamente era di pertinenza di un castello. Non c’è dubbio che Marmoraia con le sue fortificazioni fosse un insediamento incastellato: con la sua corte, dove avevano beni e diritti gli abati dell’Isola, con le sue pertinenze, protette da possenti strutture architettoniche, ma anche con la sua pieve presso il cui altare furono stipulati importanti accordi fra il Comune di Siena e il Vescovo di Volterra per i diritti su Montieri. Nel corso del Duecento le fonti scritte ci parlano di una forte dipendenza della pieve di Marmoraia dalla Badia a Isola, che con i suoi abati minava i tentativi dei pievani di accampare diritti su pertinenze religiose del Montemaggio.

Nonostante il piviere di Marmoraia annoverasse ben nove suffraganee, tra il 1275 e il 1303 sappiamo che non era tra le chiese più ricche, anche se in questo periodo l’edificio religioso venne modificato e adattato al gusto dell’epoca.

L’abitato ha la caratteristica di conservare ancora gran parte della fortificazione medievale, costituita dalle torri cilindriche e dalla cortina muraria in cui si aprono arciere e archibugiere e che nasconde la facciata della chiesa. Ad essa si accede attraverso una porta presente nella cortina muraria difensiva, che presenta una croce a otto punte sul concio di chiave. La chiesa è una edificio a tre navate, con abside semicircolare: esternamente si presenta come un compatto volume che non mostra la divisione spaziale dell’interno e tutto il paramento murario è in calcare massiccio. La facciata in origine era a salienti ed in essa sono visibili i segni di vari interventi di restauro effettuati nel corso del tempo. Internamente la chiesa è divisa in tre navate costituite da quattro campate ciascuna, la copertura è a capriate lignee.

Nel transetto a destra dell’altare maggiore è murata una lapide il cui testo, in un latino medievale, sembra descriva un delitto.

Il castello fu distrutto nel 1554, ma l’edificio plebano non subì grosse trasformazioni.

Bibliografia:

AA.VV, Chiese medievali della Val d’Elsa. I territori della Via Francigena – Tra Siena e San Gimignano, Empoli, Editori dell’Acero, 1996

Cammarosano P., Passeri V., Città, borghi e castelli dell’area senese-grossetana, Siena, Amministrazione Provinciale di Siena, Assessorato Istruzione e Cultura, 1984

Il Chianti e la Valdelsa senese, collana “I Luoghi della Fede”, V. Baldacci, C. Silla (a cura di), Milano, Regione Toscana, Mondadori editore, 1999

Moretti I., Stopani R., Chiese romaniche in Valdelsa, Firenze, Salimbeni, 1968

Repetti E., Dizionario geografico, fisico e storico della Toscana, 3, Firenze 1883

Note: Nel transetto a destra dell’altare maggiore è murata una lapide il cui testo, in un latino medievale, sembra descriva un delitto.

” Millenus duecentenus cum bis duodeno
Tertius annus erat, cum Cornu Chrismate pleno
Bonfilius praesul, temeraria quam violavit
Hanc manus Ecclesiam, sacra dando purificavit.
Bondominus Plebanus erat, qui tempus amarum
Hic celebri sumptu, sed absilitatis amicum
Fasus avaritiae foedus reprobavit iniquum.
Si, Lector, quaeris, quid commoditatis habetur;
Criminis huc veniat si quis, qui mole gravetur,
Dico tibi, sic est, a Summo Praesule rerum
Quadraginta tibi laxatur poena dierum,
Atque pari studio venientes conciliantur,
Quae venalia sunt septena parte levantur.”

Autore scheda: Cristina Cicali

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