I percorsi del Museo del Bosco di Orgia

Luogo: Orgia

Comune: Sovicille

Data/periodo: 1993

Descrizione: Il Museo etnografico del Bosco, conosciuto come Museo del Bosco è stato realizzato ad Orgia nel 1993. Come scrive Becucci: collocato in una piccola frazione ai margini di un’area boschiva, ampia e disomogenea, il Museo propone una lettura antropologica del passato recente di queste zone, dando ampio spazio a contaminazioni interdisciplinari e proponendo una metodologia di lavoro di ricerca ancora poco conosciuta. Molti degli spazi, evocati nel Museo, le tracce che l’uomo ha lasciato nel territorio, possono essere osservati direttamente dal visitatore percorrendo i cinque sentieri dove alla riflessione antropologica si aggiunge quella naturalistica.

Il primo itinerario, la Passeggiata del Conte, si snoda intorno all’area di Orgia. Dal Museo si sale verso Borgo Lozzi per giungere al parco della villa padronale che domina il paese. Questa sorge sulle rovine dell’antico castello di Orgia del 1073, luogo conteso e posto in  posizione strategica lungo la strada massetana che univa Siena a Massa Marittima. In questo castello si stabilì la sovranità senese durante l’alleanza con Federico II contro gli Aldobrandeschi. Attraverso una oliveta terrazzata si raggiunge la pieve di Orgia ed infine il museo.

Il secondo itinerario, le Carbonaie, come dice il nome stesso, celebra il lavoro dell’uomo all’interno del bosco, e diviene non solo un piacevole percorso ma anche un momento di riflessione, osservazione e scoperta. In particolare viene sviluppato il tema delle carbonaie, aree ai margini del bosco adibite alla fabbricazione del carbone di legna. Il percorso didattico offre spunti di tipo antropologico come la ricostruzione di una carbonaia, di un capanno e di una fornace per la calce, ma rappresenta anche un viaggio attraverso l’ambiente naturale del bosco di Orgia, area che non a caso rientra nell’ambito della Riserva naturale della Provincia di Siena “Alto Merse”. Le specie arboree presenti sono il risultato dell’azione dell’uomo che ne ha favorito con la piantumazione la diffusione. I castagneti presenti nel bosco, ne sono un esempio, sostituiti in alcune aree da rimboschimenti artificiali di pino marittimo introdotto in queste aree dal secolo scorso fino ai primi anni ’40. Diffuso è il leccio che rappresentava una importante risorsa boschiva sia per il legno che per le ghiande utilizzate per pasturare i maiali. Inoltre, di questa pianta, venivano utilizzate le “galle” che sono delle escrescenze prodotte dal leccio per difendersi dalla puntura di insetti come api o vespe. Le uova vengono deposte sulle foglie o sui rami e, una volta schiuse, crescono all’interno della galla nutrendosi della sostanza zuccherina di cui sono ricche. Questa veniva utilizzata nella conciatura delle pelli e per uso medicinale.

Il terzo itinerario, il Romitorio, percorre l’antica strada di Fuserna. Tra le particolarità del percorso si trova un essiccatoio per le castagne, utilizzato da chi aveva una quota di castagneto per produrre la farina di castagne.

Il quarto itinerario, il Fiume, percorre la zona prossima al Merse, permettendo l’osservazione dell’ambiente fluviale, in particolare delle formazioni ripariali. Nella porzione più prossima all’acqua, soggetta a sommersioni e su materiale grossolano, troviamo il saliceto arbustivo con pioppi. In quest’ultimo sono prevalenti i salici come Salix purpurea, S. alba, S.eleagnos. Nella porzione più arretrata, soggetta ad inondazioni meno frequenti e con inizio di suolo, si trovano formazioni arboree come l’ontano (Alnus glutinosa) con frassino (Fraxinus oxycarpa), il carpino bianco (Carpinus betulus), il pioppo tremulo (Populus tremula) il cerro e l’acero campestre. (De Dominicis, 1996). Il fiume Merse ospita inoltre specie faunistiche quali il granchio di fiume (Potamon fluviatile) che scava tane profonde negli argini ombrosi dove trova muschi, alghe e foglie ghiande e castagne di cui si nutre. Fanno anche parte della sua dieta, anellidi, molluschi, crostacei, insetti.

L’ultimo itinerario di 21 km raggiunge Castiglion che Dio Sol Sa un castello a 326,7 metri che domina i boschi della Val di Merse.

Bibliografia:

Becucci S., l’esperienza del Museo del Bosco, tra ricerca, didattica e interazione con il territorio. Un esempio di coesistenza possibile, in R. Francovich e A. Zifferero (a cura di), “Musei e Parchi Archeologici”, Ed. all’Insegna del Giglio, Firenze 1999, pp. 379-387

De Dominicis V. et al., Analisi e valutazione delle Emergenze naturalistiche in “Studio Fitoecologico e proposte gestionali per le 11 Riserve Naturali della Provincia di Siena”,  Amministrazione Provinciale di Siena, 1996.

Le Riserve Naturali della Provincia di Siena, Amministrazione Provinciale di Siena, Editrice le Balze, Montepulciano, Siena, 2001

Documenti:

Becucci

Note: per la realizzazione delle carbonaie si creavano delle piazzole pianeggianti non esposte al vento su suolo non troppo sciolto per evitare che l’aria penetrasse al di sotto nella carbonaia. Poi venivano portati dei pezzi di legno che non dovevano essere superiori al metro tagliati di recente e non troppo essiccati, che venivano disposti a raggiera lungo il bordo. Il forno o “fornello” della carbonaia era un foro che partiva dal fondo e arrivava alla sommità dove veniva buttata la brace per alimentare il fuoco. Poi i legni da bruciare venivano posti intorno fino ad un diametro di circa due metri con i tronchi più grossi all’interno ed i più fini all’esterno. La catasta veniva poi ricoperta con foglie secche e terra. Il carbonaio “vegliava” sul fuoco buttando le braci  anche per una giornata intera e spesso, per la notte si costruiva un riparo o utilizzava della capanne esistenti. La catasta doveva bruciare chiusa per otto, venti giorni.

Autore scheda: Serena Castignoni