Il Romitorio di Pienza
Luogo: Pienza
Comune: Pienza
Data/periodo: Il documento più antico risale al 1344 ed è costituito da una lapide sepolcrale sulla quale si legge un’ iscrizione incisa in caratteri medievali. Fra’ Giovanni Domenico Colucci da Monticiano, cui fu concessa la “patente di Romito” il 23 febbraio 1768 e che con buona probabilità questi fu l’ultimo romito vissuto nel rifugio per eremiti
Descrizione: Il Romitorio di Pienza è uno dei tanti luoghi nascosti e poco conosciuti, ma non per questo meno interessanti e pieni di fascino antico. Di seguito la descrizione del luogo pubblicata da Alberto Dondoli nell’opuscolo della mostra fotografica realizzata dal Gruppo Fotografico Pientino nel 1998. “Singolare resedio … ricoperto di vecchia edera e circondato da annose querci, caratteristico anche per quella sua viuzza a scalette stretta e angusta, per la quale vi si accede…” Così il Mannucci nel suo libro – Pienza, Arte e Storia. Ma già il vescovo Francesco Maria Piccolomini non mancava di citarlo con manifesta ammirazione nella cronaca della sua visita pastorale fatta il 20 settembre 1744: “Il predetto antico Romitorio è meraviglioso nella sua struttura, per essere tutto colla chiesa, colla saletta e più stanze scavate in un sol masso a forza di scalpello”. Di questa singolare struttura rupestre, scavata nel banco di arenaria sottostante alla chiesa di Santa Caterina, ci sono pervenute solo poche e frammentarie notizie. Con certezza si sa che fu per diversi secoli fu un luogo prescelto per la vita eremitica da religiosi dediti alla penitenza ed alla preghiera.
Il documento più antico risale al 1344 ed è costituito da una lapide sepolcrale sulla quale si legge questa iscrizione incisa in caratteri medievali: “AN. D. MCCCXXXXIV – Voi che venite prendete a mente a me che giaccio nel monimento, tal fui come voi siete, tal so come voi sarete, dite un Pater Noster per l’anima di Fr. Luca”. Di altri pochi romiti si hanno notizie riportate in documenti dell’Archivio Diocesano di Pienza e nelle memorie di Vincenzo Vannucci, cronista pientino. Così troviamo che nel 1576 vi dimorava come romito, Francesco Neri da Sarteano che aveva in custodia una piccola cappella situata sull’altipiano sopra il Romitorio, dove si trovava un’immagine della Madonna molto venerata dalla popolazione locale. Successivamente troviamo un Padre Placido, monaco olivetano. “Nel 1609 – si legge nella cronaca di Vincenzo Vannucci – si mise dal rettore e santesi per servitù di S. Caterina un romito Veneziano, come esso affermava di patria Trevisano che in breve con scusa di andare in montagna per servizio del luogo, attaccò l’asino, ne’ più si vide”.
I documenti ci riportano le notizie solo di altri due romiti: uno, Fra’ Giovanni Ballarini da Contignano, a cui fu concessa facoltà di dimorare nel Romitorio dal vescovo Francesco Maria Piccolomini il 18 ottobre 1753, e l’altro, Fra’ Giovanni Domenico Colucci da Monticiano, cui fu concessa la “patente di Romito” il 23 febbraio 1768. Con buona probabilità questi fu l’ultimo romito che visse nel Romitorio. Intanto, da oltre un secolo, era stata eretta sull’altipiano, intorno all’edicola dell’immagine affrescata della Madonna, la chiesa di Santa Caterina, divenuta in breve un piccolo santuario mariano locale. Ma presso il Romitorio continuò anche un altro culto parallelo: quello della “Madonna del Latte”, rivolto verso un’ immagine della vergine che allatta il figlio, scolpita nella roccia sulla parete di fondo di una cappellina posta alla fine della prima rampa delle scale di accesso. Sopra un piccolo altare le puerpere del luogo facevano accendere candele votive per ottenere abbondanza di latte materno per i neonati. Questa usanza, che si è protratta quasi fino ai nostri giorni, è, con tutta probabilità, il retaggio di un culto per la maternità che risale all’epoca precristiana, già praticato nello stesso luogo o nelle immediate vicinanze. Sembrerebbe confermarlo un oggetto votivo di epoca romana, a forma di mammella stilizzata, rinvenuto agli inizi degli anni ’60 nei pressi della vecchia cava di pietra arenaria, vicinissima al Romitorio. Anche i vani che formano il complesso del Romitorio potrebbero esser l’adattamento medioevale di strutture rupestri preesistenti. Ed anche in questo caso il suggerimento ci viene dai ritrovamenti archeologici fatti nei campi immediatamente sottostanti, e consistenti in numerosi frammenti di vasi di epoca etrusco-romana. Così come altro tipo di reperti ci attesta la frequentazione del luogo in epoca preistorica. Nelle strutture del Romitorio, così come sono giunte a noi, non è evidente tuttavia nessuna traccia anteriore al medioevo, mentre vari ed abbondanti sono i resti di sculture e anche di qualche affresco, tutti di difficile datazione, rimasti sulle pareti di alcuni ambienti. Nel vano contiguo alla chiesa si trova il maggior numero di sculture, quasi tutte ad altorilievo. Tra esse si notano la statua di un frate, una testa di Cristo, una sirena bicaudata simile a quella scolpita sull’architrave della vicina Pieve di Corsignano. Ma il gruppo che più colpisce è rappresentato dai resti di quattro figure quasi a tutto tondo, di cui almeno due femminili, avvolte in lunghe vesti, che dovevano affiancare, come si legge nel Mannucci, un Cristo alla colonna, ormai del tutto scomparso. La lama di luce che, entrando da una delle finestrelle, le sfiora nelle ore centrali del giorno, mette in risalto i profili e le pieghe delle vesti, creando un’atmosfera da sepolcro orientale. Ma tutto l’ambiente, con i suoi giochi di luci e di ombre, con i suoi angoli colmi di mistero, suggestiona ed avvince il visitatore, dandogli la sensazione di trovarsi in un luogo profondamente permeato di sacro. Fino a qualche anno fa il Romitorio, adibito ad un uso improprio e riempito di buona parte di rifiuti, non era più visitabile, ma dal 1996, grazie alla ripulitura e al ripristino fatti dalla famiglia Moricciani, è stato restituito alla godibilità dei pientini e dei numerosi turisti.
Un’interpretazione singolare del Romitorio è stata data dall’architetto Jan Pieper che, dopo aver rivisitato quest’ambiente, a cui aveva già dedicato una pagina nel suo saggio su Pienza, vi ha ravvisato una rappresentazione del Santo Sepolcro, come ve ne sono altre, non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa. In questa interpretazione potrebbero trovare una spiegazione sia la complessa struttura, sia certi elementi e resti di sculture che si trovano nell’ampio vano attiguo alla cappella. Avrebbero un chiaro riferimento alla storia della Passione il Cristo alla colonna, i resti di sculture con figure femminili che rappresenterebbero le pie donne, il cosiddetto “letto del romito” che potrebbe invece rappresentare il sepolcro vuoto del Cristo. Anche l’ubicazione del Romitorio potrebbe deporre a favore di questa interpretazione: si trova infatti quasi alla confluenza di due percorsi, uno di altura e uno di valle, che portano alla vicina Pieve di Corsignano e che, partendo da S. Quirico, costituiscono una variante alla Via Francigena. In particolare una croce dei templari posta al vertice del doppio spiovente della cappella costituirebbe una prova in più che il luogo fosse oggetto di culto da parte di pellegrini diretti verso Roma.
Bibliografia:
Gruppo Fotografico Pientino, Il Romitorio e altri luoghi di culto, Pienza, 1988
Mannucci G.B., Pienza Arte e Storia, III Ed., Siena 1937
Petri I, Pienza storia breve di una simbolica città, Genova 1973
Pellegrini F., Messaggi nel tufo, Città di Castello, 1992
Pieper J., Pienza il progetto di una visione umanistica nel mondo, Axel Menges Stuttgart, Londra , 2000
Autore scheda: Alberto Dondoli
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