Il flâneur (il passeggiatore)

Luogo: Radicondoli

Comune: Radicondoli

Data/periodo: Termine reso celebre da Charles Baudelaire nel 1800

Descrizione: Perché parlare del flâneur in un Ecomuseo del territorio toscano e in un paese come Radicondoli? Forse perché si tratta di una figura che si conforma perfettamente allo sguardo del turista in Toscana, ma anche alla spensieratezza del visitatore comune, al fotografo in cerca di particolari suggestivi o, più in generale, alla postura melanconica dell’uomo moderno.
Il flâneur, in questo caso, non sono gli abitanti di Radicondoli ma Valentina Lusini ed io, che una mattina di fine agosto ci siamo recati in questo paese al confine tra la Val di Merse e la Val d’Elsa, a fare fotografie per le strade. Il flâneur è un soggetto che Charles Baudelaire ha individuato nella Parigi del suo tempo, consacrato poi da Walter Benjamin nei Passages. È chi:

durante il suo cammino tranquillo, capta con lo sguardo “istantanee fotografiche” che operano un’interruzione della realtà, una paralisi del tempo. Il ritmo della flâneurie è esemplificato dal passeggiante che si ferma in un ristorantino o in un bar per gustare una bibita senza fretta, ad ascoltare la musica dei tamburi sotto i ponti, ed è un ritmo personale e soggettivo (Bertelli 2005: 132).

Il flâneur si avventura dunque senza impegno verso luoghi sconosciuti. Certo il passaggio da Parigi a Radicondoli può apparire un vero e proprio azzardo, ma è proprio nella natura contemporanea della melancolia, della ricerca di un tempo nostalgico a cui fare riferimento, che non solo il flâneur, ma il viaggiatore contemporaneo trova una sua precisa collocazione. Passeggiando per le vie di Radicondoli ci siamo sentiti invasi da un tempo retrogradato, un altrove suadente che doveva essere congelato nello sguardo del fotografo. La presenza di un Ape e un Sì Piaggio, una vecchia Panda della Fiat, un altro Ape adibito a furgoncino raccogli rifiuti ci sono parsi, per un attimo, segnali provenienti da un tempo immobile, che guarda verso il passato. Certo, si tratta di un inganno, la nostalgia sta negli occhi di chi osserva e non negli oggetti osservati, è una nostra invenzione. Ma se il flâneur, come ha scritto  Ulf Peter Hallberg:

vive fra le crepe della Storia incisa sui paesaggi e sulle città come cicatrici, misterioso linguaggio scritto dal tempo sul corpo e sulle cose dell’uomo, che soltanto lui sa decifrare e la cui decifrazione è il suo destino, il senso del suo esistere (Hallberg 2002: 10).

Allora lo sguardo del visitatore concorre a costruire il senso dei luoghi, a fare di un Ecomuseo, una relazione dialogica che dice dal di dentro (la prospettiva emica) e al contempo si lascia descrivere dal di fuori (la prospettiva etica), fino a fonderle entrambe.

Bibliografia:  

Bertelli G., Parigi, Firenze, Alinea 2005

Hallberg U. P., Lo sguardo del flâneur, Milano, Iperborea 2002

Autore scheda: Pietro Meloni