Le ottave in rima di Altamante Logli
Luogo: Scuola elementare di Sovicille
Comune: Sovicille
Settore di riferimento: Personaggio locale
Data/periodo: 1921 -2002
Descrizione: Altamante Logli è nato a Luicciana, comune di Cantagallo (Prato) il 10 maggio 1921. Forse era proprio “un destino nel nome” o forse la determinazione che talvolta la miseria e le avversità della vita, ti fanno scoprire, comunque sia Altamante, fin da giovanissimo dimostrò un talento eccezionale nell’arte dell’improvvisazione in Ottava Rima. Quando era ancora piccolo, andò come “garzone a badare le pecore” sui monti della Calvana. Lì iniziò a familiarizzare con quest’arte, tanto difficile, quanto misteriosa ed affascinante. Aveva sentito improvvisare alcuni poeti nelle sagre di paese e quell’amore a prima vista fu la migliore compagnia nei momenti difficili della sua infanzia e, comunque, di tutta la sua vita. In una delle sue non numerose poesie scritte (perché lui era un poeta “all’improvviso”), ci racconta che proprio lì “Pe’ boschi e pe’ la montagna quella fu la mi’ lavagna”.
La sua scuola di vita e quell’impronta la porterà dietro per tutti gli anni che, con grande amore e passione, ha cantato all’improvviso. Chi l’ha conosciuto ha apprezzato la sensibilità e l’umanità del “poetino”, quest’uomo piccolo di statura ma, come diceva anche Marino Severini, un vero “gigante”, davanti al quale si poteva solo rimanere estasiati a sentire le sue stupende rime, la loro carica antagonista. Aveva ben chiara l’urgenza di salvare quest’arte e, soprattutto, di valorizzare e mantenere vivo tutto il suo tesoro comunicativo. La poesia improvvisata può (e secondo Altamante deve) essere portatrice delle istanze di miglioramento delle classi popolari. Secondo lui non era giusto occuparsi più dell’aspetto stilistico e formale, rispetto ai contenuti. Quando era opportunamente stimolato dall’altro poeta con il quale contrastava, esplodeva letteralmente “come un vulcano”! Le vicende della vita lo avevano talvolta deluso, ma anche negli ultimi anni era sempre disposto ad ogni tipo di coinvolgimento emotivo e culturale e capace di slanci di generosità incredibili. Come diceva sia lui che il suo allievo prediletto, Gianni Ciolli: “ricordati che il poeta, un giorno mangia e uno sta a dieta” per sintetizzare che con la poesia improvvisata non era possibile fare i soldi. Purtroppo negli ultimi anni della sua vita ha dovuto fare i conti anche in quest’ambiente, con personaggi che non sempre hanno avuto la sensibilità sia culturale che umana, di rispettare e valorizzare fino in fondo questo grande artista. Ma se ci sono state persone negative, ci sono stati anche tanti grandi amici, ad iniziare da Carlo Monni, Caterina Bueno, Fabrizio Ferroni, Gianni Frati, Ettore Del Bene, il Gruppo della Montagnola (con il quale andava a cantare il Maggio), Marco Rovelli, Sandro e Marino Severini (The Gang). Questi ultimi hanno inserito una traccia nel loro bellissimo CD “Il seme e la speranza” tutta per Altamante: un modo davvero speciale per ringraziare un vero “gigante” della cultura.
Di semi ne ha sparsi tanti ed alcuni continuano a germinare.
Queste registrazioni sono state effettuate alla scuola elementare di Sovicille il 30 aprile 2002. La prima è un saluto ed un invito a valorizzare lo studio, rivolto ai bambini da Altamante e dal suo allievo Gianni Ciolli. La seconda invece è una poesia che Altamante aveva scritto nel 1944, tornando dalla Francia alla fine della guerra e che lui ha cantato sempre alla scuola di Sovicille. Questa seconda composizione è stata inserita nel repertorio tradizionale del gruppo “Dal Nostro Canto”.
“Col libro si legge, con la penna si scrive per sape’ cosa siam perché si vive”
Altamante:
Proprio di fronte a questi bei bambini
canto le rime e le metto in cammino
vu’ siete belli come i fiorellini
che li stanno a sboccia’ dentro un giardino
speriamo che vu’ sia tanto carini
ai maestri rispondete per benino
e date retta alla sua parola
che vu’ siate bravi nella scuola.
Gianni:
Vedi il poeta sulle parole vola
e a tutti ve l’ha fatto un complimento
e questo a me di molto mi consola
anch’io esprimo questo sentimento
anch’io di poesia andavo a scuola
da lui presi il mio insegnamento
e ora che il Maggio qui vi vien cantato
sapete anch’io bambino sono stato.
Altamante:
Questo è un genio già classificato
questo ragazzo l’è il professore
io invece a scuola sono poco andato
perché in montagna lo faceo il pastore
fortunato te che che tu ha’ studiato
io mi difendo sai con qualche e(r)rore
perché col libro si legge, con la penna si scrive
per sape’ cosa siam perché si vive.
Gianni:
Le tue intenzioni non furono cattive
lui se la scuola lì ci avesse avuto
‘un sarebbe restato di lezioni prive
e tutti i libri gli avrebbe saputo
ormai in questo bel posto si vive
e alla scuola non gli fate un saluto
vedete io ormai c’ho trent’anni
ma ancora con la scuola son ne’ panni.
“La spaventosa guerra”
Se si pensa alla spaventosa guerra
voluta da due perfidi sovrani,
per avere il dominio della terra
distruggono villaggi e corpi umani.
A questa brutalità il cuor si serra
nel ripensare a’ casi disumani
voluto da un’infame dinastia
mise l’umanità all’agonia.
L’ultimo sforzo della borghesia
ne’ popoli si cambian l’opinioni,
i proletari glianno preso i’ via
trionferanno in tutte le nazioni.
E’ giusto un’eguaglianza la ci sia,
non più le guerre con le distruzioni,
ma ci sia la pace e il lavoro,
la giustizia sociale e il decoro.
Infino a che a i’ potere ci stan loro
finchè c’è questa crasse dirigente,
se ‘un si metterà un altro lavoro,
in questo mondo ‘un si risolve niente.
Sono l’accavator d’argento e oro,
la guerra gli resta conveniente
massacrando operai e contadini
ingrandiscono i possessi e i su’ quattrini.
V’aricordate voi di Mussolini,
‘sì pieno d’arterigia e d’ambizione,
lui chiamava tutt’i cittadini,
la voleva ‘ngrandì questa nazione.
La guerra si portò oltre i confini
e massacrando le popolazione
pe’ lo spansionismo della sua dottrina
nel mondo fece una carneficina.
Sulla ristessa strada si cammina
e vogliano rifà i’ romano impero
pover’Italia mia, terra latina,
a i servizio tu sei dello straniero.
I’ capitale e tutta quella trina,
accompagnato, sì, dall’alto clero,
con tutto questo covo di signori
son l’agonia de’ lavoratori.
Ed ora qui, carissimi uditori,
io, da poeta, vi lancio un appello:
“chi dalla fronte li versa i sudori
associassi alla farce e i’ martello.
Lì dentro non ci sta’ gli sfruttatori
e fra tutti i programmi gliè i’ più bello
lì dentro non ci sta i’ capitalista,
ci sta una democrazia progressista.
Oh crasse disagiata alla conquista,
deve cessare tutto i’ tradimento
deve cessare i’ capitalista
cóll’altre forze dello sfruttamento.
Non cianno più tereno sulla pista,
il popolino nun è più addormento,
vòle il rispetto degno e la sua stima,
non vòl’essere schiavo come prima.
Noi siamo in mezzo e saliremo in cima,
anche qui dentro a i’ popolo italiano
non c’è nessun governo che intima,
c’è lo sviluppo del progresso umano.
Vogliamo respirarlo un antro crima
che quello del passato è stato vano,
crollerà il mondo di’ capitalismo
con il grande avvenir del comunismo.
(Altamante ha scritto questa poesia al ritorno dal fronte nel 1944)
Bibliografia:
Bosio G., Elogio del magnetofono, Milano, Bella Ciao, 1975
Cirese A.M., La poesia popolare, Palermo, Sellerio, 1969
Cirese A.M., Ragioni metriche, versificazione e tradizione orale, Palermo, Sellerio, 1988
Kezich G., I poeti contadini, Roma, Bulzoni, 1986
Tozzi M. e Fantacci A., Me la racconti un’altra volta?, Perugia, Chiamigraf, 2005
Tozzi M. e Fantacci A., Mangiar cantando. Abbondanza e scarsità nell’alimentazione tradizionale contadina, Perugia, Chiamigraf, 2001
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Autore scheda: Andrea Fantacci