Parole dialettali di Orgia
Luogo: Orgia
Comune: Sovicille
Denominazione: L’orgino
Data/periodo: 1800. Le espressioni dialettali, affidandosi alla trasmissione generazionale e fissate da studiosi locali, sono difficilmente databili. Alcune possono avere origini lontane nel tempo, alte essere entrate in uso nel linguaggio quotidiano soltanto in tempi più recenti
Descrizione: Le forme dialettali sono espressione della vivacità della cultura popolare locale che, attraverso la lingua, esprime le proprie peculiarità, rinvenibili nella vita quotidiana degli attori sociali. A Orgia le parole dialettali sono diverse, Luigi Cianferotti, nel tempo, ha raccolto un piccolo glossario che ci aiuta a scoprire le particolarità linguistiche locali, le costanti con il senese. Di una persona furba, intelligente, si dice che è un “astrologo” mentre, al contrario, uno particolarmente stupido lo si chiama “bitonto” – due volte tonto, perché una sola non basta – o, in altri casi, “gronchio”. La stanchezza, la mancanza di volontà è definita “balezzo”, una persona particolarmente grassa è un “botolo”; una donna brutta e vecchia si chiama “bubana”. Un uomo violento e attaccabrighe è un “fiataccio”, mentre uno poco affidabile è un “arsenale”. Poi c’è lo “gnagno”, il giovanottino un po’ furbo, bugiardo. Un uomo autoritario e degno di rispetto lo si chiama “omosì”. Il contadino, disprezzato dal padrone in ogni luogo, lo si chiama “colonnino”. Alcune parole appartengono a un linguaggio particolare, come per l’uso del termine “bazzico”, che indica gli escrementi lasciati sul terreno dagli animali selvatici, e fa parte del vocabolario dei cacciatori, perché il bazzico è una traccia che segnala la presenza di selvaggina.
Molti sono i termini legati al bosco, paesaggio predominante di Orgia, come le “doghe”, le piote, zolle di terra usate spesso per realizzare le capanne nei boschi. Il “pattume” è invece il fogliame del sottobosco, mentre la “rota” è l’unità di misura di una fastella. Quando si tagliano i rami di un albero e lo si lascia spoglio, si dice “zucconare”. Altri termini si legano al lavoro contadino e in particolare, alla trebbiatura del grano, come la “spulata”, ossia il portare alla massima potenza il motore della tribbia, che così scuoteva tutta la polvere accumulata nella lavorazione. O il “pagliaiolo”, l’addetto a costruire il pagliaio.
Bibliografia:
Cianferotti L., Vita nella campagna di Siena tra ‘800 e ‘900. Memorie di un paese, (a cura di M.P. Caneschi Cianferotti), Protagon, Siena, 2000
Autore Scheda: Pietro Meloni