Omaggio del Nicchio all’altare di San Gaetano in Duomo

Luogo: Chiesa di Santa Maria Assunta, Duomo di Siena – Siena

Contrada: Nobile Contrada del Nicchio

Data/periodo: Secoli XV-XXI

Descrizione: La Nobile Contrada del Nicchio è l’unica ad aver un altare dedicato al suo santo patrono all’interno della Cattedrale ed in questa occasione, durante le feste patronali, il sabato successivo al 7 agosto (festa di San Gaetano Thiene), i “cittini” (bambini) della contrada al seguito di tamburi e bandiere e accompagnati dal Correttore, omaggiano San Gaetano di un dono floreale. La tradizione non si perde nella notte dei tempi, è una tradizione che vien dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso. È vero però che nella storia del Rione gli omaggi a San Gaetano in Duomo ci sono stati come quando il 13 agosto 1805 (ma succederà ancora nel 1819 e nel 1832) la reliquia di Sant’Emidio viene esposta sull’altare di San Gaetano in Duomo con indulgenza plenaria, celebrazione che attesta una speciale affinità tra il santo ascolano e la contrada del Nicchio. Nell’occasione, anche la contrada rendeva omaggio alle reliquie esposte sull’altare del suo santo patrono; tra l’altro sono testimoniate in quel periodo anche celebrazioni di Sant’Emidio nello stesso oratorio del Nicchio. E qui si apre una parentesi per chiuderla fra non molto. Il radicamento del culto di Sant’Emidio nella mentalità collettiva senese e la sua affinità con la contrada dei Pispini trova la sua più compiuta espressione con l’istituzione, tra il 1804 e il 1805, di una compagnia laicale sotto il titolo di Sant’Emidio e Sant’Andrea Avellino. Dopo una breve permanenza nella chiesa di San Giorgio, nel 1806, la compagnia trova una sede stabile proprio nel territorio del Nicchio. Questa in un primo tempo viene individuata nell’oratorio dei SS. Innocenti per poi, nel 1813, passare nella vicina e più grande chiesa di San Giacinto, già dell’omonimo monastero di mantellate domenicane detto di Vita Eterna, soppresso nel 1808, che sarà la sua sede definitiva.

Chiusa la parentesi, approfondiamo l’altare di San Gaetano, il primo nella navata di destra della Cattedrale.

All’inizio del Duecento nella fase di ampliamento romanico del Duomo, l’altare che si trovava a destra, subito dopo l’ingresso nella chiesa era dedicato a San Silvestro e solo nella prima metà del Quattrocento fu creato un nuovo altare, che doveva esser dedicato a San Bonifacio. Per una serie di ragioni più o meno curiose l’altare cambiò santo passando a San Callisto, in omaggio del pontefice Callisto III che nel 1455 aveva aiutato la città in un momento di gravissima carestia. Dagli inventari del Duomo (1458 e 1467) sappiamo che la cappella doveva ospitare una statua di Papa Callisto III ed un tondo di marmo con la Madonna con Bambino fra gli angeli; ed è su questo tondo che si sono accese forti discussioni fra gli studiosi.

All’interno del Museo della Cattedrale ci sono due tondi marmorei con lo stesso soggetto, uno attribuito a Donatello e l’altro a Urbano da Cortona; quello di Donatello venne tolto dalla cappella della Madonna delle Grazie quando fu fatto l’altare di San Francesco Sales e poi murato all’esterno del Duomo (1677) fuori dalla porta del Perdono. Negli anni Ottanta del Novecento, l’Opera acquisto l’altro tondo, che, probabilmente, in origine si trovava sopra l’altare di San Callisto.

Oltre al Tondo con la Madonna, l’altare Quattrocentesco era decorato con un’edicola marmorea che rimase vuota fino al quarto decennio del Cinquecento quando vi fu collocato un quadro del Sodoma raffigurante la Sacra Famiglia con San Leonardo. Non si conosce molto di questo dipinto, databile intorno al 1533-34, ricordato dal Vasari, ammirato da Annibale Carracci citato dal Landi; non si conoscono neppure i committenti del dipinto ma sappiamo che all’altare furono concessi dei benefizi in onore di San Giuseppe, nel 1525 e nel 1531, ed è possibile che la raffigurazione della Sacra Famiglia, nella quale è in risalto San Giuseppe, sia da riferire ai benefizi citati. La dedicazione a questo santo è rimasta, anche se rammentata di rado, e San Giuseppe compare anche nell’iconografia del dipinto seicentesco in atto di sorreggere il Bambino che benedice San Gaetano. Al programma di rinnovamento della Cattedrale nel Seicento partecipa anche l’Opera con la costruzione di due altari dove prevedeva la distruzione di quelli vecchi e la ricollocazione degli arredi e dei dipinti. Il nuovo altare accolse in un primo momento la pala di Mattia Preti raffigurante la Predicazione di San Bernardino, eseguita nel 1673-74 per volere del rettore Lorenzo De Vecchi; successivamente il quadro fu trasferito in uno degli altari del transetto di destra.

Il culto di san Gaetano in Duomo è documentato almeno nel 1645, quando la congregazione di San Gaetano dona una reliquia del santo per l’altare del medesimo, altare che viene venduto e smontato nel 1682. È di questi anni (1680) che il nobile Francesco Accarigi ne ha la cappellania ed inizia ad ornare l’altare con la tela commissionata a Domenico Maria Canuti e posta sull’altare il 4 agosto 1682. Non è chiaro, infatti, come Francesco Accarigi, segretario delle leggi a Siena ed appartenente ad una nobile famiglia fiorentina, abbia scelto e contattato un pittore di Bologna.

Il Canuti si forma a Bologna presso la bottega di Guido Reni e a Roma stringe i primi rapporti con il Lanfranco avvicinandosi, successivamente, alla poetica pittorica di Pietro da Cortona; grazie a queste sue frequentazioni, riesce a coniugare la sua cultura essenzialmente classicista con i tumulti barocchi, creando uno stile molto personale. Nella tela di San Gaetano di fronte alla Sacra Famiglia gli echi romani si esprimono al meglio nella scena centrale, fulcro del dipinto, in cui la composizione risulta molto animata e come compressa, con gli angioletti che sorreggono con fatica il pesante libro, dalle pagine del quale sembra uscire la nuvola, sulla quale si appoggia il santo. Attorno a questa scena, il tono si placa e gli angeli che assistono, protettivi e benevoli, ricordano la cultura di formazione del pittore, così come i colori, i toni caldi e pacati con l’accentuarsi degli azzurri.

Bibliografia: 

Castelli V., Ricordarsi del terremoto. Tracce senesi di una “memoria” sismica collettiva, Bullettino Senese di Storia Patria, vol. CXVI, Siena, Accademia dei Rozzi, 2009, pp. 316-346

Lorenzoni M., Le pitture del Duomo di Siena, Cinisello Balsamo (MI), Silvana Editrice, 2008, pp. 12-15

Autore scheda: Nobile Contrada del Nicchio, Paolo Fiorenzani

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