Il souvenir di San Gimignano

Luogo: San Gimignano

Comune: San Gimignano

Descrizione: Il souvenir (che in francese significa ricordo ma che, nel linguaggio comune, è da intendersi come oggetto da portare a casa come ricordo di un viaggio) è uno degli aspetti più controversi della cultura di massa. Amato e odiato al tempo stesso. Diffuso ormai in ogni località, anche la più remota e distante dal circuito economico occidentale, rappresenta il paradosso della cultura del loisir, presentandosi al contempo come paccottiglia da portare a casa per puro divertimento con il velo della tipicità e dell’autenticità. Certo non mancano oggetti di qualità, l’artigianato artistico abbonda in molti paesi patrimonializzati ma è pur vero che il mercato del turismo impone una certa riproducibilità tecnica, come ebbe a dire Walter Benjamin a proposito dell’arte, e questo significa, nella maggior parte dei casi, un flusso di oggetti che si sposta insieme ai turisti, che sembra seguirli nel loro peregrinare in diverse parti del mondo. Ci sono oggetti locali e oggetti globali, e ci sono oggetti globali rilocalizzati, trasformati in tipici, come ci sono oggetti locali che si globalizzano, almeno nella veste esteriore. Il souvenir, gadget per eccellenza che il turista porta a casa, si caratterizza principalmente per le sue dimensioni ridotte. Non ingombra, lo si può mettere in valigia senza troppi timori di eccedere il peso consentito per il viaggio di ritorno; è simpatico, tipico ma non così tanto, ideale per la bacheca già ben nutrita del turista moderno, che riempie la propria casa di piccole Tour Eiffel, colossei, torri di Pisa, duomi ed altre “esotiche” facezie.

San Gimignano, città dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1990, è una città dove il turismo ha ridisegnato le traiettorie del mercato del souvenir, creando una mescolanza di oggetti d’arte, antiquariato, pelletteria, ceramiche di alta qualità che si confrontano con serialità di ogni genere: tappi ed oliere, immancabili pinocchi di legno, statuine medievali in ogni posa, litografie di girasoli e di cipressaie sparse nel paesaggio toscano, clip magnetiche da attaccare al frigorifero. Questo paesaggio di oggettistica kitsch rappresenta al meglio il circuito del turismo contemporaneo, fatto di molteplici soggettività e di possibilità economiche, che raccoglie l’élite tanto anelata dagli abitanti locali – ma che poi incide relativamente poco sulle entrate economiche – con il turista di massa, disprezzato perché non sa cogliere l’essenza dei luoghi e far tesoro di quello che vede, limitandosi ad ingurgitare, senza sosta, la cultura agroalimentare e quella materiale: dalla vernaccia al pinocchio di legno, senza soluzione di continuità – e questo, però, è il turista che spesso fa girare l’economia locale. Difficile dire se la trasformazione delle città del patrimonio in piccole disneyland per il piacere globale, sia un adeguamento alla qualità del turismo o, viceversa, le strategie di presentazione del sé abbiano in qualche modo determinato e selezionato la qualità dei visitatori. Il problema, forse, è di poco conto, oggi il gadget rappresenta anche un elemento di ironia consapevole, un divertimento per chi della propria vacanza vuole conservare un feticcio, da rievocare nel tempo, magari guardando questa “piccola divinità” del turismo attaccata al frigorifero di casa propria.

Bibliografia:

Benjamin W., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi 2000

Meloni P., Alcune osservazioni sul kitsch, in Melissi (14-15), pp. 73-79, 2007

Autore scheda: Pietro Meloni

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