Il galestro e l’alberese nel Chianti

Luogo: Chianti

Comune: Gaiole in Chianti, Radda in Chianti, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga

Denominazione: Galestrino

Descrizione: Da sempre, nel Chianti, il galestro è sinonimo di terreno di difficile lavorazione. Sui suoli derivati dalla disgregazione della roccia madre si coltivano vigneti a prevalenza di uvaggi di Trebbiano, che danno origine a un vino che prende il nome proprio dalla roccia sulla quale è coltivata la vite. Dal punto di vista geologico, il galestro è un’argilla scistosa che, degradata, dà luogo a frammenti di forma prismatica conosciuti anche con il nome di “galestrino”.

L’origine di questa roccia è lontana, sia come tempo geologico che come ambiente di formazione: si tratta infatti di una roccia sedimentaria deposta sul fondo dell’antico oceano ligure-piemontese, trasportata e traslata in seguito sul margine europeo. Si è formata così la catena appenninica, e i sedimenti accumulati nei Bacini ligure esterno e ligure interno (Unità liguri) sono stati sollevati e spinti verso est, dove accavallandosi hanno dato origine all’Appennino tosco-emiliano.

Il galestro, o “argilla scagliosa”, fa quindi parte di un complesso di rocce conosciute con il nome di “Unità ofiolitifera”, la cui parte più cospicua è rappresentata dalle argille con calcari “palombini” o “colombini”, chiamati così perché il colore ricorda quello di una colomba. Affiora prevalentemente nella zona di Montalcino, Boccheggiano, Roccastrada, mentre nell’area di Castellina in Chianti affiora un’altra formazione: quella dell’alberese, un calcare marnoso dal colore grigio-nocciola, a grana fine e dalla tipica frattura concoide.

In epoca preindustriale era normale, e soprattutto economico, utilizzare le pietre locali per la costruzione degli edifici rurali e dei muretti a secco di cui sono disseminate le campagne. La pietra alberese, in quanto pietra durevole, era allora utilizzata nelle zone dove affiorava. Come afferma in Le pietre delle città d’Italia lo studioso Pietro Rodolico: che un geologo giunga […] in qualche paese a lui sconosciuto, le bende agli occhi, e lo vedrete rendersi conto della geologia locale, gettato che abbia lo sguardo ai materiali utilizzati negli edifici. Ciò spiega perché, in altre aree del senese (come per esempio nello stesso centro storico di Siena), non si trova mai l’alberese nelle facciate degli edifici o come pietra a facciavista nei monumenti, mentre in altri luoghi vicini al Monte Morello, come ad esempio a Firenze, tale pietra viene impiegata per costruire anche importanti palazzi.

Bibliografia:

Lazzarotto A., Elementi di geologia in Giusti F. (a cura di), La storia naturale della Toscana meridionale, Siena, edizione riservata Monte dei Paschi di Siena, 1993, pp. 45-46

Capineri C., Il paesaggio umanizzato, Fondazione Musei Senesi, Castelnuovo Berardenga, Museo del Paesaggio, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2012, p. 61

Giamello M., Guasparri G., L’umanizzazione del paesaggio senese: l’uso edilizio delle rocce, in Vecchio B., Capineri C. (a cura di), Museo del Paesaggio di Castelnuovo Berardenga, Siena, Protagon Editori Toscani, 2000, pp. 71-7

Documenti:

Alberese

Carta-geologica

Quadro-conoscitivo-Chianti1

Autore scheda: Serena Castignoni

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