Cucinare le castagne

Luogo:  Vivo d’Orcia

Comune: Castiglione d’Orcia

Denominazione:  Vecchia, monda, castrone, suggiolo e brigia

Data/periodo: Pratica tutt’ora in uso

Descrizione: I vari tipi di castagne sono:

Vecchia: Nessun riferimento geriatrico per questa ricetta montana  basata sui deliziosi frutti del castagno (Castanea sativa), diffuso abbondantemente nelle pendici amiatine. Le castagne una volta seccate potevano essere gustate semplicemente in ore liete di veglia notturna, oppure lessate in acqua, e divenivano un pasto serale non troppo accattivante né sostanzioso. L’acqua di bollitura ed i frutti nuovamente carnosi erano versati su pane raffermo per essere mangiati con non troppo ardore dai commensali riuniti alla tavola. I bimbi, nella loro ingenua fantasia, complice il nome del piatto, attendevano invano per l’intera nottata un’improvvisa comparsa di cavallucci accidentalmente lasciati da un’eclettica Befana fuori stagione. Tre per lappa una pel padrone e due per chi le chiappa…

Monda, Castrone, Suggiolo e Brigia: Evocativi quanto i nomi dei diavoli Malebranche, guardiani della quinta bolgia infernale dantesca, questi termini indicavano semplicemente diverse metodiche valdorciane per cucinare le castagne. La monda imponeva la bollitura delle castagne private della prima buccia marrone, la più coriacea, con sale e finocchio. Bollite secondo i dettami precedenti nel castrone le castagne mantenevano il tegumento esterno che veniva inciso con un coltello (castrata). Il suggiolo risultava la tecnica più semplice delle quattro, le castagne raccolte erano bollite in acqua senza l’aggiunta di ulteriori ingredienti. La brigia invece, dei quattro metodi, è sicuramente quello che lo stesso Dante cita in un criptica terzina, dove dannati ricurvi su vapori sulfurei con forati dischi arrostiscono strani frutti simili a quelli della pianta del castagno. Infatti presa una padella forata, le castagne venivano arrostite sul fuoco, e una volta pronte erano avvolte in un canovaccio sul quale veniva spruzzato vino. Compresso il panno con dolcezza si poteva gustare il libero frutto aromatizzato.

Bibliografia:

Cambi C., Orcia Miseria. Quando campare era un rimedio, Pisa, Pacini Editore, 2004

Autore schedaRaffaella Smaghi

 

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