L’erba di Carlo Magno

Luogo: Amiata – Val d’Orcia

Comune: Montalcino

Denominazione: Carlina

Data/periodo: 781 d.C. in riferimento alla leggenda che vede protagonista Carlo Magno e la fondazione dell’Abbazia di Sant’Antimo

Descrizione: L’erba di Carlo Magno più propriamente Carlina acaulis (acaule deriva dalla morfologia della pianta: priva di caule cioè di fusto) ha foglie spinose aderenti al suolo e fa un fiore bianco- argentato, simile al fiore dei carciofi. La pianta è nota in Val d’Orcia per la leggenda che la lega a Carlo Magno e all’Abbazia di Sant’Antimo. Si racconta infatti che nel 781 Carlo Magno, tornando con il suo esercito da Roma, transitando lungo la Via Francigena, si trovasse in una situazione di pericolo e difficoltà con il suo esercito fiaccato dalla peste. Per questo fu costretto a fermarsi accampandosi nella valle dello Starcia vicino a Castelnuovo dell’Abate. Durante la notte ebbe in sogno l’apparizione di un angelo che gli disse di salire sul  Monte Amiata e, una volta arrivato in cima, di scagliare la sua lancia il più lontano possibile: l’erba la cui radice fosse stata trafitta dalla lancia, doveva essere raccolta, tostata e ridotta in polvere; quindi, mescolata al vino e somministrata ai soldati ammalati. Carlo Magno fece come gli era stato suggerito in sogno e leggenda vuole che l’esercito fu liberato dal contagio della peste. Come voto e ringraziamento per il miracolo avvenuto Carlo Magno fondò l’Abbazia di Sant’ Antimo.
La leggenda conclude dicendoci che ancora oggi questo vegetale mostra nella radice il segno del colpo di lancia dell’imperatore Carlo Magno.

L’erba è usata localmente come igrometro: col sole e il tempo secco i petali si aprono, se il tempo è umido e si avvicina la pioggia i petali si chiudono a riccio. Nel passato la carlina era un’erba importante ed era classificata come allessifarmaco (antidoto ai veleni), proprio per questo era coltivata nei giardini dei monasteri, gli antichi Sassoni la consideravano un amuleto contro il malocchio e ogni malattia.
“La pianta è provvista di foglie spinose e aderenti al suolo in difesa del fiore, che è simile a un cardo, ma da esso differisce per il colore. Essa ha una radice dolce, grande come quella della cicoria, e per concessione divina esibisce ancora oggi la cicatrice della ferita infertale, ricordo indelebile del miracolo”. (Papa Pio II Piccolomini, I Commentarii).

Bibliografia:

Comune di Castiglione d’Orcia, Dalla Val d’Orcia alle pendici del Monte Amiata, AL.SA.BA. Grafiche

Niccolai L. (a cura di), Di draghi e fate, santi e demoni, uomini, alberi e cose nella montagna incantata. Storie e leggende dell’Amiata, Edizioni Effigi, 2005

Salvestrini R., Storia del Vivo, un paese sull’Amiata, San Miniato (Pisa), 2000

Autore scheda:  Valentina Pierguidi

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