L’olivo

Luogo: Crete senesi, Val d’Arbia, Val d’Orcia

Comune: Asciano, Buonconvento, Rapolano Terme, Monteroni d’Arbia, Montalcino

Data/periodo: 5000 a. C.

Descrizione: L’olivo è una pianta tipica dell’area mediterranea. La diffusione dalla Siria e dalla Palestina, dove sono stati ritrovati i primi frantoi oleari, databili intorno al 5000 a. C., ha portato questa pianta in tutta l’area mediterranea. L’olivo veniva coltivato dagli Egizi, dai Greci e dai Romani, che classificavano l’olio di oliva in cinque qualità:

1. Oleum ex albis ulivis: era il più pregiato per l’intenso sapore di oliva; era ottenuto da olive con colore dal verde al verde chiaro.

2. Oleum viride strictìvum: ottenuto in dicembre-gennaio da olive invaiate, veniva utilizzato per ungersi il corpo.

3. Oleum maturum: ottenuto da olive nere.

4. Oleum caducum: proveniente da olive cadute a terra.

5. Oleum cibarium: ottenuto da olive bacate, imbrattate con residui di terra o tenute ammucchiate per molti giorni; era destinato agli schiavi.

Nella classificazione botanica l’olivo (Olea europaea L.) appartiene alla famiglia delle Oleaceae, al genere Olea, specie europaea e sub specie sativa. A questa famiglia appartiene anche la specie selvatica Olea europaea sbsp. Oleaster, comunemente chiamata “olivastro” o “oleastro”. Quest’ultimo ha un portamento arbustivo e rami giovani, legnosi e spinescenti, foglie con apice ottuso e frutti e noccioli piccoli. L’olivo presenta invece un portamento arboreo, rami giovani non spinescenti, foglie con apice ottuso e frutti e noccioli grandi.

L’olivo si distingue, rispetto alle altre piante arboree da frutto, per la sua capacità di occupare ambienti diversi e di produrre anche in condizioni di aridità e freddo. La maturazione delle olive avviene in tre stadi. Nel primo, quello erbaceo, il frutto è di colore verde con polpa di consistenza dura ed è presente la clorofilla, che garantisce la fotosintesi e la sintesi quindi di glucosio, fruttosio ecc. Nel secondo stadio, detto dell’invaiatura, l’oliva diventa giallognola, in quanto la clorofilla si degrada e aumenta il contenuto in caroteni; è il momento in cui si forma l’acido oleico e lo strato ceroso che protegge il frutto. Nello stadio maturo, infine, il frutto diventa bruno ed è ricco di olio.

Tra le tipologie coltivate (cultivar), la varietà chiamata “frantoio” è quella più diffusa nella provincia di Siena e quella più rappresentativa del territorio toscano. La zona di origine di questa varietà è la collina fiorentina; da lì si è diffusa in tutte le zone olivicole del mondo. Le olive di questa varietà hanno una maturazione tardiva e l’olio è fine, sapido e aromatico.

Un fattore limitante nella coltura dell’olivo è la presenza di acqua nel sottosuolo, che può portare all’asfissia delle radici. Il cultivar “frantoio” è meno sensibile a questo fattore, in quanto sviluppa radici vicine alla superficie del terreno.

L’olivo è divenuto in Toscana elemento integrante del paesaggio, insieme alla vite. Spesso il grado di naturalità di questa pianta è tale che, più che sembrare un elemento antropico, appare come specie vegetale spontanea. Questo perché il paziente lavoro dell’uomo ha modellato il paesaggio agricolo rendendolo quello che appare oggi. Scriveva di queste terre Curzio Malaparte:

Poi v’è la terra senese, che è proprio di quel colore che i pittori chiamano “terra di Siena”, e la ritrovi nei capelli delle donne, nelle nuvole, nelle chiome degli alberi, nello stesso cielo terroso dove ondeggiano le crete di Asciano: per quella virtù che hanno i Senesi di mescolare le cose celesti alle cose terrene, e di rifare il cielo con la stessa materia di cui è fatta la terra. Lungo l’Arbia, l’Elsa e l’Orcia, strani vecchi siedono a riposare ai piedi degli olivi, discorrendo di semine, di raccolti, di miracoli, e hanno gli occhi bianchi e fissi. 

Bibliografia:

AA. VV., Olivo. Immagine, storia, cultura e business di una pianta simbolo del Mediterraneo, Atti del Convegno curato da Ambiente Mediterraneo, Napoli, maggio 2012

Cimato A. (a cura di), L’olivo in Toscana: il germoplasma autoctono, Firenze, Arsia Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale, Istituto sulla Propagazione delle Specie Legnose (CNR), Regione Toscana, 1997

Cortonesi A. L’olivo nell’Italia medievale, estratto da “Reti Medievali Rivista”, VI, n. 2, luglio-dicembre, Firenze, Firenze University Press, 2005

Oliveto L., Il paesaggio senese nelle pagine della letteratura, Siena, Protagon, 2002

Documenti:

Cimato-Lolivo-in-Toscana.pdf

Note: Nella Toscana d’inizio Trecento, l’olivo aveva uno scarso riscontro nelle campagne. La coltivazione di questa pianta seguiva delle precise stagionalità: la piantata avveniva nei mesi di marzo e aprile, più raramente in autunno. La messa a dimora della pianta avveniva in fosse fognate, il cui fondo era ricoperto da scope e probabilmente da pietre. Le varietà più diffuse erano il “frantoio”, il “moraiolo” e il “gramignolo”; le prime due sono ancora fortemente presenti nelle campagne del Senese (Cortonesi 2005). Come mostrano diversi dipinti dell’epoca, per la raccolta delle olive si faceva la cosiddetta “brucatura”, cioè la raccolta a mano, ancora oggi molto praticata.

Autore scheda: Serena Castignoni

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