Il Mulinaccio di Monticiano

Luogo: Mulinaccio, Le Gore

Comune: Monticiano

Data/periodo: A partire almeno dagli inizi del Duecento le acque del Merse, del Farma e di altri corsi d’acqua minori del territorio di Monticiano furono utilizzate per la molitura del grano e di altri cereali. I documenti di epoca medievale e moderna registrano infatti la presenza di numerosi mulini, alcuni del tutto scomparsi, altri rimasti in funzione fino al secolo scorso, che sorsero per impulso di enti religiosi presenti nella zona, di famiglie signorili, di privati imprenditori e della stessa comunità di Monticiano.

Tra le strutture di epoca più recente ubicate nel nostro territorio possiamo ricordare, oltre al Molinello e al Molino Nuovo, i mulini di San Lorenzo a Merse, Tifo, Ornate e Petriolo. Tra quelli scomparsi, citati nelle carte medievali, sono da menzionare i mulini di Campora, Foiano, Gonfienti, Lupinari, Ripetroso. Va inoltre annoverato un mulino edificato dai monaci dell’abbazia di San Galgano prima del 1216, la cui ubicazione è da identificarsi molto probabilmente con l’attuale località Mulinaccio.

La prima menzione dell’impianto si trova in un atto di concessione del vescovo di Volterra ai monaci cistercensi, riguardante lo sfruttamento delle acque della zona: in questo atto l’impianto è chiamato molendinum vetus Sancti Galgani, cioè “mulino vecchio di San Galgano”, con probabile riferimento al fatto che fu il primo mulino di proprietà dell’abbazia. Metà di questo impianto fu poi venduta dal monastero nel 1223 ad un gruppo di privati; da questa vendita derivò una lunga lite che si protrasse fino al 1249 e vide le autorità senesi, chiamate a dirimere la controversia, schierarsi dalla parte del monastero. Infatti l’abbazia ebbe sempre rapporti privilegiati con il comune di Siena ed i monaci di San Galgano svolsero a più riprese incarichi importanti nelle magistrature comunali (responsabili del cantiere del Duomo, tesorieri). Alla fine del XV secolo l’abbazia concesse ai Venturi, imprenditori delle attività siderurgiche, di utilizzare l’acqua che fuoriusciva dal mulino per una loro forgia. Secondo notizie orali, il mulino è rimasto in attività fino al secolo scorso ed è stato distrutto da un incendio

Descrizione: Dell’antico mulino rimane oggi soltanto la traccia toponomastica, in quanto l’impianto è andato distrutto e l’area in cui sorgeva è stata del tutto sconvolta in epoca recente dall’edificazione di un grande fabbricato ospitante varie attività artigianali. Resta però il sistema di alimentazione del mulino mediante un canale, ancor oggi denominato “Le Gore”, che corre in direzione SO-NE dal fiume Merse all’area attualmente edificata per poi proseguire in linea retta sboccando di nuovo nel fiume. La gora correva su un letto pensile con argini in terra sopraelevati in alcuni tratti di circa due metri rispetto al livello del terreno circostante. Attualmente è priva di acqua e in parte colmata, larga un metro e profonda circa ottanta centimetri. Circa a metà del percorso si trova una struttura di scolmo delle acque eccedenti, consistente in una muratura in pietra e laterizi dotata di saracinesca.
Questo impianto, come tutti i mulini funzionanti nel territorio senese, era del tipo “orizzontale”, cioè azionato da una ruota a pale disposta orizzontalmente (il “ritrecine”), alloggiata in un vano sotterraneo (il “carceraio”), che veniva colpita da un getto d’acqua a forte pressione proveniente da un bacino di raccolta soprastante (il “bottaccio”).
L’acqua arrivava al mulino scorrendo entro un canale (gora, gorello) dopo essere stata captata dal fiume o torrente tramite uno sbarramento che poteva essere costruito in muratura oppure in pali di legno (“steccaia”).

Bibliografia:

Barlucchi A., La proprietà fondiaria dell’abbazia di San Galgano (secc. XIII – inizi XIV). Prima parte: consistenza e formazione, in «Rivista di Storia dell’Agricoltura», XXXI, 1, 1991, pp. 63-107, p. 91

Canestrelli A., L’abbazia di S. Galgano: monografia storico-artistica con documenti e numerose illustrazioni, Firenze, Alinari, 1896, p. 109

Cortese M. E., L’acqua, il grano, il ferro. Opifici idraulici medievali nel bacino Farma-Merse, Firenze, All’Insegna del Giglio, 1997, pp. 252-256

Francovich R., Archeologia e territorio, in T. Detti (a cura di), La terra dei musei. Paesaggio, arte storia del territorio senese, Firenze, Giunti, 2006, pp. 13-39

Francovich R., Un parco senza confini. I segni della storia nel bacino del Farma-Merse, in T. Detti (a cura di), La terra dei musei. Paesaggio, arte storia del territorio senese, Firenze, Giunti, 2006, pp. 254-261

Autore scheda: Maria Elena Cortese

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