Collegiata di Santa Maria Assunta a San Gimignano

Luogo: San Gimignano

Comune: San Gimignano

Data/periodo: Consacrata nel 1148 ma appare menzionata già nel 949

Descrizione: L’antica pieve pertinente al castello di San Gimignano non si trovava nella posizione dell’attuale collegiata di Santa Maria Assunta, ma era situata a una certa distanza dall’abitato, verosimilmente sul tracciato della Francigena, in direzione di Siena, in località la Camporeccia, ed era forse dedicata ai Santi Giovanni e Niccolò. Col nome del primo dei due titolari appare menzionata fino dal 949, ossia circa quarant’anni prima che i documenti d’archivio attestino un qualche circuito difensivo attorno all’insediamento valdelsano.

Il trasferimento delle funzioni plebane all’interno delle mura avvenne nel corso del XII secolo. Tra il 1150 e il 1170 l’edificio di culto era già nella posizione attuale, innalzato sul luogo ove già si trovava un’altra chiesa, della quale non si conosce l’intitolazione. Di questa si conserva solo l’abside, inglobata dal lato orientale della nuova costruzione. La prima impostazione della pieve castellana delineò un edificio di vaste proporzioni, consone all’importanza di una comunità in rapida ascesa, già corrispondente all’attuale perimetro delle navate. Della chiesa più antica manteneva l’orientamento, culminante in una facciata rivolta verso il rilievo di Montestaffoli, nonché l’impiego della pietra per la costruzione delle pareti perimetrali.

Tra gli ultimi anni del XII secolo e il primo quarto del Duecento, prima che l’edificio fosse ultimato, s’impose un drastico cambio di direzione. Probabilmente in considerazione dell’andamento urbanistico del castello, sviluppatosi a cavallo della Francigena, e della progressiva definizione di spazi pubblici rappresentativi in corrispondenza del retro della chiesa, l’orientamento della pieve venne ribaltato. Il lato tergale venne dunque trasformato in facciata tramite la definizione di due portali, l’interno spartito in tre navate grazie all’innalzamento di colonnati in pietra e l’ancora incompleto fronte occidentale riconvertito in uno dei lati del transetto, edificato in prosecuzione dei quelli più lunghi del corpo principale, ma in parte sporgente al di sopra degli spioventi laterali dei tetti. L’intervento si concluse con la costruzione di un claristorio in mattoni e dei tetti soprastanti la navata centrale e la messa in opera del grande occhio in pietra della facciata.

Questa generale revisione del progetto della pieve si concretizzò in un cantiere complesso, verosimilmente sviluppato nell’arco di alcuni decenni, al quale concorsero professionalità diverse, fra quelle circolanti nell’area. Si deve forse a maestranze locali l’innalzamento del transetto, mentre rispondono all’adozione di tecniche e stili differenti le altre parti che completarono la costruzione. La scelta dell’impianto a colonne, ad esempio, per quanto documentata anche in ambito valdelsano, richiama soluzioni proprie del territorio pisano lucchese, forse mediate dallo sviluppo della coeva edilizia religiosa volterrana. Si notano numerose assonanze soprattutto con la vicina pieve di Chianni, probabilmente dovuta all’opera di un maestro proveniente da Volterra e oggi compresa nel comune di Gambassi Terme. Oltre all’impianto basilicale dei rispettivi corpi longitudinali, risaltano particolarmente le affinità dell’apparato scultoreo dei capitelli e la definizione, in entrambe le chiese, di un claristorio in laterizio. Quest’ultimo elemento, soprattutto quanto al sistema di aperture, alle cornici, alle relative decorazioni, nonché alle finiture superficiali, trova corrispondenza in moltissime chiese tardo romaniche del territorio valdelsano, forse realizzate da maestranze itineranti promotrici di saperi e stili diffusi ben oltre la Toscana.

L’edificio, forse intitolato a San Gimignano (sebbene negli affreschi trecenteschi di Memmo di Filippuccio, in controfacciata, si conservasse memoria di San Giovanni evangelista e di San Niccolò), era coperto da un tetto a capriate. L’interno era illuminato dalle finestre del transetto, oggi scomparse, e da finestrelle aperte sui lati lunghi del claristorio, all’interno completate da sottili fregi intonacati e imbiancati, sui quali risaltavano, dipinte in rosso, figure di uccelli, di belve, di geometrie che riprendevano illusionisticamente quelle scolpite sulle ghiere degli archi, in un gioco appena percettibile da terra.

Lo sviluppo del transetto aveva, fra l’altro, annullato la distanza intercorrente con una torre privata. presente sul ripiano rivolto verso Montestaffoli. Questa, originariamente appartenente a una famiglia che ad oggi nessuno è stato in grado di individuare, nei medesimi anni in cui si concretizzava la ridefinizione della chiesa, veniva trasformata in campanile tramite la creazione della cella sommitale.

Nel corso del Duecento la pieve venne completata dal timpano in mattoni, costituente la porzione superiore della facciata e dal rialzamento delle navate, realizzato ancora in laterizio. In questo frangente vennero anche definite le grandi monofore dei lati settentrionale e meridionale.

Durante il Trecento il transetto venne ampliato fino a sporgere di un tratto dal corpo della chiesa, mentre si mettevano in volta le navate laterali e si aprivano gli occhi minori della facciata, in sostituzione delle monofore laterali, rapidamente tamponate per non interrompere la continuità dei due cicli affrescati del Nuovo e del Vecchio Testamento.

Con la peste e la decadenza della città seguita alla sottomissione a Firenze, anche le attività costruttive andarono riducendosi, per riprendere, con rinnovato vigore, nella seconda metà del Quattrocento. Tra il 1464 e il 1473 anche la navata centrale, a seguito della soprelevazione del claristorio, veniva dotata di una volta a crociera che racchiudeva definitivamente le piccole monofore tardo romaniche, sostituite da due serie di oculi circolari.

Il grosso degli interventi si concretizzò durante il periodo in cui fu operaio (sovrintendente ai lavori) della pieve Onofrio di Pietro. A lui si deve il generale rinnovamento della pieve, inteso come apertura alle novità che si andavano diffondendo dalla città egemone, culminato nella realizzazione, tra il 1468 e il 1488, della cappella di Santa Fina, aperta nella parete destra in corrispondenza dell’inserzione col transetto su progetto da Giuliano da Maiano. L’apparato scultoreo, comprensivo della tomba altare della santa, venne realizzato dal fratello Benedetto, mentre i dipinti murali dal Ghirlandaio.

Sul lato opposto, in posizione speculare, entro la fine del secolo era completata anche la cappella dell’Immacolata Concezione, mentre la costruzione e gli ampliamenti del coro verso Montestaffoli comportarono il taglio di un angolo della torre campanaria, definitivamente inglobata dall’articolata costruzione.

Durante il dispiegarsi di questa nutrita serie di interventi e forse a riconoscimento dell’importanza dell’istituzione, la pieve, nel 1474, venne elevata a Collegiata.

Con la definiva decadenza della città, divenuta una della tante terre del contado fiorentino, anche il principale edificio di culto entrò in una fase di stasi. Soltanto con i restauri partiniani di fine Ottocento alla cappella di Santa Fina, per lo più limitati al tentativo di ricomposizione del già scompaginato altare maianesco, o con la stonacatura della facciata, dipinta nel 1818 dal sangimignanese Tommaso Benucci e liberata dai rivestimenti nel 1896, quelle ventate di rinnovato interesse per l’arte delle “origini” torneranno a investire l’antica pieve, in parallelo al resto della città, riscoperta dai primi flussi di visitatori che, percorrendo le tappe del Grand Tour, già trovavano nelle guide di viaggio la collegiata come prima tra le tappe obbligate della loro visita sangimignanese.

Nel luglio 1944, nel corso della secondo conflitto mondiale, la chiesa venne colpita da alcune salve di artiglieria che abbatterono parte del tetto e parte di una crociera, oltre a sfondare in più punti la parte settentrionale, perforando gli affreschi trecenteschi.

Bibliografia:

Gabbrielli F., La pieve di San Gimignano nel contesto dell’architettura romanica della Valdelsa, in Bagnoli A. (a cura di), La collegiata di San Gimignano. L’architettura, i cicli pittorici murali e i loro restauri, Siena, Protagon Editori, 2009, pp. 13-50

Mennucci A., San Gimignano, il colle di Montestaffoli e la collegiata. Archeologia, storia, urbanistica, in Bagnoli A. (a cura di), La collegiata di San Gimignano. L’architettura, i cicli pittorici murali e i loro restauri, Siena, Protagon Editori, 2009, pp. 51-137

Autore scheda: Antonello Mennucci

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