Museo della Terracotta di Petroio

Luogo: Petroio

Comune: Trequanda

Descrizione: Il museo etnografico si sviluppa in Italia grazie all’opera di importanti folkloristi come Giuseppe Pitré o Lamberto Loria. Sin dal 1870, infatti, Pitré era impegnato nella raccolta di oggetti del mondo tradizionale siciliano per l’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891, mentre Loria raccoglieva oggetti provenienti dalle diverse regioni italiane per la grande mostra etnografica all’Esposizione Universale di Roma del 1911. L’interesse per la collezione era legato allo studio della cultura materiale, che comprendeva la produzione e l’uso di oggetti, e alla ricerca etnografica, ossia al metodo di rilevamento di campo che consiste nell’osservare e tradurre pratiche culturali e relazioni sociali.

Queste prime grandi collezioni hanno certamente dato spunto ad alcuni antropologi che negli anni Settanta del Novecento si sono impegnati in diverse zone d’Italia nell’allestimento di piccoli musei etnografici, legati alla vita di comunità locali spesso rimaste ai margini del patrimonio culturale nazionale. L’antropologia ha cercato di dare a questi “piccoli patrimoni” la stessa dignità dei “fratelli maggiori” (i musei d’arte, i monumenti, i paesaggi) e lo ha fatto attraverso un’attenta analisi e comunicazione di usanze, modi e costumi della vita quotidiana.

In Toscana, questa attenzione si è manifestata precocemente grazie all’operato di studiosi come Alberto Mario Cirese, Pietro Clemente, Pier Giorgio Solinas, Paolo De Simonis, Mariano Fresta, Gianfranco Molteni e Claudio Rosati.

Il museo etnografico di Petroio, in particolare, è il risultato del lavoro congiunto degli antropologi culturali con la comunità locale. Qui l’impronta etnografica e autoriale è forte: il museo parla infatti attraverso le parole di chi ha vissuto in prima persona oppure nella memoria di figli e nipoti, al contempo traducendo e raccontando storie e aneddoti che permettono alla comunità di riconoscersi.

Il tema è l’artigianato della terracotta, intorno al quale ruota l’identità locale e si struttura il sentimento di nostalgia per un passato contadino perso nel ricordo dei vecchi, che rievocano l’importanza di mestieri oggi quasi sconosciuti come il fabbro, il carradore, il falegname o il carbonaio. L’artigianato si presenta, in tale universo narrativo, come spazio di mediazione tra competenze in un mondo prevalentemente agricolo.

Raccontare la storia e il lavoro dei concai, protagonisti privilegiati di questo mondo, significa ricostruire un sistema con le proprie regole, i propri tempi e le proprie modalità di apprendimento e trasmissione del saper fare. Il museo etnografico si assume dunque un compito difficile, quello di comunicare questa complessità essenzialmente con due obiettivi, l’uno didattico e l’altro poetico. Così, mentre ci accompagna nella conoscenza di tecniche, materiali, stili formali e procedure, il museo ci invita alla suggestione, all’interpretazione e all’immaginazione di storie di vita che potevano essere nostre.

Bibliografia:  

Pamuk O., Il museo dell’innocenza, Torino, Einaudi 2009

Molteni G. (a cura di), Museo della terracotta di Petroio, Siena, Protagon, 2001

Autore scheda: Pietro Meloni

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