I sardi in Toscana

Luogo: Località San Piero in Barca

Comune: Castelnuovo Berardenga

Data/periodo: Pietro arriva in Toscana nel 1966

Descrizione: Incontro Pietro Pitzeri e sua moglie Adua a casa loro. Mi faccio accompagnare da un amico sardo, che conoscono, e porto con me anche i miei figli, compagni di classe di una delle nipoti della coppia. Penso che possa essere un modo per creare un ambiente sereno, che li metta a loro agio e gli permetta di raccontarsi con tranquillità. Immediatamente ci troviamo a chiacchierare e a ridere nell’aia antistante il loro podere e al racconto della loro storia di migrazione si mischiano le urla dei bambini che giocano.

Pietro e Adua raccontano la fatica della dedizione ad una vita di lavoro, nella quale i tempi sono dettati dal trascorrere dei cicli di vita delle bestie, che vanno accudite in maniera diversa in ogni momento dell’anno ma non possono essere ignorate mai, nemmeno un giorno. Ecco i loro racconti.

Pietro: Sono arrivato qui, in Toscana, il 24 dicembre 1966, alla stazione della Befa, vicino a Buonconvento. Noi siamo sempre stati pastori, caprari o pastori. Eravamo nove fratelli: io e un altro fratello siamo venuti in Toscana e anche una nostra sorella si è sposata qui. Quando sono arrivato ero “scapolone” e sono arrivato da solo, con poche pecore – centoventi – che avevo caricato sul treno e hanno fatto il viaggio con me, dalla Sardegna a qui. Tutti i pastori che sono venuti qui si sono portati le pecore da casa: le avevamo in Sardegna e le abbiamo trasferite qui.

Ho fatto solo la prima elementare, quasi quasi non so scrivere, non potevo fare altro: o il pastore o il contadino. Ma io sono nato con le bestie in mano e poi le pecore mi piacciono!

Sono venuto per raggiungere mio fratello, che faceva il pastore e viveva a Vescovado di Murlo. All’inizio ho vissuto con lui. C’erano molti Sardi nel Senese perché a quell’epoca si trovavano i poderi. I primi anni abbiamo vissuto qui a mezzadria, poi sia io che mio fratello abbiamo comprato. Io da Vescovado sono andato a Montisi perché cercavo un podere per conto mio, senza mio fratello e poi sono arrivato qui il 28 di agosto del 1969. Qui sono stato qualche anno a mezzadria, ho comprato nel 1974. Quando eravamo a mezzadria noi ci occupavamo delle bestie, dividevamo il guadagno della vendita del latte col padrone, però lui contribuiva alle spese per le miscele, per il fieno… Il padrone era un signore dell’Arbia, un commerciante di maiali.

Quando sono arrivato c’erano già tantissimi Sardi, era pieno. Quegli anni erano gli anni del boom: i toscani lasciavano i poderi per andare verso la città, la campagna gli era venuta a noia e hanno venduto tutto per poche lire. La Toscana è dei Sardi! La terra qui è più di proprietà dei Sardi che dei Toscani! Noi sardi d’altronde dovevamo mettere radici, quindi dovevamo comprare la casa e le terre.

Quando sono arrivato io, qui di vigna ce n’era pochina, giusto qualcheduna. Poi ora hanno fatto tutto vigne. Anche di pastori ce n’era pochi: era tutto bosco.

Comunque noi abbiamo frequentato tanto i Sardi, ma non solo: qui ne viene di tutte le razze! Mi sono sempre trovato bene con tutti: ho litigato con una sola persona qui, in tanti anni. In Sardegna torniamo pochissimo, mi sembra che siano nove anni che non ci andiamo. C’è poca voglia e poco tempo di andare… con le bestie non è che puoi spostarti!

Anche Adua mescola il suo racconto a quello del marito:

Adua: Anche io avevo nove fratelli, di cui tre sorelle stanno qui, sposate con toscani. Noi (io e Pietro) eravamo fidanzati già in Sardegna. Le nostre case erano vicine: siamo nati che a separarci c’era solo un muro.

Pietro è venuto in Toscana e appena io ho avuto l’età, sua mamma mi ha portata qui perché mi sposassi. Lui ha fatto la strada e io ho seguito la scia. Ci siamo sposati a Guistrigona: il giorno in cui ci siamo sposati io ho governato i maiali e Pietro ha munto le pecore!

Non mi sono mai pentita della scelta che ho fatto e comunque per me non è stato difficile venire qui. Penso che oggi una ragazza a vent’anni non sarebbe sopravvissuta. Ma siccome siamo di un’altra generazione, io non la penso come i ragazzi ventenni di oggi. Prima si pensava in un altro modo e comunque sono stata bene nella vita che mi è capitata. E’ una scelta. Prima uno diceva: “mi sposo perché mi devo fare una famiglia”; oggi uno dice: “se non vado d’accordo mi separo”.

I miei figli sono nati tutti qui, all’ospedale di Siena. I primi figli erano gemelli, due maschi: Salvatore e Antonio, i nomi dei genitori di Pietro. Poi ho avuto due femmine.

Ho tirato su i bambini da sola. Sono sempre stata a casa, ho lavorato con Pietro e ho fatto anche io il lavoro che fa lui, non ho mai lavorato fuori e ho fatto tutto sempre rigorosamente da sola. Non ho mai avuto nessuno.

Ora i miei figli sono grandi, qui nel podere con noi vivono Salvatore e Antonio con le loro mogli e i figli. Le femmine si sono sposate e vivono coi loro mariti. Salvatore e Antonio lavorano a SienAmbiente e quando possono ci danno una mano ma non è che lavorano a tempo pieno con noi.

Ora è difficile per noi lavorare, anche se abbiamo poche pecore (duecento) siamo stufi, e c’è un momento in cui è giusto dire “basta”.

Io coi toscani mi sono sempre trovata bene, non ho mai avuto nessun problema: anche a San Piero  sono sempre andata d’accordo con tutti.

A conclusione del nostro lungo pomeriggio insieme, Pietro e Adua ci portano a vedere le bestie. Siamo una piccola corte di visitatori e bambini e mentre Adua ci mostra i cuccioli di maiale, mi appare chiaro che nei nonni Pitzeri esista la consapevolezza che con loro si chiuderà una storia. La storia del nonno Pietro che ha attraversato il mare con le sue pecore e che, vendendo il latte, è riuscito a comprare questo podere nelle colline del Chianti.

Bibliografia:

Pistacchi M. (a cura), Vive voci. L’intervista come fonte di documentazione, Roma, Donzelli, 2010

Video:

Intervista a Pietro e Adua Pitzeri raccolta da Irene Barrese e Federico Massidda a San Piero in Barca il 18 maggio 2013

Autore scheda: Irene Barrese

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