La ribollita

Luogo: Chianti

Comune: Gaiole in Chianti, Castellina in Chianti, Radda in Chianti, Castelnuovo Berardenga

Data/periodo: La prima minestra toscana di pane di cui si hanno notizie risale al Medioevo; ne troviamo una ricetta accurata nell’Artusi de La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene del 1891

Descrizione: Tra le più comuni zuppe di pane, la ribollita rappresenta una sorta di paradigma alimentare della mezzadria, oltre che uno dei piatti privilegiati di un nuovo consumo riflessivo e consapevole, orientato al rispetto per l’ambiente e alla riscoperta delle tradizioni locali.

Si tratta di un piatto povero dal punto di vista economico, ma ricco di sapori, colori e varietà di ingredienti, nel rispetto di uno dei tanti proverbi toscani che recita un gusto solo non fa sapore. Secondo la tradizione toscana, infatti, la ribollita va intesa come una zuppa di recupero, piatto tipico di una cucina contadina che ricicla gli avanzi e non spreca il pane raffermo ma, anzi, lo trasforma nell’ingrediente principale, insieme a fagioli, cavolo nero, cipolla, carote e sedano.

Come accade per ogni piatto di riciclo, è difficile definire una ricetta. In verità, l’unica vera ricetta della ribollita è scritta nella parsimonia e nella fame del mezzadro, come recita il proverbio: la fame è il meglio cuoco che ci sia. Esistono in effetti diverse varianti di ribollita e ognuna di esse è da considerarsi corretta dal punto di vista gastronomico. Essenziali, per una buona riuscita del piatto, sono comunque l’improvvisazione, l’adattamento e una buona capacità estetica nella scelta e nel dosaggio degli ingredienti.

La ribollita, si dice (e di fatto è per questo che si chiama così), è più buona il giorno dopo, quando viene appunto riportata a cottura, divenendo ancora più densa. In passato, non era inusuale mandare avanti una minestra anche per tutta la settimana, facendola “ribollire” ogni giorno.

C’è chi passa la minestra in forno, per fargli fare la crosta e renderla ancora più appetitosa; c’è poi chi aggiunge il rigatino (pancetta) nel soffritto di verdure, per dargli più sapore; e, ancora, chi la guarnisce, alla fine, con l’aggiunta di pecorino fresco e cipolla rossa cruda; chi, infine, strofina con uno spicchio d’aglio le fette di pane raffermo prima di bagnarle con la minestra cotta il giorno prima. Alcuni, poi, fanno la ribollita con pochi ingredienti – sempre presenti, in ogni caso, il cavolo nero e i fagioli cannellini – e preferiscono lasciarla in bianco, senza aggiunta di pomodoro. Altri, invece, vi aggiungono il cavolo verde (la verza), la bietola, il pomodoro, oppure verdure più inusuali come le zucchine e le patate, a testimoniare che un piatto povero non può esser sottoposto al rigore di una ricetta.

Oggi la ribollita è un piatto tradizionale riscoperto, segno e simbolo di autenticità e tipicità, immancabile nei menu dei ristoranti e delle osterie a Siena e nei paesi patrimonializzati del senese e, talvolta, “autentica” zuppa contadina da comprare disidrata, che il turista può portare con sé per degustare la nostalgia di Toscana.

Bibliografia:

Camporesi C. G., Siena e il suo Chianti, Lucca, Pacini Fazzi Editore, 2007

Falassi A., Proverbi toscani Commentati, Palermo, Il Vespro, 1979

Meloni P., I modi giusti. Un’etnografia della cultura materiale e del consumo nella provincia toscana contemporanea, thèse réalisée sous la direction de Fabio Mugnaini, Università degli studi di Siena, Avril 2010, REASOPO (Réseau Européen d’Analyse des Sociétés Politiques), 2012

Fonti:

Intervista a Rina Ceccherini raccolta da Valentina Lusini e Pietro Meloni a Barbischio, Gaiole in Chianti, il 20 aprile 2013

Autore scheda: Pietro Meloni

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