Pecorino di Pienza

Luogo: Pienza

Comune: Pienza

Data/periodo: La testimonianza più antica della presenza di attività pastorali in Val d’Orcia è legata ad alcuni reperti archeologici rinvenuti quali arnesi da lavoro, utensili, ossa di animali domestici che testimoniano che con molta probabilità  l’attività pastorale fosse presente ben da 8000 anni

Descrizione: Il ‘Cacio di Pienza’ è il ‘caseolus’ antico, cioè la forma piccola delle Crete, la sua storia ha radici molto lontane. Questo tipo di “cacio” risalirebbe addirittura al periodo Neolitico. Plinio il Vecchio, racconta che gli Etruschi, tra le campagne di Chiusi e l’Amiata, allevavano greggi di pecore facendo della pastorizia una delle loro risorse più importanti e realizzavano grosse forme di ottimo pecorino, e pare che ancora molti secoli dopo Lorenzo il Magnifico ne apprezzasse i profumi e i sapori. Il pecorino era commercializzato a Pienza fin dall’antichità nelle Fiera di San Matteo. Del resto già alla fine dell’Ottocento il Cacio di Pienza arrivò all’expò di Parigi e in America.  La testimonianza più antica della presenza di attività pastorali in Val d’Orcia è legata ad alcuni reperti archeologici rinvenuti durante una campagna di scavi presso il sito della cava Barbieri. I ritrovamenti fanno riferimento ad arnesi da lavoro, utensili, ossa di animali domestici; le fosse per realizzare palizzate testimoniano l’attività pastorale che è molto probabile fosse presente ben da 8000 anni. Nel Quattrocento è interessante l’annotazione di Enea Silvio Piccolomini, Papa Pio II, nei Commentari. Menziona infatti il cacio trovato a Chiusure nei pressi di Asciano, nel cuore delle Crete Senesi, definito particolarmente buono e delicato. La Val d’Orcia per la sua posizione, di passaggio verso la Maremma, era interessata dai movimenti della transumanza ed erano previsti anche pagamenti di dazi alcune volte pagati con lo stesso cacio […] le fanciulle che hanno imparata l’arte  di fare il Pecorino si acquistano molta reputazione nel paese, e questa loro abilità facilita il loro accasamento ed è considerata in conto di dote. È un formaggio caratteristico che vanta una tradizione e lavorazione unica al mondo.

Un tempo era noto come Pecorino delle Crete Senesi, recentemente ha assunto il nome di Pecorino di Pienza. Il 26 aprile del 1592 il cacio delle crete senesi compare tra le ultime portate del pranzo offerto dal Granduca Ferdinando I de’ Medici. Pietro Andrea Mattioli, medico e umanista senese, lo chiama “cacio dolce”. Nel 1612  Cosimo II de’ Medici ebbe in dono dal Rettore dell’ospedale di Montalcino oltre a piccioni, polli, ecc… anche 30 forme di cacio di creta. Nel 1795 Francesco Mulinelli scrivendo dei formaggi secchi toscani da il primo posto”… al cacio delle crete di Siena, il quale è fatto tutto di latte di pecora in  piccole forme rotonde,…” sul Bollettino del Comizio Agrario di Siena viene presentato un “Manuale pratico per la fabbricazione del cacio” nel quale sono descritte le tecniche di produzione “del cacio grasso da consumarsi fresco e del cacio forte da condire ricercato in commercio per uso del basso popolo, dei lavoranti di boschi ecc…da serbarsi”. Così Giorgio Dal Pra sul “Bullettino delle società toscane d’agricoltura del 1933 scriveva “è un formaggio che, bene lavorato, riesce di una  bontà e squisitezza non comune, sia per il sapore caratteristico della sua pasta e sia per l’aroma che ad essa viene impartito dalla flora dei pascoli”. Del Pra descriveva inoltre il criterio generalmente seguito per la produzione del formaggio pecorino senese nei quali sono citati  due tipi: il pecorino fresco e il pecorino stagionato.

Il pecorino è prodotto esclusivamente con latte di pecora che pascolano sui terreni argillosi, crete, dove cresce un mix di erbe molto profumate tipiche della zona (come la santoreggia, la mentuccia, il timo serpillo, l’artemisia cretacea, la barba di becco, il radicchio selvatico), che donano al latte la propria fragranza. La tecnica di lavorazione segue norme scrupolose utilizzando il caglio vegetale (callio o cardo), che conferisce una nota dolce e amara insieme. Ha una forma piccola e rotonda e un diametro variabile fra i 14 ed i 22 centimetri ed un peso da 800grammi a due chili. La crosta varia  a seconda della durata della stagionatura dal colore giallo al rosso per il trattamento con olio e pomodoro. La pasta è di colore tra il bianco ed il paglierino. Il sapore è dolce leggermente piccante. È prevista una stagionatura di trenta giorni per il pecorino fresco e di quattro mesi per la varietà stagionato. Oggi l’abilità dei produttori locali consente di poter degustare svariate versioni di pecorino, diverse non solo per il tempo di stagionatura, ma anche per i metodi utilizzati per la stagionatura stessa: avvolto nel fieno, sotto la cenere, in fossa, cosparso di buccia di pomodoro, tra le foglie di fico e di alloro, sommerso nella vinaccia e fatto maturare in botte. Al momento non esiste nessun disciplinare di produzione, nessuna denominazione DOP o IGP facente capo a questo prodotto.

Bibliografia:

Fondazione Musei Senesi, In viaggio nel Quattrocento. Guida al Rinascimento nelle Terre di Siena, Silvana Editoriale, 2010

Autore scheda: Valentina Pierguidi

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