Castello di Murlo
Luogo: Castello di Murlo
Comune: Murlo
Data/periodo: 1189. La prima attestazione castrense risale al 1189, quando il Castello di Murlo rientra tra quelli riconosciuti al vescovo di Siena Bono da un privilegio di papa Clemente III. La sua origine si suppone comunque più antica: doveva far parte dei castelli, delle ville e delle terre acquisiti dal vescovo Ranieri nel 1151, a seguito di una garanzia patrimoniale per un impegno sottoscritto e non soddisfatto dal conte Ugolino degli Ardengheschi. Il Castello di Murlo rappresentò per secoli il centro principale del cosiddetto Vescovado – o Feudo vescovile, come impropriamente è anche chiamato – possedimento dei vescovi senesi sin dalla metà circa dell’XI secolo, periodo al quale sembra di poter ricondurre la nascita del dominio: nel 1055 un diploma dell’imperatore Enrico III concedeva al vescovo di Siena varie località in quella zona, con la facoltà di legiferare, costruire fortezze e tenere milizie. Il dominio vescovile avrà termine alla fine del 1777 quando tutto il Vescovado, comprendente all’epoca le sette Comunità di Murlo, Lupompesi, Crevole, Casciano, Resi, Montepertuso e Vallerano, verrà inglobato nel Granducato di Toscana e sottoposto alle sue leggi. Ingenti danni subisce il castello nel 1554 durante gli eventi bellici che lo coinvolgono nel corso della Guerra di Siena; viene poi restaurato nel 1562 per iniziativa dell’arcivescovo Francesco Bandini Piccolomini, come ricordava una lapide con il suo stemma, murata sulla Porta di Tramontana del castello e oggi perduta, sembra, con il terremoto che colpì la zona nella notte del 25 agosto 1909
Descrizione: Murlo si erge sopra una collinetta che domina a ovest la boscosa vallata del Crevole e si presenta come un minuscolo e caratteristico borgo, avendo perso ogni carattere di struttura fortificata della quale non restano ormai che flebili tracce. E’ ancora ben delineato invece il perimetro originario dell’intero complesso, all’incirca triangolare con gli angoli assai smussati, poiché nel corso dei secoli non è stato stravolto da ampliamenti esterni. Le mura del castello, pur essendo state inglobate dalle case che gli sono sorte a ridosso nel tempo e avendo subito così rimaneggiamenti più o meno estesi, sono tuttora ravvisabili alla base degli edifici, tranne in un paio di tratti nella porzione a levante dove mancano del tutto (il catasto del 1466 registra ventidue case confinanti con le mura castellane). Due porte sulla cinta muraria danno accesso al borgo: una a sud-ovest, quella principale, costituita da un arco in pietra sopra il quale si vedono tre mensole in mattoni, residuo di piombatoi; l’altra a nord, con arco in mattoni, nota oggi come Porta di Tramontana. Entrando dalla porta principale spicca subito al centro del borgo l’imponente mole del Palazzone, antica residenza vescovile; dopo importanti interventi di restauro negli anni Ottanta, l’edificio è divenuto sede del Museo Archeologico e conserva i reperti provenienti dal vicino sito etrusco di Poggio Civitate, tuttora in corso di scavo.
Sviluppatosi sopra un antico torrione, il Palazzone presenta una pianta quadrata con base parzialmente a scarpa, mentre sul lato a est si può notare una porta murata, con architrave piana sovrastata da un arco acuto in pietra: probabilmente la primitiva porta d’ingresso. Sul lato nord appaiono due finestre a feritoia aperta a strombo verso l’esterno.
Alla sinistra del Palazzone si trova un fabbricato conosciuto come Palazzina, fatto erigere su ruderi preesistenti dall’arcivescovo Alessandro Chigi-Zondadari (1715-1745) per servire da nuova residenza del vicario (che amministrava il territorio per conto del vescovo), da tribunale, cancelleria, archivio e anche da carcere; sulla facciata prospiciente Piazza della Cattedrale è murata una targa in marmo bianco raffigurante appunto l’arme Chigi-Zondadari. La Palazzina risulta collegata, da una parte, al Palazzone, tramite un cavalcavia voluto dall’arcivescovo Cervini nel 1759 (la nicchia vuota su di esso conteneva uno stemma Cervini, oggi scomparso); dall’altra, è collegata agli edifici del circuito murario da un piccolo cavalcavia che passa sopra Via delle Carceri e fu fatto costruire dall’arcivescovo Giuseppe Mancini (1824-1855), come dimostra la presenza della sua arme in terracotta non smaltata, datata 1839. Due case in prossimità di questo cavalcavia riportano, murato sulla facciata, uno stemma in maiolica (1807) riferibile all’arcivescovo Anton Felice Chigi-Zondadari (1795-1823), ad attestare all’epoca la proprietà degli edifici da parte della mensa vescovile (uno, asportato negli anni Novanta è stato sostituito da una copia). Palazzone e Palazzina, tagliando nel mezzo l’interno del borgo, separano Piazza delle Carceri da Piazza della Cattedrale sulla quale si affaccia l’antica pieve di San Fortunato con annessa canonica; da questa prende origine la breve Via Tonda, una volta Strada della Compagnia, poiché alcune case sul lato delle mura erano proprietà della Compagnia di Santa Maria delle Nevi, meglio nota come Compagnia dei Bianchi, eretta presso la pieve suddetta. Una targa in maiolica raffigurante l’Assunta e datata 1796, è murata sulla facciata di una di esse, a memoria del ripristino della compagnia in quell’anno dopo la soppressione avvenuta nel 1785: come ricorda la targa, fu donata all’epoca da Baldassarre Bellacchi, priore neo-eletto della compagnia.
Bibliografia:
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Fonti:
Schede ICCD di riferimento: ASBAP Si e Gr: scheda di catalogo n. 00384883 (compilata da F. Aiello, 1994)
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