Museo Civico Archeologico di Sarteano
Luogo: Sarteano
Comune: Sarteano
Data/periodo: Il Museo Civico Archeologico di Sarteano viene istituito nel 1997 con l’intento di riportare nel territorio di origine numerosi reperti che tra il XIX e il XX secolo erano stati scavati nell’ambito comunale e concentrati nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Descrizione: I reperti del Museo Civico Archeologico di Sarteano costituiscono una minima parte di quell’immenso patrimonio che fin dall’antichità è stato saccheggiato e venduto in tutto il mondo.
Il museo è diviso in due sezioni: al piano superiore è allestito un percorso cronologico-topografico sulle necropoli etrusche del territorio, a partire dalla fine del IX secolo a.C. fino al II secolo a.C. Il piano inferiore, invece, è interamente dedicato agli scavi dell’ultimo decennio nella necropoli delle Pianacce.
Il percorso cronologico è anche un itinerario tra le diverse tipologie tombali che ripercorre l’evoluzione degli ossuari: dalle tombe a pozzetto di epoca villanoviana con ossuari biconici lisci delle sepolture scavate dal marchese Bargagli a Sferracavalli nella seconda metà dell’Ottocento, ai canopi delle tombe singole a ziro della prima metà del VII secolo a.C., ovvero del primo periodo orientalizzante, fino allo sviluppo nell’ultimo trentennio del VII secolo a.C. della tomba di famiglia a piccola camera che accoglie i due canopi rinvenuti a Macchiapiana nel 1954 da Guglielmo Maetzke.
I canopi sono i tipici ossuari a forma antropomorfa, caratteristici dell’area chiusina, realizzati per un secolo (tra il 680 e il 580 a.C. circa) per accogliere le ceneri del defunto; si evolvono da ciotole capovolte conformate a mano a testa umana (come il canopo della tomba a ziro di Macchiapiana) fino a quelle naturalistiche ottenute a stampo dell’ultimo periodo (quello dei cosiddetti “canopi evoluti”). La ricostruzione della tomba a piccola grotticella di Macchiapiana mostra un esempio importante di canopo femminile su trono, con in mano il simbolo del potere della società tardo-orientalizzante, ovvero l’ascia bipenne in un modellino di terracotta; inoltre siede su un trono ricavato dalla pietra locale in cui è scavata la tomba. Questa sepoltura femminile costituisce una chiara dimostrazione del ruolo femminile all’interno della società etrusca già intorno al 630 a.C. con una donna, deposta accanto al figlio, che detiene almeno momentaneamente il potere, probabilmente a causa della morte del marito avvenuta lontano da casa.
La necropoli della Palazzina, scavata dal Gruppo Archeologico Etruria nel 1997, permette invece di avere uno spaccato della società dalla fine del VI al IV secolo a.C., con deposizioni poste ormai costantemente in grandi tombe a camera scavate nel travertino, con varie nicchie che accoglievano all’interno di uno stesso ipogeo numerosi familiari, con ampi corredi di ceramiche dipinte. Accanto alle ceramiche di produzione locale compaiono anche quelle importate da Atene, oggetti di pregio come orecchini in oro del tipo a grappolo, cofanetti in osso decorati con lamine d’oro e d’argento per contenere i gioielli delle dominae, placchette in bronzo decorate con la figura dell’aruspice su anse di boccali di bronzo e tutto quanto potesse servire nella dimora eterna come corredo personale e da mensa.
Il cippo, rinvenuto nel XIX secolo in località Sant’Angelo e pertinente alla necropoli della Pedata, posta attualmente nel comune di Chianciano, rappresenta uno degli esemplari più belli e con maggiore complessità narrativa di questa serie di segnacoli funerari, prodotti nel chiusino tra la fine del VI e la prima metà del V secolo a.C., con scene che rappresentano i momenti salienti di un funerale etrusco: una vera narrazione dei rituali connessi alla cerimonia, utilissima anche per comprendere cosa accadeva nell’area sacra rinvenuta recentemente nella necropoli delle Pianacce.
La sezione del museo ubicata al piano sotterraneo è interamente dedicata agli scavi della necropoli delle Pianacce condotti dal museo con il Gruppo Archeologico Etruria tra il 2000 e il 2011. Essa si apre con le due sale dedicate alla tomba della Quadriga Infernale. Una serie di strumenti conoscitivi (classici pannelli, ricostruzione in 3D, filmato didattico) spiegano le caratteristiche del monumento. La ricostruzione a grandezza naturale della tomba è realizzata con una tecnica del tutto innovativa in Italia: sono stati utilizzati accorgimenti tipici delle scenografie teatrali con la realizzazione della forma di tutto il lato sinistro dipinto con il polistirolo; in seguito, sulla superficie dei pannelli è stato passato uno strato di intonaco resinoso sul quale è stata stampata direttamente la foto digitale delle pitture (il risultato, oltre che essere filologicamente corretto, è di grande impatto visivo).
La scoperta della tomba della Quadriga Infernale, avvenuta nel 2003, ha portato alla luce una delle più significative testimonianze della pittura parietale etrusca del IV secolo a.C.; le quattro scene rappresentate e riprodotte all’interno del museo costituiscono, per la loro unicità e i colori, iconografie di straordinario interesse. All’interno della sala sono esposti anche i reperti rinvenuti tra cui spiccano tre kylikes del gruppo Clusium di produzione locale e i resti frammentari di un’armatura oplitica in bronzo.
Nelle ultime sale sono presentati i restanti corredi arcaico-classici ed ellenistici delle altre venti tombe scavate nella necropoli delle Pianacce. In particolare le tombe 13 e 14, collegate tra esse, hanno restituito la maggiore quantità di ceramica attica a figure nere e rosse mai rinvenuta nel territorio di Sarteano, oltre a un impressionante numero di cippi di pietra fetida, alcuni con funzioni di ossuario (in quanto internamente cavi) e con scene rituali di enorme valore simbolico e raffinatezza. Inoltre, sempre da queste due tombe, provengono una statua-cinerario maschile di piccole dimensioni e un gruppo cinerario di pietra fetida con defunto e Vanth, una scultura di grande cura formale che ha i suoi precedenti in modelli fidiaci.
Anche nel IV secolo a.C. e per tutto l’ellenismo, le gentes sepolte alle Pianacce dimostrano grande raffinatezza nell’uso di oggetti pregiati (un manico di specchio in osso con figure di opliti a rilievo e una collana d’oro composta da fiori di loto, palmette e una grande bulla) o molto particolari (maschere di sileni in piombo che decoravano un sarcofago con tetto displuviato in pietra serena). Le Pianacce hanno dato inoltre la maggiore restituzione da contesto di kylikes a figure rosse etrusche del gruppo Clusium, tra le quali esemplari frammentari del caposcuola Pittore di Montediano e del Pittore di Sarteano. La possibilità di analizzare i contesti dal punto di vista dei materiali, delle strutture architettoniche e dei reperti osteologici fornisce uno spaccato significativo di una società medio-alta del territorio chiusino tra la fine del VI e il II secolo a.C.
Anche l’importante fase romana del territorio di Sarteano è documentata alla fine del percorso del museo da alcune belle lastre architettoniche in terracotta del tipo Campana che rappresentano figure mitologiche a bassorilievo e testimoniano la ricchezza di edifici anche in epoca augustea, legati perlopiù allo sfruttamento delle acque termali.
Bibliografia:
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Minetti A. e Rastrelli A., La necropoli della Palazzina nel Museo Civico Archeologico di Sarteano, Siena, Alsaba Protagon, 2001
Paolucci G. (a cura di), In viaggio con i grandi archeologi. Sulle tracce degli Etruschi nelle Terre di Siena, Fondazione Musei Senesi, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2010
Autore scheda: Alessandra Minetti
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