Eremo di Santa Maria in Belverde – Cetona

Luogo: Località Belverde  

Comune: Cetona 

Denominazione: Romitorio di Belverde, Romitorio del Sasso 

Data/periodo: XI secolo-fine XX secolo 

Descrizione: LEremo francescano di Santa Maria in Belverde sorge ai piedi di unimponente rupe in travertino, sommerso da piante di leccio e cipressi centenari, dove la tradizione vuole che, in una grotta attigua, si ritirasse in preghiera San Francesco 

La parte più antica del complesso è costituita da tre chiese sovrapposte, la cui fondazione risale probabilmente attorno allanno 1000. Nel 1367, con il Diploma di Enrico IV, Cetona e molti territori vennero concessi a Guglielmo di Beaufort e, forse per salvare il patrimonio locale, la famiglia orvietana dei conti di Montemarte e di Corbara fece donazioni alla Chiesa di Belverde. A ragione di ciò, un membro di questa famiglia, Niccolò, viene indicato come fondatore del convento che in quellanno sorse a fianco delle chiese. Come si evince nelle memorie storiche raccolte dal Corticelli sappiamo che il fondatore del romitorio Disprezzando il nativo suolo e la sua nobile prosapia, desiderò di piacere a Dio solo, e vestì labito del terzordine di S. Francesco soltanto, senza neppure farsi ordinare sacerdote 

Il complesso, a cui si accede tramite un portico su pilastri gotici, è sormontato da un alto campanile a vela, e ha unoriginale struttura interna, composta da tre oratori disposti su due piani. Le tre chiese, dedicate rispettivamente alla Beata Vergine Maria, quella inferiore, a Cristo Salvatore, quella centrale sovrastante e a Maria Maddalena, quella superiore, sono caratterizzate da una sola navata, da volte a botte e da archi a tutto sesto. Loratorio del Salvatore è sovrapposto a quello di Santa Maria, a formare una chiesa doppia, con probabile allusione alla basilica francescana di Assisi.  

Alla povertà dellarchitettura, il cui aspetto odierno sembra essere per lo più quello conferitogli da un intervento cinquecentesco, leremo contrappone una ricchissima decorazione ad affresco che si estende sulle pareti dei tre oratori. Nel 1375, infatti, il possesso di Cetona e delle sue terre, tornò definitivamente nelle mani dei conti di Montemarte e di Corbara con Ugolino e successivamente con Francesco che commissionò gli affreschi delle chiese ad artisti di scuola orvietana, eseguiti tra gli anni ottanta del Trecento e gli inizi del Quattrocento. A ricordo dei committenti è ancora lo stemma familiare con gigli in campo rosso, dipinto nella Chiesa del Salvatore.  

Tra i maestri che affrescarono le pareti e le volte delle Chiese di Belverde, sono riconoscibili Cola Petruccioli, nellOratorio Inferiore e Piero di Puccio ed Andrea di Giovanni, in quelle delle chiese superiori. Questi tre pittori furono discepoli e collaboratori di Ugolino di Prete Ilario nellesecuzione degli affreschi della Cappella del Corporale nel Duomo di Orvieto. Oltre ad essi è individuabile la mano di un altro maestro, sempre di scuola orvietana, rimasto anonimo e conosciuto come il Quarto Maestro di Belverde. Questi affreschi costituiscono il più importante ciclo di scuola orvietana presente nella provincia di Siena. 

Dalle fonti pervenute, dopo la morte del fondatore del Convento, nel 1487 i confratelli che qui vi dimorarono per poco più di un secolo, essendo ormai ridotti ad un numero esiguo, consegnarono lEremo ai Frati Minori del vicino Convento di San Francesco.  

I Padri Osservanti, quando qui presero dimora, aggiunsero quattro stanze destinate a dormitorio, alle sei già costruite a tale fine dal fondatore, trasformando la struttura in vero e proprio convento e incorporando anche il refettorio con un caminetto nel cui architrave, in caratteri gotici, fu riportata la data 1490 associata al nome del Salvatore. 

Leremo di Santa Maria in Belverde fu abitato per due secoli dai Padri Osservanti e successivamente dai Riformati, mentre dal 1652 al 1694, prima di tornare a svolgere la sua funzione originaria, ovvero quella di convento, fu adibito a semplice romitorio. I Francescani dopo aver ripreso possesso del convento, vi restarono fino al 1809 quando il Vescovo di Chiusi decise di affidare la pertinenza del luogo e delle sue terre, alla Famiglia Rasimelli. 

Tornando alle chiese, in particolare alla cappella inferiore, ovvero lOratorio della Beata Vergine Maria, essa appare quasi interamente affrescata da Cola Petruccioli che vi raffigurò molteplici soggetti tra cui una Crocifissione, sopra la porta daccesso, nella quale compaiono ai piedi della croce, la Maddalena, la Vergine, San Giovanni Evangelista e alle due estremità San Romualdo (fondatore delleremo di Camaldoli) e San Leonardo (entrambi emblemi della vita eremitica). Questo Cristo crocifisso con la Maddalena ed i dolenti, ricorda assai da vicino, nella composizione e negli atteggiamenti dei personaggi, quello che Cola eseguì nel 1380 per il Duomo di Orvieto. Sempre a lui sono riferite la Madonna del Latte, unAnnunciazione e la Madonna in trono con il Bambino e i Santi Giovanni Battista e Bartolomeo. Sono evidenti in questi affreschi alcuni echi della pittura senese del primo Trecento, sia nelle fisionomie delle figure, sia nei comportamenti. Alcune figure di santi, tra i quali emerge un bel San Michele Arcangelo, un Cristo Redentore e un angelo annunciante completano, insieme alle Stimmate di San Francesco, il programma iconografico delloratorio. 

Nella cappella superiore, dedicata a Gesù e per questo chiamata Oratorio del Salvatore, si trova rappresentato il ciclo della vita e passione di Cristo, disposto su un doppio registro lungo le pareti (il soprastante occupa anche una parte della volta), inserito, come del resto tutti gli affreschi del complesso, allinterno di finte cornici architettoniche musive. Gli artisti che operarono in questo oratorio furono Piero di Puccio, Andrea di Giovanni e il Quarto maestro di Belverde” al quale si riferiscono l’ Annunciazione, la Nascita di Gesù, lAdorazione dei Magi, la Presentazione di Gesù al Tempio, la Disputa con i dottori. Di Piero di Puccio sono invece i riquadri con il Battesimo di Cristo e lIngresso di Gesù a Gerusalemme mentre, ad Andrea di Giovanni spettano, infine, la toccante Orazione nel Getsemani con lintenso volto di Cristo segnato dalle stille di sangue, il Bacio di Giuda, la Flagellazione, la Resurrezione e la Discesa di Cristo al Limbo. Il ciclo, in origine, era completato da tre storie nellabside raffiguranti la Salita al Calvario, la Crocifissione e la Deposizione e da due sulla controfacciata in cui erano dipinte il Giudizio Universale e lInferno, tutti riquadri oggi perduti. 

Un dettaglio interessante che si riscontra nelle tre chiese di Belverde è luso frequente del visibile parlare” e cioè la visualizzazione alfabetica degli enunciati. Piero di Puccio vi era ricorso, in modo ancora più esteso, negli affreschi del Camposanto di Pisa, tanto che esso costituiva una delle caratteristiche formali salienti di quellimpresa. Laveva inoltre impiegato nelle Storie di San Matteo in San Francesco ad Orvieto. Caso non unico per la pittura tardomedievale (anche Andrea di Giovanni ne fa ampio uso per gli affreschi nellOratorio della Maddalena), il visibile parlare” del maestro orvietano, pur essendo una scrittura esposta, non si rifaceva a modelli epigrafici, bensì esplicitamente testuali. Egli infatti prediligeva un alfabeto gotico minuscolo, con capolettera maiuscolo, spesso di colore rosso. Il testo risulta di frequente disposto su una sorta di bianco filatterio rettilineo contornato in rosso e/o nero, privo di volute o piegamenti terminali e direzionato verso il destinatario del messaggio, con uno degli estremi in prossimità della bocca del parlante, secondo una modalità prossima al fumetto moderno. 

Lattigua cappella, dedicata a Maria Maddalena, nota anche come Oratorio della Maddalena, fu interamente affrescata, negli ultimi anni del Trecento o allo scoccare del secolo successivo, da Andrea di Giovanni, che ricevette lincarico di illustrare alcuni episodi della vita della Santa tratti, in gran parte, da una leggenda provenzale. La prima scena rappresenta la Cena in Betania, episodio evangelico di fresca vivacità narrativa, ottenuta soprattutto grazie allausilio del suddetto visibile parlare, con le parole che escono dalla bocca del Cristo e di Giuda. I riquadri successivi mostrano lArrivo della Maddalena a Marsiglia (alle Bocche del Rodano, nella Camargue, a Sainte Marie de la Mer, si trova una chiesa romanica eretta a testimonianza dellevento) ed il Miracolo degli sposi (o della Principessa di Provenza) ovvero lepisodio in cui si narra che mentre la coppia si stava imbarcando alla volta di Gerusalemme, per ottenere la grazia di avere un figlio, incontrò la Maddalena la quale benedisse la moglie. Durante il viaggio gli sposi dovettero fare tappa su un isola perché alla donna vennero le doglie, essa diede alla luce un bambino ma morirono entrambi. Fu così che il marito, disperato, si rimise in viaggio per Gerusalemme dove pregò tanto per la moglie ed il figlio. Di ritorno, si fermò sullisola e, con sua immensa sorpresa, li trovò vivi. Da qui la scena dipinta che ritrae la madre con il figlio ed unaltra in cui è rappresentato il loro ritrovamento da parte del marito, di ritorno da Gerusalemme. Negli ultimi due affreschi sono infine dipinte la Comunione e la Levitazione della Maddalena. La chiarezza dellimpaginazione, la persuasiva espressività delle figure e ed il tono quasi fiabesco del racconto rendono questo piccolo ciclo uno dei raggiungimenti più alti del pittore orvietano.  

Sotto questi affreschi è conservata inoltre una pregevole Via Crucis composta da quattordici formelle in terracotta policroma di manifattura senese o di San Quirico, eseguite nella prima metà del 1700 e derivate da modelli di incisioni cinque-seicentesche, provenienti dal Nord Europa. 

I tre oratori, e nello specifico i cicli di affreschi, hanno subito diverse campagne di restauro negli anni, in particolare si ricordano quelle del 1908 su interessamento dellallora sindaco di Cetona Corticelli, quelle del 1923 con uno stanziamento di 15.000 lire da parte dello Stato ed infine, quelle avvenute tra il 1969 ed il 1973, importanti perché fu proprio allora che il Prof. Enzo Carli, Soprintendente di Siena, curò lintero progetto di restauro determinando anche lattribuzione delle pitture parietali alla scuola orvietana anziché a quella senese (come invece era stata erroneamente assegnata fino a quellepoca) ed in particolare identificando in Cola Petruccioli lautore delle porzioni più ampie dellintero ciclo. A questultima campagna di restauro, in accordo con la Soprintendenza, parteciparono i ragazzi della Comunità di Mondo X, diretta da Padre Eligio. In questa zona, la suddetta Comunità, oltre allEremo di Santa Maria in Belverde, ha restaurato anche il Convento di San Francesco. 

Bibliografia:  

Cinelli M., Cetona un viaggio nel tempo itinerari turistici tra storia, arte e natura, Città di    Castello, Litogrf, 1999, pp. 43-45 

Corticelli C., Notizie e documenti sulla storia di Cetona, Firenze, Società per le industrie grafiche    Spinelli & C., 1926, pp. 85-154

Cuda M. T., Parco Archeologico Naturalistico di Belverde, Siena, Protagon Editori Toscani,  1998, pp. 31-35 

Ermini G., La chiesa del Salvatore, Sancta Sanctorum” delleremo di Santa Maria di Belverde.  Proposte per Pietro di Puccio e la pittura orvietana del secondo Trecento, Città di Castello per conto di Sillabe, Genesi, 2008, pp. 199-225 

Grassini P., Cetona e il suo ambiente, Roma, Laziografik, 1986, pp. 75-88 

Note: Cola Petruccioli (Orvieto1360 circa – Perugia1401è stato un pittore italiano, attivo negli anni intorno al 1400 e contemporaneo alla Scuola Senese. Nel 1380 risultava impegnato, come apprendista di Ugolino di Prete Itario, nel duomo di Orvieto, nella cui cripta firmò l’affresco della Crocifissione, il cui stile rileva l’adesione agli stilemi umbro-marchigiani, lavorando anche nella Cappella del Corporale. Suoi lavori sono presenti anche nella Cattedrale di Assisi. In seguito anticipò le eleganti tendenze del gotico internazionale, dipingendo a Spello un piccolo dittico con la Crocifissione e l’Incoronazione (del 1385 o forse 1395, ora alla Pinacoteca Civica), la Madonna con bambino e sante (a Venezia nella collezione Cini), la Madonna con San Francesco ed i committenti (ad Assisi).

Autore scheda:  Silvia Reali 

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