Eremo del Vivo d’Orcia
Luogo: Vivo d’Orcia
Comune: Castiglione d’Orcia
Data/periodo: XI secolo
Descrizione: La fondazione dell’eremo del Vivo viene tradizionalmente attribuita all’inizio dell’ XI secolo a San Romualdo ma non ci sono documenti che confermino questo, cosicché la prima menzione si ha in una bolla pontificia del 1113 dove compare compreso fra gli enti religiosi confermati al monastero di Camaldoli.
Le origini della comunità camaldolese al Vivo d’Orcia sono conosciute grazie ad un documento che, anche se di difficile datazione, si colloca tra il 1127 e il 1144 che narra, in data non precisata ma della prima metà dell’ XI secolo, di un tale Lamberto da Briccole e due suoi compagni che scelsero questo sito come luogo di ritiro. Solo in seguito si recarono a Camaldoli e pronunciarono la loro confessione all’ordine. Tornati al Vivo fondarono una vera e propria comunità. Se nel documento del 1113 si parlava di eremo nella bolla pontificia di Onorio II del 1125 figura monastero intitolato a San Pietro successivamente ancora compare con la dedicazione a San Benedetto. Questo accentua la difficoltà di comprensione della struttura.
Il monastero del Vivo dovette godere di una certa importanza (intorno alla metà del XII secolo ebbe giurisdizione su quattro monasteri fra cui quello di San Piero in Campo) tanto da avere una certa autonomia all’interno della congregazione camaldolese, anche se sono testimoniati contrasti con la casa madre.
Nel 1136 papa Innocenzo II conferma a Camaldoli monasterium Sancti Petri in Vivo Montis Amiati. Nel 1144 il papa Celestino II cercando di stemperare i disaccordi che vedono coinvolte le due comunità, quella di Camaldoli e quella del Vivo, in una lettera stende una sorta di regolamento sulla elezione del priore e sull’ uniformità liturgica. Nel 1147 papa Eugenio III conferma le designazioni di papa Celestino. Nel 1181 venne donata all’eremo di San Benedetto del Vivo la cappella senese di Santa Cristina con i suoi beni ed i suoi diritti e fin dal 1216 il capitolo dell’eremo si riunisce in ecclesia Sancte Mustiole de Vivo apud Senas e nel 1218 inizia la costruzione di un vero e proprio monastero cittadino. A causa di eventi bellici il papa Alessandro IV dal 1259 concedeva ai monaci di trasferirsi almeno in parte nel monastero senese e nel 260 il comune di Siena accordò la protezione a beni e persone dipendenti da Santa Mustiola.
Lo stato di declino del monastero e dell’eremo viene testimoniato da papa Pio II nel 1462 che in occasione di una gita alle sorgenti del Vivo trovava i due insediamenti deserti. Divenuto proprietà dei Farnese, nel 1538 papa Paolo III Farnese cedette il monastero, ormai abbandonato, ed i beni rimanenti al Cardinale Marcello Cervini di Montepulciano. La comunità che si costituì sulle rive del torrente Vivo doveva essere strutturata in modo simile a quella di Camaldoli. Si parla infatti di due insediamenti: uno superior ed eremitico l’eremo del Vivo e denominato anche San Benedetto del Vivo, l’altro inferior e cenobitico detto monastero del Vivo o più spesso San Pietro del Vivo che risulta essere anche la parte più popolata.
Della chiesa del monastero inferiore rimane traccia nella rimaneggiata chiesa dedicata attualmente a San Marcello in onore del papa Marcello II Cervini. La chiesa fu ricostruita sulle rovine di quella di San Pietro (chiesa monastica) come testimonia l’aspetto cinquecentesco presente in facciata quando ne venne modificato anche l’orientamento. Alla fine del Seicento (1687 come riporta un’iscrizione nell’altare maggiore) risale la costruzione dei tre altari che si conservano all’interno e della parte alta del campanile, ma permangono ancora elementi medievali come nella parte bassa del campanile stesso. I resti più interessanti sono costituiti da alcuni elementi presenti nella parete terminale e nel lato meridionale della chiesa oltre ad uno stipite che attualmente dà nella sacrestia ma proveniente dal portale della facciata originale con la rappresentazione di San Michele in atto di uccidere il drago.
La chiesa di San Benedetto, ovvero l’Ermicciolo, o eremo superiore, è collocata in prossimità delle sorgenti del Vivo in un ambiente suggestivo all’interno del bosco di castagni. L’edificio, una piccola chiesa romanica, realizzato a filaretto in bozze di trachite, si presenta a navata unica con abside semicircolare cieche decorata da arcatelle pensili che terminano su due lesene laterali e sostenute da mensole scolpite con soggetti vari. La facciata presenta, ai lati del portale, due semplici riquadri con motivo a scacchiera effetto ottenuto con diverse tonalità di roccia vulcanica. Il buono stato di conservazione è la conseguenza di ristrutturazioni avvenute intorno agli anni ‘30 del Novecento che rispecchiano, abbastanza fedelmente, la struttura originale. La chiesa è di proprietà della famiglia Cervini.
Bibliografia:
Avetta C., “Tintinnano”. La Rocca e il territorio di Castiglione d’Orcia, Editrice DonChisciotte, 1988, pp. 122 e 123
Comune di Castiglione d’Orcia, Dalla Val d’Orcia alle pendici del Monte Amiata, Siena, AL.SA.BA, Grafiche
Cortonesi A. e Piccinni G. (a cura di), L’Eremo del Vivo Secolo XI Secolo XXI fra dinamiche religiose e territoriali, Arcidosso, Edizioni Effigi, 2004
Autore scheda: Valentina Pierguidi
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