Il Carnevale di Monticiano

Luogo: Monticiano

Comune: Monticiano

Descrizione: Forse il più classico dei rituali di inversione, il carnevale sovverte, per un breve periodo, le norme sociali stabilite.
In passato, a Monticiano come altrove, il giorno più importante del carnevale era senza dubbio l’ultimo giorno, il martedì grasso. La gente si mascherava indossando gli abiti alla rovescia e coprendosi il viso per non farsi riconoscere. Le donne si vestivano da uomini e gli uomini da donne.

Nella piazza del paese si innalzava una catasta di legna, che veniva incendiata da torce di scopa gettate dai bambini. Quando il “focone” divampava, per liberarsi dell’inverno e delle privazioni, si bruciava il Carnevale e con esso bruciavano tutte le preoccupazioni dell’annata. Molti sfidavano il Carnevale saltando attraverso il fuoco in prove di abilità e destrezza.

Elena Golini ricorda il carnevale di Monticiano attraverso le memoria di chi l’ha vissuto: si saltava il fuoco, c’era anche chi ci cascava, si diceva: “m’è cascata la moglie nel foco ‘un so’ se la levo, ‘un so’ se la copro” e via un salto… così moriva il Carnevale con questo gran fuoco e quando cominciava a spengersi si cominciava a berciare: “more, more, è morto il carnevale”, era divertente. Il fuoco, grande dispendio di energia e di beni, concludeva così la parentesi rituale del festivo, dando avvio alla morigeratezza imposta dalla Quaresima, in attesa della Pasqua.

Nelle zone di Iesa, alla fine del carnevale si accompagnava anche il “cantar la vecchia”, conosciuto nelle zone del senese come “sega-la-vecchia”, un canto di questua che annunciava la fine dell’inverno e l’inizio della stagione primaverile.

Bibliografia:

Golini E., Il carnevale, in Ascheri M., Borracelli M. (a cura di), Monticiano e il suo territorio, Siena, Cantagalli, 1997, pp. 287-288

Martinelli Petrini A., Monticiano, ritratto a memoria, Siena, Pascal Editrice, 2004

Bachtin M., L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Torino, Einaudi, 1979

Autore scheda: Pietro Meloni

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