Abbazia di San Galgano – Chiusdino
Luogo: Località San Galgano
Comune: Chiusdino
Data/periodo: La costruzione inizia nel 1218; nel XV secolo inizia il progressivo degrado del complesso che termina con la perdita di gran parte degli edifici ad esso pertinenti. Oggi sono ancora visibili la chiesa e i locali monastici
Descrizione: L’abbazia di San Galgano rappresenta uno dei simboli della campagna toscana: in particolare l’imponente chiesa a croce latina a tre navate, privata del tetto e del suo pavimento a causa di una colpevole decisione di Pietro Leopoldo che, verso la fine del XVIII secolo, ne autorizzò la sconsacrazione, la demolizione parziale per costruire una canonica presso Montesiepi e di conseguenza lo spoglio dei materiali.
Nel 1894, grazie all’impegno di Antonio Canestrelli, viene dichiarata monumento nazionale; agli inizi del XX secolo vengono avviati i primi restauri.
Il valore storico dell’abbazia però va ben oltre l’indubbio pregio architettonico: essa rappresenta infatti una delle realtà più importanti della Toscana del medioevo.
Intorno al 1218 i monaci cistercensi presenti a Montesiepi iniziarono i lavori per la costruzione di una nuova sede. Il cantiere operò per tutto il secolo e dovette realizzare un ampio complesso, articolato, secondo lo schema mostrato da abbazie dello stesso ordine, in numerosi edifici funzionali alle pratiche quotidiane.
Le ricerche archeologiche svolte nei primi anni Ottanta e dieci anni dopo hanno consentito di cogliere tracce in superficie di alcune strutture produttive (fornaci da vetro e da laterizio, forge) necessari per l’intensa attività edilizia. Alcuni saggi di scavo e l’individuazione di anomalie di crescita della vegetazione, hanno restituito indicazioni utili a collocare alcune parti del complesso: sul retro dell’abbazia, un grande edificio rettangolare allungato sembra identificabile con le infermerie, poco distante due tratti della viabilità interna e sul campo antistante altre evidenze riconducibili ad ambienti funzionali di medie e grandi dimensioni.
Inizialmente sottoposta al controllo della chiesa volterrana, l’abbazia volge presto la sua attenzione verso la città di Siena, arrivando a stringere con il Comune un solido legame ed una costante collaborazione.
Dal punto di vista economico, attraverso una sistematica espansione patrimoniale, i cistercensi estendono il loro controllo nella bassa Val di Merse, in Val d’Elsa, nella Scialenga e a Roccastrada. Immediata e costante l’attenzione all’alta Val di Merse, a partire da Frosini e dal suo territorio, che trasformano in un latifondo compatto: la loro strategia prevede l’acquisizione di villaggi esistenti e la loro conversione in grange, aziende agricolo sottoposte al loro diretto controllo (Ticchiano, Papena, San Martino, Vespero ); più rare le costruzioni ex novo e motivate da obiettivi specifici (Villanova nasce per gestire l’estrazione e la lavorazione del travertino, Valloria sembra invece destinata al coordinamento degli impianti molitori circostanti); acquisiscono le strutture produttive (ad esempio, appunto i mulini da grano intorno a Frosini ed il Mulino delle Pile).
Nel XIV secolo si mostrano i primi segni di crisi. Nel 1424 secolo una delibera del Concistoro denuncia lo stato di degrado del complesso e ne richiede il restauro. Affidato nel 1503 a Federico Sanseverino, abate commendario, viene trascinato alla rovina, dalla sua scellerata gestione; alla metà del secolo, solo un monaco abitava l’abbazia.
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Archivio di Stato di Siena, Caleffo di San Galgano, Conventi 163
Autore scheda: Alessandra Nardini