Vallerozzi

Luogo: Via Vallerozzi- Siena

Contrada: Contrada della Lupa

Data/periodo: Un Monte Roizi, per indicare l’altura sopra al piano d’Ovile, è citato già in una pergamena del 1037 (Archivio di Stato di Firenze, Fondo “Passignano”); nel Duecento, Valle Ruozi compare in un documento conservato all’Opera del Duomo di Siena e relativo alla nobile famiglia dei Salimbeni, che sulla sommità pose la fondamenta del proprio castellare. La via, attraverso le varie alterazioni architettoniche e funzionali nel corso dei secoli e sede di numerose attività commerciali e industriali fino a pochi decenni fa, è tuttora il fulcro della vita contradaiola

Descrizione: L’etimologia del toponimo Vallerozzi, che dà il nome ad una delle vie con maggior pendenza nel centro cittadino, è stata in passato molto discussa. Per alcuni si fa riferimento ad una famiglia (i Ruozzi), per altri al rappresentante più titolato (Rozzo o Rozo) di una importante casata, i Rognoni. Per altri ancora, invece, la denominazione presa dall’intera vallata era dovuta al fatto che la zona era abitata da numerose famiglie di aretini che, stante le loro modeste condizioni economiche, erano costrette a vivere in ambienti poveri e malsani (probabilmente grotte) e quindi definiti “rozzi”. Questa tesi sarebbe suffragata dalla presenza sulla Francigena (attuale via Montanini) della chiesa di San Donato, patrono di Arezzo. Inoltre c’è chi sostiene che il nome della strada derivi da Ruozzo Salimbeni, ricco proprietario di case e terreni che si trovavano sul Poggio di San Donato che dominava la costa sottostante.

Inizialmente fuori dalla cinta muraria che costeggiava la Rocca Salimbeni per scendere parallela all’attuale Stufa Secca, Vallerozzi fu creata da famiglie di modesto lignaggio e fu considerato a lungo uno dei quartieri più poveri della città. La quasi totalità dei suoi edifici era in legno e quindi è facile intuire che il rischio incendi, in abitazioni appoggiate l’una sull’altra, fosse una pericolosa costante con effetti devastanti, nonostante la presenza di copiosa acqua nella vicina Fontenuova.

Favorite dalla vicinanza dell’imponente fonte pubblica, le attività principali dislocate nella via, quali quelle dei lavoranti della lana, dei tintori e degli scotilini (che provvedevano alla battitura delle fibre del lino e della canapa), scaricavano per la strada scoli sporchi e liquidi inquinanti. Del resto Vallerozzi altro non era che una naturale gavina che raccoglieva le acque, sicuramente poco salubri, dei quartieri alti della città per poi scaricarle nel fossato che esisteva fuori Porta Ovile. Così la situazione igienica di Vallerozzi fu molto precaria fino al ventesimo secolo e l’intero rione, causa pericolosi focolai di malattie infettive come la scrofola, il tifo, la difterite, la dissenteria e, soprattutto, la tubercolosi, rientrava nel piano di risanamento voluto da Fabio Bargagli Petrucci che, a causa dello scoppio della guerra, fu limitato alla sola zona di Salicotto.

Lungo la ripida via si trova la cinquecentesca chiesa dei Santi Rocco e Giobbe, fatta edificare dai confratelli dell’omonima compagnia per celebrare i santi protettori ed arricchita nel secolo seguente con stucchi e pitture. La chiesa, contraddistinta da un’elegante facciata in cotto, fu probabilmente anche sede della corporazione dei calzolai e, come l’attiguo Cappellone, è arricchita da importanti dipinti realizzati dai maggiori artisti senesi del Seicento; allo scioglimento della confraternita, l’oratorio passò alla contrada della Lupa ed oggi è una delle componenti della sua splendida sede. Fino a pochi decenni fa, la via era animata dalla presenza di numerose attività commerciali ed artigiane (compresa una fabbrica di dolci senesi, la ditta Ciardi), oggi completamente sparite.

 Bibliografia:

Fiorini A., Siena. Immagini, testimonianze e miti nei toponimi della città, Siena, Alsaba, 1991, p. 131

Luchini L. (a cura di), Le pietre raccontano. Vallerozzi e dintorni, I Gemelli, Quaderno 9, Siena, Contrada della Lupa, 2013, pp. 37-68

Autore scheda: Contrada della Lupa, Luca Luchini

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