La Seconda Guerra mondiale e la Resistenza nel Chianti

Luogo: Chianti

Comune: Gaiole in Chianti, Radda in Chianti, Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga

Data/periodo: 1940-1945

Descrizione: Come scrive Raymond Flower, nell’estate del 1944, per la prima volta dopo quattro secoli, la guerra ritornò nel Chianti.

La mattina del 3 luglio 1944, la III Divisione di fanteria algerina raggiungeva Siena ed entrava in città da porta San Marco. Il 4 luglio i reggimenti delle “Guards” penetrarono nel Chianti. Il maggiore sforzo nelle operazioni militari che, attraverso il Chianti, dovevano condurre gli Alleati sulle rive dell’Arno fu sostenuto dalla 6a Divisione Corazzata Sudafricana facente parte del XIII Corpo dell’Ottava armata britannica.

Fino almeno al 10-12 luglio la guerra si limitò a scontri di pattuglie e a duelli di artiglierie. I “Grenadiers Guards” superarono Castelnuovo e la sera erano già oltre San Gusmè; altrettanto avevano fatto le “Scots Guards” dirigendosi verso Brolio. L’attacco al castello venne iniziato la notte tra il 5 e il 6, ma le “Guards” furono costrette a ripiegare. Il comune di Castelnuovo Berardenga era stato diviso giurisdizionalmente dai tedeschi tra la XIV armata del generale Lemelsen, che operava dal Tirreno ai monti del Chianti, e la X armata del generale Von Viethingoff-Scheel, fino all’Adriatico. Anche gli alleati divisero il territorio tra i reparti del C.E.F. a ovest, inseriti nella V armata del generale Clark e il XIII corpo d’armata del generale Sidney Kirkmann (che faceva parte dell’VIII armata inglese del generale Oliver Leese) a Oriente.

Nella notte fra il 14 e il 15 luglio venne iniziato lo sfondamento della linea di difesa tedesca “Hilde”. Sulla sinistra i francesi, oltrepassata Siena, puntavano su Castellina e i sudafricani convergevano su Vagliali e su Radda. Protetti sul fianco destro dalla fanteria britannica, anche le “Scots Guards” potevano riprendere l’assalto al castello di Brolio. Superato l’ostacolo, tutto il fronte divisionale si mise di nuovo in movimento verso Radda e verso Gaiole e i monti del Chianti. Qui il concorso dell’artiglieria pesante divenne essenziale per avere la meglio su una serie di capisaldi nemici, a cominciare dalla rocca di Montegrossi.

Giunta a ridosso del crinale fra le valli dell’Arbia e delle Pesa, la Divisione sudafricana aveva ora di fronte la linea “Irmgard”, che faceva perno su Radda, dove riuscì ad entrare il 18 luglio senza trovare resistenza perché era stata abbandonata dai tedeschi nella notte. Il 24 le divisioni facevano il loro ingresso a Greve, ma demolizioni e ostacoli continuavano a rallentare l’avanzata verso Firenze. Solamente il 4 agosto le divisioni avrebbero raggiunto il Ponte Vecchio.

Dopo l’8 settembre 1943 la provincia di Siena aveva visto nascere alcune formazioni partigiane, la più importante delle quali fu la Brigata Garibaldi “Spartaco Lavagnini” che, al comando di Fortunato Avanzati, detto “Viro”, operò nella parte sud-ovest del territorio senese.

Nel maggio 1944 si formò il Raggruppamento Bande “Monte Amiata”, che si rifaceva alle formazioni badogliane, comandato dal colonnello Adalberto Croci. Responsabile per la zona Vagliali-Gaiole-Brolio era il I Gruppo Bande, settore A, guidato dal capitano Dante Barbi, amico dell’esponente del Partito d’Azione Delfo Orlandini, che lo aveva incitato a organizzare gruppi partigiani nel Chianti.

I gruppi partigiani del Chianti erano composti per lo più da contadini del luogo, reduci dopo lo sbandamento dell’esercito italiano dell’8 settembre, renitenti ed ex prigionieri alleati che vivevano appoggiati ai casolari e alle fattorie. Fino a tutto il mese di maggio 1944 non erano armati e non compirono nessuna azione; la loro attività si limitò perlopiù al mantenimento dell’ordine nei vari paesi del Chianti senese, oltre a qualche azione di sabotaggio.

Solamente a partire dalla metà di giugno i gruppi partigiani attivi nella zona del Chianti dettero vita ad una serie di assalti e di sabotaggi ai danni delle truppe tedesche presenti nella zona. Le azioni di disturbo e di sabotaggio si moltiplicarono nei giorni successivi, sfiorando più volte la strage. Fino al terribile episodio del Palazzaccio.

Episodi significativi della Resistenza nel Chianti:

Alberaccio (15 giugno 1944). Il giovane Mario Gagliardi, nato a Selvole, nel comune di Radda, fu fucilato dai tedeschi il 15 giugno. Fu catturato mentre si recava a portare dei viveri a un gruppo di partigiani in località Alberaccio. Quando giunse sul posto, invece dei partigiani trovò dei militari tedeschi, ancora inferociti per uno di loro rimasto ucciso durante un assalto dei patrioti. Il giovane, legato e caricato su una camionetta, fu portato a Radda. I tedeschi, per intimorire la gente, durante il giro lo pugnalarono più volte alle spalle. Il doloroso calvario si protrasse alcune ore, durante le quali i tedeschi si recarono nei casolari vicini per catturare i partigiani. Finito il giro senza esito, incendiarono diverse case coloniche, riportarono il giovane all’Alberaccio e lo uccisero con tre colpi alla testa.

Garbina (18 giugno 1944). I coniugi Iolanda Pescini e Angiolino Panti, abitanti nella zona di Garbina, comune di Radda, furono fucilati dai tedeschi in circostanze incomprensibili. Il marito non apparteneva a nessun gruppo partigiano. Il giorno della fucilazione i due coniugi stavano tornando da Castellina dove si erano recati per la spesa quotidiana.

Albola (17 luglio 1944). Un gruppo partigiano, raggiunta la località di Albola, nel comune di Radda, si accorse del sopraggiungere di una pattuglia tedesca. I partigiani aprirono il fuoco, ma senza colpire nessun tedesco. I tedeschi invece riuscirono a colpire il partigiano Gino Fabbri (Lampo) a una gamba. Catturato, venne fucilato sul posto e sepolto con un po’ di terra gettata sul cadavere. Solo alcuni giorni dopo i familiari poterono recuperare il corpo e seppellirlo nel cimitero di Radda.

Vagliagli (12 giugno 1944). Lo scontro tra un gruppo di partigiani e quattro militari tedeschi avvenne nel tardo pomeriggio del 12 giugno a Vagliagli, nel comune di Castelnuovo Berardenga. La mattina di quel giorno tre partigiani del raggruppamento “Monte Amiata”, Fulvio Bogi (Tartufo), Bruno Bonci (Caravaggio) e Sabatino Bonucci (Delfino), si diressero a Vagliagli per recuperare una fornitura di olio che i tedeschi stavano per requisire. Nel tardo pomeriggio, rientrando alla base, accettarono il passaggio di un automezzo di partigiani che rientravano anch’essi alla base. Erano quasi alla meta quando incontrarono una macchina con a bordo quattro militari tedeschi ed ebbe inizio lo scontro. Un tedesco rimase ucciso, uno ferito e altri furono costretti a fuggire. Ma Bruno Bonci non riuscì a sparare perché il suo mitra rimase inceppato e i tedeschi ne approfittarono per colpirlo a morte. Bruno Bonci riceverà la medaglia d’argento al valor militare. Il 5 luglio anche Tartufo rimase ucciso in un combattimento a fuoco.

Podere Piano di Brolio (5 luglio 1944). Giovanni Parigi abitava al podere Piano di Brolio, nel comune di Gaiole. Non faceva parte di un gruppo partigiano, ma venne ugualmente ucciso dai tedeschi. Accortosi della loro presenza, cercò di sottrarsi alla probabile cattura, fuggì attraverso un campo ma fu raggiunto ed ucciso.

Bibliografia:

Amidei S. (a cura di), Infamia e Gloria in terra di Siena durante il nazi-fascismo, Siena, Cantagalli, 1945, p. 60

Biscarini C., 1944: i francesi e la liberazione di Siena, Siena, Nuova Immagine Editrice, 1992

Biscarini C., Bombe su Siena. La città e la provincia nel 1944, Lucca, Marco Del Bucchia Editore, 2008

Biscarini C., Castelnuovo Berardenga, estate 1944. Un comune in guerra, Siena, Nuova Immagine, 1994

Biscarini C., Palazzaccio 4 luglio 1944: la memoria scomoda, Siena, Nuova Immagine, 1997

Carli E., Carli R., Arte e guerra a Villa Arceno, Siena, Tipografia senese, 1997

Flower R., Chianti: storia e cultura, Firenze, Bonechi Editore, 1981

Gasparri T., La Resistenza in provincia di Siena, 8 settembre 1943 – 3 luglio 1944, Firenze, Olschki, 1976

Meoni V., Messaggi di pietra: immagini della resistenza senese, Siena, Nuova Immagine, 1992

Note: durante la guerra Enzo Carli, allora collaboratore del Soprintendente ai Monumenti e alle Gallerie Raffaello Niccoli, provvide a mettere al sicuro molte opere d’arte dei musei e delle chiese senesi a villa Arceno, nel comune di Castelnuovo Berardenga, allora di proprietà del conte fiorentino Niccolai Gamba Castelli. Dall’ottobre 1943, la villa ospitò le opere della Pinacoteca di Siena, della Basilica di San Domenico, della Chiesa di Sant’Andrea, di San Martino e di San Pietro Ovile, del Palazzo Pubblico e della Basilica dell’Osservanza, del Museo Diocesano di Grosseto, della Chiesa di Santa Maria de’ Servi, del Comune e della Cattedrale di Massa Marittima. Nell’estate del 1944, di fronte al pericolo che le opere venissero requisite dai tedeschi e portate al nord, Carli non esitò, a rischio della sua vita, a mentire al soldato tedesco che voleva requisirle dicendo che, essendo le tavole di soggetto sacro ed appartenendo ad alcune chiese di Siena, anche villa Arceno andava considerata proprietà della Santa Sede e perciò godeva dello status di extraterritorialità. Il comando tedesco, temendo un contrasto diplomatico con il Vaticano, rinunciò al proposito di portare via le opere d’arte.

Autore scheda: Eleonora Belloni

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