Storia di Gaiole in Chianti

Luogo: Gaiole in Chianti

Comune: Gaiole in Chianti

Data/periodo: Le origini di Gaiole sono sicuramente anteriori al 1000; il primo documento ufficiale in cui si rinviene il nome di Gaiole risale tuttavia all’XI secolo

Descrizione: Il paese di Gaiole ha sicuramente origini anteriori al 1000.

La villa di Gaio (da cui deriverebbe il nome Gaiole) si trova ricordata nella donazione del marchese Ugo di Toscana, fatta nel 998 alla badia di Poggio Bonizio (Poggibonsi). Il primo documento ufficiale in cui si rinviene il nome di Gaiole risale tuttavia al 1086: si tratta di un atto con cui Ubertino di Saracino offriva un terreno, situato appunto in Gaiole, all’abate di Coltibuono.

Fino dall’XI secolo Gaiole appartenne al contado fiorentino, ma per tutto il XII secolo rimase un modesto agglomerato rurale, di cui abbiamo notizie molto scarse.

Fu soprattutto a partire dalla fine del XII secolo che acquistò importanza, da quando cioè, grazie alla sua posizione di snodo centrale, vi vennero trasferiti i mercati, che fin dal 1077 si tenevano presso il castello di Barbischio. Da quel momento, lo sviluppo di Gaiole andò di pari passo con l’affermarsi del suo mercato.

Con la creazione della Lega del Chianti, Gaiole divenne uno dei tre “Terzieri”, insieme a Radda e Castellina. Essendo il Terzo che mostrava una linea di confine più lunga con la Repubblica senese, Gaiole si distinse sempre per l’alto grado di incastellamento e per il numero elevato di fortificazioni rispetto agli altri Terzi.

Tra il 1400 e la seconda metà del 1500, durante la lunga guerra tra Firenze e Siena, il borgo fu una base importante per le operazioni militari fiorentine. Nel 1478 venne invaso dalle truppe del re di Napoli e dagli stessi senesi. Invasioni che aggravarono la situazione già difficile determinata dalla peste, che stava imperversando nella zona. Nel 1492 il podestà di Radda si trasferì a Gaiole per sorvegliare meglio i movimenti dei fuoriusciti di Siena.

Nel 1533 Gaiole conobbe il passaggio di Papa Clemente VII, in viaggio verso Marsiglia per organizzare il matrimonio fra sua nipote Caterina, figlia di Lorenzo II de’ Medici, ed Enrico, secondogenito di Francesco re di Francia. Due anni più tardi, nel 1535, fu la volta del passaggio di Carlo V, di ritorno da Napoli, a testimoniare ancora una volta il ruolo di centro di transito che Gaiole ancora manteneva nel corso del XVI secolo.

Con la caduta di Siena e l’ampliamento dei confini del territorio fiorentino, tuttavia, iniziava il declino di Gaiole, che veniva a perdere il suo ruolo di “mercato di confine”.

Quando, nel 1774, Pietro Leopoldo soppresse, con il motu-proprio granducale, le singole amministrazioni di popoli che costituivano il Terzo di Gaiole, si formò la nuova comunità che sotto il governo francese, nel 1812, verrà annessa al Dipartimento dell’Ombrone. A pochi anni più tardi risale la chiusura del mercato.

Nel corso dell’Ottocento Gaiole, come l’intero Chianti, risentì della “rivoluzione agricola” in atto in tutta Europa, con una conseguente trasformazione della struttura produttiva che, pur rimanendo legata alla mezzadria, si trasformò sempre più in senso capitalistico. Non è un caso che proprio a questo periodo risalga la nascita del moderno vino Chianti, ad opera del barone Bettino Ricasoli.

Al plebiscito dell’11-12 marzo 1860 per l’annessione della Toscana alla Sardegna, Gaiole, terra tradizionalmente legata al barone Bettino Ricasoli, senza dubbio uno dei maggiori artefici dell’Unità nazionale, registrò sorprendentemente un afflusso al voto molto scarso (531 su 1507 abilitati al voto) e soprattutto un numero bassissimo di “sì” (310 in favore dell’Unione contro 187 favorevoli al Regno Separato e 34 schede nulle), a testimonianza della vasta opposizione all’annessione. Con l’unificazione, Gaiole venne inclusa nell’attuale provincia di Siena.

Nel primo dopoguerra, come tutto il Chianti, il centro chiantigiano fu segnato da dure lotte mezzadrili; il fascismo vi trovò una forte adesione, soprattutto tra la piccola e media borghesia e tra i proprietari terrieri. Valorizzata come modello ideale di corporativismo rurale e come potenziale strumento di stabilizzazione socio-economica delle campagne, la mezzadria venne recuperata e valorizzata dal regime (Carta della mezzadria del 1933); ma gli anni tra le due guerre videro comunque l’economia chiantigiana messa a dura prova da fattori in parte esogeni al fascismo (una forte epidemia di filossera), in parte fortemente legati alle scelte di politica economica del regime (condanna del vino come prodotto di lusso, protezionismo).

Dopo la Seconda Guerra mondiale Gaiole è stata investita dal fenomeno dello spopolamento delle campagne, ma ha anche conosciuto un importante sviluppo urbano. Da segnalare come, da un punto di vista politico, Gaiole abbia rappresentato, secondo una celebre definizione di Amintore Fanfani, “un garofano bianco in un mazzo di garofani rossi”, unica eccezione al formarsi, pressoché generale in tutto il Chianti nell’immediato dopoguerra, di maggioranze di sinistra.

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Note: Secondo alcuni l’etimo di Gaiole deriverebbe dal termine longobardo Gajole, usato per indicare foreste con pasture naturali. Più probabile sembra tuttavia che il nome derivi dalla villa di Gaio, un “mansio”, cioè una stazione viaria posta sulla strada, essendo stata Gaiole, fin dai tempi più antichi, un importante nodo viario, come dimostrano i reperti archeologici della strada etrusca. I mercanti spesso si ritrovavano presso il “mansio” e avvenne così che qui nacque un importante mercato tra Barbischio e Gaiole.

La posizione strategica, fra i territori fiorentino, senese ed aretino, fece acquisire a Gaiole una notevole importanza economica. Il piccolo borgo divenne infatti il principale centro di raccolta e di scambio della zona. Intorno al mercato si andò sviluppando un importante nucleo abitativo aperto, cioè non circondato da mura. Una configurazione, anche urbanistica, che Gaiole mantiene ancora oggi, e che è testimoniata ancora alla fine del Cinquecento nelle Mappe dei popoli e strade dei Capitani di Parte Guelfa, dove il borgo ha la tipica configurazione di mercatale, con una oblunga piazza centrale su cui si affacciano le unità abitative raffigurate con le aperture tipiche delle botteghe.

Autore scheda: Eleonora Belloni

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