Il paesaggio del Chianti

Luogo: Chianti

Comune: Castelnuovo Berardenga, Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Radda in Chianti

Data/periodo: Nella sua accezione attuale, il paesaggio è un’invenzione della modernità. Il termine, piuttosto controverso, dovrebbe derivare dal concetto di artialisation di Alain Roger, secondo il quale il paesaggio nasce nel momento in cui il paese viene trasformato in oggetto d’arte da contemplare. Paesaggio, in francese paysage, troverebbe la sua radice in pays, paese e, giocando con le parole, Roger lo identifica in un “paese saggio”, ossia pays sage. Il termine paesaggio è stato comunque utilizzato per la prima volta dal poeta francese Jean Molinet nel 1493 e sembra, a differenza di Landschap (termine olandese dal quale deriva), fare riferimento non tanto al territorio e alla popolazione, quanto a una “porzione di natura”. In questo senso, si spiega perché il termine si lega direttamente alla produzione artistica che in seguito si cristallizzerà nel pittoresco

Descrizione: Il Chianti rappresenta, dal punto di vista estetico, una perfetta raffigurazione paesaggistica. Quello senese è, in effetti, il paesaggio per eccellenza: basti pensare alle celebri Allegorie del buono e del cattivo governo di Ambrogio Lorenzetti, da molti considerato la prima espressione di arte post-antica, dove viene raffigurata una natura lavorata dall’uomo; una natura quindi “culturale” e assai vicina all’idea di paesaggio.

Il paesaggio, in effetti, può essere identificato come natura addomesticata; natura cioè armoniosamente modellata dall’intervento umano. Non a caso, la radice del termine paesaggio è da rintracciare nella parola “paese”, tanto è vero che per paesaggio, in origine, si intendeva la rappresentazione pittorica del paese.

L’immagine della natura e del paesaggio devono molto al gusto estetico educato alla pittura, ai resoconti di viaggio, alla diffusione delle cartoline postali. Questo rapporto paesaggio-immagine è espresso in maniera molto interessante da Michael Jakob, professore di Storia e teoria del paesaggio all’Università di Ginevra, che fa riferimento alla costruzione culturale del paesaggio e alla fallace opposizione autentico/inautentico: il paradosso per eccellenza del paesaggio consiste nel fatto storico che la rappresentazione – ciò che sembra essere solo “copia” – precede nel suo caso l’originale. Il paesaggio non è inizialmente che un quadro, rappresentazione artistica, e soltanto molto più tardi, soprattutto grazie alla prassi artistica, diventerà altra cosa: “l’esperienza di un pezzo di spazio percepito in una sola volta da qualcuno” (Jakob 2009: 29).

Il paesaggio può quindi essere una porzione di spazio osservata, ma può anche essere un luogo esperito in prima persona dal soggetto. L’esperienza vissuta, diretta, è infatti alla base dell’atto stesso di fondazione del paesaggio, che avviene attraverso la contemplazione di ciò che è “bello”.

Il riconoscimento di ciò che è bello, quasi a fondamento ontologico, trova la sua ragione estetica nei pittori senesi e, nondimeno, in quei fotografi che hanno catturato e fissato il paesaggio del Chianti, della Val d’Orcia o delle crete senesi, fino a renderli esperienze visive privilegiate – e desiderate – nell’immaginario locale e globale.

Le fotografie dei pascoli verdi, dei campi di girasoli, delle case coloniche sparse, delle rotoballe di fieno sulle colline brulle, dei cipressi che si stagliano isolati o in piccoli gruppi in mezzo a distese spoglie, sono assai diffuse nell’immaginario turistico. La contemplazione dunque fonda il paesaggio – come ha scritto l’etnologo francese Gérard Lenclud: non esiste paesaggio senza un osservatore – ed è necessario che vi sia qualcosa da osservare, un luogo circoscritto e definito, perché sia possibile definire un paesaggio; un luogo, dunque, isolato nello sguardo di chi lo contempla, un ritaglio di mondo pieno di significato. Il paesaggio è così legato al soggetto che lo osserva, al punto che possiamo perfino elaborare una formula per definirlo: Paesaggio = Soggetto + Natura, ossia un soggetto, con la sua storia e le sue predilezioni, che osserva una porzione di natura.

Bibliografia:

AA.VV., Castelnuovo Berardenga. Museo del paesaggio, Milano, Silvana Editoriale, 2012

Jakob M., Il paesaggio, Bologna, Il Mulino, 200

Lai F., Antropologia del paesaggio, Roma, Carocci, 2001

Lenclud G., Ethnologie et paysage. Questions sans réponses, in Voisenat C. (a cura di), Paysage au pluriel. Pour une approche ethnologique des paysages, Paris, Maison des Sciences de l’Homme, 1995, pp. 3-18

Roger A., Court traité du paysage, Paris, Gallimard, 1997

Voisenat C., A propos de paysage: compte rendu d’une réflexion collective, in “Terrain”, 18, 1992, pp. 137-14

Autore scheda: Pietro Meloni

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